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Six degrees di separazione

Bene, c’è una teoria sociologica abbastanza famosa che parla dei “sei gradi di separazione”, ovvero in qualche modo misura le distanze fisiche e sociali tra le persone di questo pianeta.
Secondo questa teoria, se doveste dire qualcosa a G.W.Bush (personalmente avrei qualcosa da dirgli, sì) sarebbero sufficienti sei passaggi per recapitare il messaggio.
Telefonate a qualcuno che lo dice ad un altro che poi inoltra ed ecco che giorgetto ne viene a conoscenza. Il mezzo può essere qualsiasi, passaparola o telefono o lettera, i sei gradi rimangono validi.

Qui trovate i ragguagli wikipediani, che ci spiegano come la teoria risalga (accademicamente; letterariamente un po’ prima) alla fine degli anni ’60, quando fu portato a termine un esperimento riguardante la consegna di una lettera ad un destinatario sconosciuto. I crismi della ricerca sociologica lasciavano un po’ a desiderare, però lo studio fu ripetuto negli anni ’90 utilizzando internet e la posta elettronica, coinvolgendo un campione di decine di migliaia di mail, ed il risultato fu confermato: sei. In sei passi la vostra voce è dappertutto.

Allora cosa è successo? Che all’Università della Virginia, già un po’ di tempo fa, hanno deciso di scaricare il database di IMDB (il principale database del cinema mondiale) e provare ad incrociare i gradi di separazione degli attori mondiali. Dopo un po’ di ricerche, si è scoperto che Kevin Bacon costituisce un “nodo” della rete, perché ha recitato in numerosi film con attori sempre diversi, quindi il suo “numero di connessioni” è molto alto: ad esempio, usando il motore “Oracolo di Bacon“, ho scoperto che Nancy Brilli (il primo nome che mi è saltato in testa) ha un Bacon Number pari a 3.

nancy brilli
has a Bacon number of 3.
Nancy Brilli
was in Italia-Germania 4-3 (1990)
with Fabrizio Bentivoglio

Fabrizio Bentivoglio
was in Apartment Zero (1988)
with Colin Firth

Colin Firth
was in Where the Truth Lies (2005)
with Kevin Bacon

Se dovete dire qualcosa a Kevin Bacon, ditelo a Nancy, in tre mosse ci siete.
Qui Wikipedia parla di questo Bacon-giochetto, e si scopre che in realtà Sean Connery è un nodo già migliore, ma il massimo è Rod Steiger: passando per lui arrivate da chiunque in meno di tre passaggi.

Questo concetto risulta utile all’ingegneria delle comunicazioni, sia chiaro. Ad esempio nella progettazioni di un social networking, o negli studi del comportamento di un virus in rete.

“Sei gradi di separazione” è anche uno splendido film con Will Smith, del 1993 ( tre anni prima del Principe di BelAir, per intenderci), il quale potrà fugare sicuramente i vostri dubbi sulle capacità attoriali di questo rappettaro mainstream, che in realtà è un artista coi fiocchi.

UVA Computer Science: The Oracle of Bacon at Virginia

Technorati Tags: , , , ,

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Briciole webmarketing: Google Checkout in video

Ha ragione Fabrizio Pivari, il quale da qualche mese ci porta nella mail le briciole di strategie e prodotti (perlopiù immateriali) della newste economy: si vedono sempre più video in rete per spiegare i nuovi prodotti (mi viene in mente Origami, qualche tempo fa), perché un minuto di video ben fatto spiega quanto due o tre schermate da leggere, anche se ben impaginate.

Ed in più è possibile tirar fuori i trucchi dell’animazione grafica, dei colori, degli oggetti dai comportamenti antropomorfici, di cui esempio tipico è questo carrello della spesa che corre di qua e di là iperattivo e simpatico.

Sì, stiamo parlando della chiusura del cerchio, ovvero del servizio di pagamento online curato da Google, ovvero di Google Checkout: fate una ricerca sul motore, alle risposte scegliete tra i link sponsorizzati sulla destra quelli con il logo del carrello della spesa, comprate tutto, e pagate con transazione sicura via questo servizio di Google, cui siete registrati.

Per me, tra un anno avremo un boom di +20% di spese online in Italia, solo grazie a questo servizio e al fatto che ormai fa tutto google, di cui ci fidiamo perché in realtà non ci vuole vendere nulla, non ci ha mai voluto vendere nulla, ma semplicemente facilitare ed arricchire la vita di esperienze 2.0

Guardate il video.

Read more at www.pivari.com/briciole…

Central Desktop – Team collaboration, task and project management software

What is Central Desktop?Central Desktop is a web-based collaboration tool for business teams to manage projects, share information and communicate with others.

Io di solito lavoro dentro i Moodle, PostNuke, Drupal o quello che è. Ma nella solita filosofia web 2.0, ecco un ottimo strumento per collaborazioni di gruppo online.

Read more at www.centraldesktop.com/

List of Google services and tools – Wikipedia, the free encyclopedia

Finalmente ho trovato una lista decente dei servizi di Google. Dove? Su Wikipedia, obviously.
E seguite il link Simply google, per scoprire cosette.

Read more at en.wikipedia.org/wiki/L…

Quello che poi mi fa ridere e pensare è che per anni abbiamo ritenuto americanamente curioso oppure curiosamente americano che Guglielmo Portoni facesse i soldi con un sistema operativo chiamato Finestre, e ora ci troviamo con Larry Pagina, che inventa un motore e mille altre cose per navigare pagine web. Mah.

Idee TV, idee Google

Ho avuto due idee per la tv.
Una è vendere le tv con dentro il disco fisso (ok), e riempirlo in negozio prima di andar via con roba che pesco da un catalogo e viene trasferita alla velocità del fulmine. Da cose gratis, magari d’annata (tutti i sanremo degli anni sessanta, toh), agli ultimi film dietro vil moneta.
Eppoi c’è il fatto che collegare le tv in rete non è certo un problema, magari disponendole anche di un IP fisso ciascuna.
E a quel punto mettere una webcam in ogni tv, la quale funziona automaticamente quando il televisore è spento. Drammi da salotto, sesso, risate, musi lunghi. Da ricevere su PC, cell, tv.
Un Froogle che tiene traccia delle abitudini, e via con proposte commerciali mirate e palinsesti personalizzati.

A questo post aggiungo 10 idee di prodotti/servizi che Google dovrebbe sviluppare, secondo questo sito qui:
1. la Google TV, appunto, da guardare mentre si naviga, così le due cose interagiscono e sui siti che andate vi mostrano solo le reclame attinenti al programma tv che state guardando (o viceversa)
2. Il Suggeritore Google, che vi mostra delle fonti web relative alla parola che state testé digitando dentro il vostro programma di videoscrittura preferito, nella comoda barra di stato.
3. Il Codice a barre Google: voi entrate in un negozio, scansionate (scannate, ok) il codice a barra di un prodotto, e subito sul vostro schermo personale (come prima, sia esso un pc portatile, un cell, un palmare, insomma un Comunicatore) vi compare il confronto dei prezzi con altri negozi della zona, comprensivi delle eventuali spese di trasporto qualora vi doveste recare colà, in auto o con mezzi pubblici.
4. La Genetica Google serve per mettere online il mio DNA, e poter ricevere diagnosi accurate da aziende o medici cui mostro la sequenza.
5. 250 Gb di spazio per immagazzinare dati, e metterli a disposizione di chiunque, tenendo statistiche di utilizzo, e potendo sempre trovare un documento a partire dal mio Google Desktop con due colpi di topo su qualunque computer dell’universo.
6. Mettere online il database degli identikit biometrici di tutti i malviventi e col tempo di tutti ma proprio tutti, per dare una mano alle forze dell’ordine quando si tratta di controllare gente che passa al metal detector all’aeroporto
7. La Penna Google, che scrive come una penna, ma in un attimo puoi sottolineare una parola e cercare su web delle pagine attinenti. Oppure scannare (lo dissi prima) semplicemente facendo un circoletto intorno al testo. Questo comunicaca con Google print, e vi trovano la pagina del libro in questione. Le coordinate del circoletto potrebbero essere mappate, e finire in un archivio di sottolineature mondiali di tutti i tempi, e automaticamente aggiunte ad un mio notebook sul PC o su un web come un blog.
8. Le insegne pubblicitarie Google, ovvero i cartelli e cartelloni stradali (io abolirei per legge i cartelloni sulle strade di pubblicità, deturpano e fan capire che il territorio è una corsia del supermercato.. in Olanda e credo su al nord in generale han provveduto da anni, ma si sa che lassù hanno senso estetico, perché il territorio è ostico e va rispettato. Qui da noi crescono i limoni, tutto è bello, quindi apro discariche in luoghi incantevoli) che mentre vi avvicinate, avvertiti dal telefonino, vi presentano ads mirati sulle vostre abitudini consumistiche (lavoro e tempo libero), magari salutandovi per nome. Siccome sono interattivi, i cartelloni mostrano dei link ai vostri telefonini/apparecchi portabili, che accettando le tag vi conducono sul sito web di quello che state guardando aspettando l’autobus.
9. Google il Cercamusica: semplicemente mugolando una melodia al cell o al microfono, Google trova la canzone e vi dice il titolo e magari ve la fa anche ascoltare. Stessa cosa per i musicisti che scrivono spartiti, e sarebbero da inventare anche dei sistemi di notazione.
10. Google Viaggi, per dirvi passo-passo letteralmente tutte le direzioni da prendere per andare da A a B, da una porta d’appartamento alla porta di casa di couli che state andando a visitare, passando per stazioni aeroporti ed autostrade, tenendovi informati in tempo reale delle situazioni di traffico, minuti persi, tempo di arrivo effettivo delle valigie (taggate) all’aeroporto, invio automatico di una mail o di SMS al vostro amico all’arrivo in stazione.

E la Rai si gingilla

La BBC diventa BBC 2.0, e basta.

Questo implica la modifica radicale della propria struttura erogativa, delle modalità di coinvolgimento dell’audience, della propria “postura” mentale. Ad esempio, Ashley Highfiled responsabile dei new media enuncia (prendo la notizia da MassimoRusso):

  • ogni utente potrà mettere online i propri contenuti e mescolarli con quelli della Bbc, aggiungendo i propri video e i propri blog a quanto già presente sul sito;
  • l’homepage della Bbc sarà ridisegnata in modo da accogliere i contributi di Wikipedia, Technorati, Youtube e Flickr;
  • il player video, ribattezzato iPlayer, consentirà di ricercare, rivedere e scaricare per la fruizione on-demand gli ultimi sette giorni della programmazione video degli otto canali dell’emittente;
  • sarà online e ricercabile il catalogo testuale di tutti programmi dal 1937

Già siamo al di là del concepibile, nella mente di quelle mezze tacche che fanno TV e media oggi in italia. E non dimentichiamoci che secondo il Pew Internet American Life Project il 57% dei teenagers americani creano contenuti digitali (narrano sé stessi ed il proprio mondo) come testi, immagini, musica e video. Nella cultura dei new media, la gente non solo consuma media, ma ne produce, sotto forma di documenti, saggi, ricette, commenti, tags, interventi multimediali, opere intellettuali. Tutto ciò ha profonde implicazioni nei modelli tradizionali di business dell’industria dei media: piuttosto che avere per le mani un pubblico ampio e passivo da bloccare sulla poltrona durante gli spot, ci saranno piccole audience, che faranno surf tra piccoli produttori di contenuto, che più spesso collaboreranno tra loro piuttosto di competere.
Importante: molti creano contenuti per ricavarne dei soldi, ma la spinta pulsionale sarà quella di esprimere sé stessi, di costruire la propria reputazione. Come ormai sappiamo, il mondo fa conversazione, e le tassonomie sono state rimpiazzate dalla folksonomy, ovvero il grado di interesse attribuito dai fruitori, ovvero la “vera” importanza.
Tra parentesi, questo apre anche il problema di trovare rapidamente dei termini italiani decenti per identificare tutto questo cambiamento: sto parlando di wiki, blog, vlog, folksonomy, le parole di una parte di popolazione che crede nel cambiamento dei metodi di diffusione delle notizie, che si crea una propria verità inseguendo più fonti, che crede in una cultura partecipativa e collaborativa. E tutto ciò non è un fenomeno che riguarda la pubblicazione, ma un fenomeno sociale, proprio come i blog.

Ma per tornare alla BBC, sentite cosa dice il Direttore Generale:

“There’s a big shock coming. The second wave of digital will be far more disruptive than the first and the foundations of traditional media will be swept away, taking us beyond broadcasting. The BBC needs a creative response to the amazing, bewildering, exciting and inspiring changes in both technology and expectations. On-demand changes everything. It means we need to rethink the way we conceive, commission, produce, package and distribute our content. This isn’t about new services it’s about doing what we already do differently. The BBC should no longer think of itself as a broadcaster of TV and radio and some new media on the side. We should aim to deliver public service content to our audiences in whatever media and on whatever device makes sense for them, whether they are at home or on the move.
We can deliver much more public value when we think across all platforms and consider how audiences can find our best content, content that’s more relevant, more useful and more valuable to them. I see a unique creative opportunity.
This new digital world is a better world for public service content than the old one. Better because great content will now be available forever. Better because finding it will no longer depend on being in front of the TV or radio at exactly the right moment. Better because, in areas like Knowledge Building, the new digital media will allow a far deeper, richer offer than the BBC has ever been able to deliver before. There has never been a better moment to be a public service programme maker – there has never been a better moment to be a public service viewer, listener or user.”

Un’idea BBC per un progetto editoriale? Far raccontare a chiunque lo voglia, in maniera articolata e multimediale, un giorno qualsiasi degli ultimi cento anni. La Storia per come è stata vissuta. La Vita che parla.

Read more at IBM “End of TV”

Read more at www.bbc.co.uk/pressoffi…

Web 2.0 e Babsi

Ecco altri tre toollini  da web2.0, che ci potrebbero rallegrare ed alleggerire la vita nel caso ci restasse un po’ di tempo da vivere oltre a smanettare toollini web2.0
Fold, per crearsi una homepage personale piena di postit multimediali, dove poter inserire immagini, appunti, orologioni, feed… io ci farei una homepage di un sito, in questo modo
PBWiki, per farsi un wiki al volo (a me con seltz, grazie) e collaborare con colleghi o dentro le classi scolastiche
AjaxWrite, un wordprocessor online tipo Writely (quest’ultimo sulla carta pare ancora migliore per la possibilità di usarlo come sorta di wiki.. il problema è che Google lo sta risistemando e chissà quando accetteranno la mia richiesta) per scrivere un nuovo documento oppure caricare i vostri .doc, editarli online, risalvarli in locale.

Per il resto, ha ragione (come al solito) Babsi.

Due argomenti, 50 e 50

Innanzitutto, c’è da dire che Italia 2.0 non riesce ancora a decidersi su quale sistema operativo usare.
Va detto che l’hardware è piuttosto obsoleto: processori vecchi, poca memoria.
Consiglio di lavorare in Unix per qualche mese, poi si formatta tutto e si riparte, con nuove modalità di installazione (leggi: governo tecnico, revisione legge elettorale, voto)
Forma/formula_ Atomi/bit_
Sul web 2.0 invece segnalo un grazioso videoeditor online, per caricare in remoto i propri video (max 25mega ciascuno, non dite che sono pochi) e poi mixarli da remoto, producendo un file da pubblicare sul blog messo a disposizione, oppure sul proprio blog, oppure da spedire sui telefonini.
http://eyespot.com

Listen to my blog… and podcast it!

Yes, you can listen to my blog now, and you can even podcast it in your favorite podcast client application (ok, let’s say iTunes, the real podcatcher, or iPodder, the opensource one).

Obviously, it sounds quite strange to listen to an american woman telling you semiothings written in italian, but I guess in a couple of year Talkr will offer a translation service ehehehe

This web 2.0 is literally driving me crazy.

To podcast this blog, simply copy the Talkr chicklet on the sidebar in your iTunes.

cheaoh from Georgeo ;]
Atomi/bit_

Geotags

Giusto un appunto per un’ideuzza, per dar senso al mondo: quando andiamo in giro a far foto, dovremmo avere anche un GPS per sapere subito latitudine e longitudine di dove siamo, e inserire questo dato nella foto (ci son fotocamere che lo fanno, mi dissero).
Dopodiché pubblichiamo su googleearth il riferimento (link alla nostra foto caricata su web, da qualche parte, anche gmail), nella posizione corretta, e chiunque navighi potrà avere anche una visione rasoterra del luogo.
Già mi immagino migliaia di foto uguali del colosseo e della torre eiffel e della statua della libertà, ma tant’è… questo è web 2.0, gente (e se non ve ne siete accorti, tutti noi viviamo nel mondo 2.0, adesso.

Ho già dato

Ho già dato, e scusandomi per la bassa soddisfazione, mi viene da ridere.

I più attenti nel mondo della scuola stavano aspettando.
Ora è arrivato: http://www.digiscuola.it

Vedete, l’introduzione dell’e-learning nel sistema scolastico (primarie e secondarie di 1° grado) è argomento delicato, perché stiamo parlando di un mondo chiuso, arroccato, forse arrogante, dove una qualsiasi scuola conduce la propria programmazione dell’offerta formativa senza ad esempio tener conto delle peculiarità territoriali in cui è situata e in cui acquista, appunto, senso (il quale è sempre contestuale). Se volete, esagero: ma la singola scuoletta dietro casa pensa veramente di essere fuori dallo spazio e fuori dal tempo.

Ora, la logica dell’e-learning obbliga a progettare l’apprendimento secondo strutture precise, impostate sui concetti di granularità e riusabilità delle risorse: da questo ne discende l’organizzazione a matrioska dei corsi, suddivisi in lezioni, suddivise in moduli, i quali contengono appunto learning object, ovvero contenuti di apprendimento (in teoria, non necessariamente digitali, ma nella pratica sì).

Gli insegnanti e la struttura-scuola si vedono ora costretti a riprogettare la propria erogazione di contenuti per l’apprendimento per adeguarla a questa scansione, visto che solo in questo modo è possibile ottimizzare il processo e trasferirlo su piattaforme per l’apprendimento a distanza: il nodo dolente sono proprio i learning object, ovvero quelle unità minime (eccessiva parcellizzazione?) veicoli di nozioni e posture all’apprendimento, che gli insegnanti dovrebbero produrre o procacciarsi per poter poi metterne in fila due o tre per ogni ora di insegnamento (ammesso che la scansione temporale abbia ancora un significato).

Mettiamo che io debba organizzare un corso (in aula oppure online, non cambia nulla) di giardinaggio, il quale contiene tra le altre una lezione dedicata alla preparazione del terreno, la quale contiene tra gli altri un modulo dedicato alla concimazione, il quale per poter essere svolto dovrà essere articolato per oggetti di apprendimento: ad esempio, mi servirebbe un .doc oppure un .ppt oppure una .jpg oppure un .mov in cui si spiega la differenza tra concimazione naturale e sintetica, un altro learning object in cui si racconta l’importanza di un giusto equilibrio tra azoto fosforo e potassio, un altro ancora in cui si stabiliscono i momenti giusti nel corso dell’anno per procedere a determinate azioni sul terreno.

Ecco, mi servirebbero solo per questo particolare modulo (durata di un ora), tre oggetti da proporre alla classe in presenza o a distanza: dove li trovo? sarebbe ottima cosa se li avessi prodotti io nel corso delle miei lezioni precedenti, rispettando i requisiti di granularità (ovvero dovrebbero essere oggetti della giusta dimensione, i quali potrebbero ciascuno essere affrontati dalla classe diciamo in circa 20 minuti) e di riusabilità (se il prossimo anno la mia scuola riorganizza un corso di giardinaggio, può allineare dei learning object pescandoli dal proprio server – quindi importanza dei metadata/metatags – dove tutti gli insegnanti depositano le proprie schede in siffatta maniera organizzate, oppure trovarli/comprarli da repository su web, vd. Merlot)

Qualche mese fa, facendo formazione a docenti delle superiori sull’argomento e-learning, avevo raccontato di come nel prossimo futuro sarebbero nate, pubbliche o private, delle banche dati ovvero dei “market elettronici” dove poter comprare dei learning object, da innestare nei percorsi di apprendimento scolastici (online o meno): gli insegnanti davanti a me hanno storto la bocca, o fatto risolini e spallucce, non comprendendo di cosa stavo parlando, come se fosse cosa che non li riguardava… e sto parlando dell’avanguardia della specie, ovvero quegli insegnanti passati attraverso i Piani nazionali per l’aggiornamento in campo informatico/multimediale Monfortic, insegnanti capaci di comprendere le logiche di un ipertesto, di realizzare siti web, di installarsi un server locale per provare i CMS e i Moodle, di gestire tecnica e comunicazione di una community scolastica su web o intranet.

Ecco, ora c’è il market del Ministero. Certo anche i privati si stanno organizzando. E siccome gli insegnanti di queste cose non sanno nulla e fraintendono la filosofia del progetto, temo che per i prossimi 2 anni ci saranno scandali, incomprensioni, sfracelli, rivendicazioni, insinuazioni, truffe, disorganizzazioni, spreco di risorse, riallineamenti, conflitti sindacali, litigi in collegio docenti… ora partirà la grande gara dei fornitori di contenuti, dei furbi lupi del mercato, dei formatori pret-a-porter con un catalogo pronto in valigia di percorsi standardizzati, dell’offerta 3×2 di LO, di consulenti che proporranno piattaforme mirabolanti per la somministrazione dei contenuti di apprendimento…

Anni di risate, questi.
Basta, ora vado a inventarmi qualcos’altro da fare.

Sì, siamo nel web 2.0

Viva il social software
L’argomento è caldo, tutti ne parlano.
Ci siam traghettati nel web 2.0, e come al solito non ce ne siamo accorti… ma d’un tratto non è stata più solo questione di fare html, attaccare foto e audio e link, installare programmi.
Ora si tratta di comunicare, di usare servizi e non più applicativi, di trovare quello che non conviene più avere qua.

es: mi serve una chat su un sito? dovrei scaricare una chat in java o php e installarmela sul mio cms? nonono, la chat è un link con gabbly
es: devo gestire 4 messenger diversi? dovrei scaricare ed installare trillian o equivalente? no, uso meebo.

Imho, mi sembra un po’ il passaggio dall’industriale al postindustriale, quando si è trattato di passare dagli atomi ai bit, per intenderci; ecco, il web 1.0, pensato dentro una postura mentale che ancora risentiva della necessità di possedere il software, ha lasciato il passo all’uso remoto, alla gestione di risorse online, all’archiviazione a distanza, all’utilizzo di applicativi non presenti sul mio disco fisso (per le immagini, per scrivere testi, per fare audio, per fare radio online e podcast, per pubblicare blog, per condividere links e risorse, per chattare, per sviluppare progettazione e produzione collaborativa sincronica a distanza).

o meglio ancora



vi lascio qui dei link, per comprendere il fenomeno (ma è sufficiente scrivere web 2.0 dentro google):
http://www.oreillynet.com
http://www.digitalk.tv
Dion Hinchcliffe’s

il quale segnala anche delle novità e dei social software

come questi siti qui:
http://www.listible.com
http://web20.blogosfere.it
ma soprattutto
http://www.sacredcowdung.com
dove c’è tutto

In campo educational, ecco qui http://incsub.org/

Ah, ho cambiato lavoro: ora mi metto a fare il social software consultant, come Suw, ho deciso