Tutti quelli con più di 55 anni hanno un compito importante, anche se dichiarano di non saper/voler usare il computer e la rete.Devono infatti fare la loro parte nel grande Gioco della Digitalizzazione, decidere cosa salvare nell’Arca Digitale, cosa rendere disponibile nel futuro, quali contenuti culturali meritano assolutamente di sopravvivere al Diluvio Telematico (banalmente, l’avvento del Web).
Tutta la mia generazione, diciamo quelli dai 25 ai 55 anni, ha invece il compito di tracciare il solco delle centuriazioni, ha da essere geometra, e mi vien da dire en passant che il vecchio Platone potrebbe tornarci d’aiuto… Come la scritta sulla porta dell’Accademia: “Non si entra qui se non si è Geometri” fa ben comprendere l’approccio teorico, e infatti non ci sono misurazioni negli Elementi di Euclide, l’altra formula di Platone, “Dio è un perpetuo Geometra”, è senza dubbio a doppio senso, e si riferisce insieme all’ordine del mondo e alla funzione mediatrice del verbo.
Insomma, l’apparizione della geometria in Grecia è la più sfolgorante delle profezie che hanno annunciato il Cristo – Simone Weil, Intuizioni precristiane – oppure il Web, direi io, che comincio a pensare che sia la stessa cosa. Con forse la differenza che il Web è il pensato dell’Umanità, Dio è invece il pensabile, ma visto che non si dà l’uno senza l’altro – a meno di rimuovere questa muffa superficiale di Umanità dalla faccia del pianeta – non ha senso una rappresentazione dualistica, molto meglio considerare pensiero e mondo come stesso identico fenomeno. Si tratta di oggetti pensati: ma quali categorie e sensibilità guidano la percezione e la concezione di questi oggetti? Siamo ancora Umana di un mondo agricolo o industriale? Cosa se ne potrebbe fare Leonardo da Vinci del concetto di Bancomat?
Tra parentesi – così anziché metterle le nomino – vi dirò che devo smetterla di aprire digressioni dentro i post, sennò toccherà inventare i feedRSS specifici per seguire non solo i post, ma anche le digressioni dentro i post.
Moral della morale, la mia generazione di pionieri colonizzatori sta tracciando le prime strade, edificando i primi luoghi pubblici online della collettività, sta conferendo al Grande Cambio Paradigmatico Epocale (dall’invenzione CERN del www in avanti) il significato tutto umano dell’abitare i luoghi, inventare i paesaggi, gestire i territori.
Con quale cultura? Quella del Mondo 0.1, prima delle tecnologie mediatiche (il telegrafo, innanzitutto), che vede ancora il mondo come luogo in cui reperire risorse con scarsa considerazione ambientale e produrre beni, in un’ottica prettamente Industriale? Oppure riusciamo almeno a metterci nella prospettiva post-industriale di un mondo liquido, dove la velocità delle informazioni e l’attenzione ai servizi alla persona concentra l’attenzione sull’immateriale?
La mia generazione è fatta di libri, ha vissuto le sue emozioni più forti (prima dei dodici anni) in un mondo poco o punto popolato da oggetti telematici, e come sempre accade nella storia dei media le nuove possibilità espressive, i nuovi modi per veicolare visioni culturali si nutrono inizialmente dei vocabolari predisposti da media più anziani, ricalcandone i codici comuicativi.
Lo abbiamo visto nel passare dal teatro al cinema, dal cinema alla televisione, dalla televisione a internet: noi siamo quelli dell’ultimo traghetto.
Per quelli sotto i venticinque anni il problema non si pone, loro sono Abitanti autoctoni dei nuovi territori digitali, ci sono nati dentro (grazie all’ecografia anzi sono digitali-zzati prima ancora di nascere) a loro toccherà viverci dentro tutta la vita e cominceranno sensibilmente a divergere da noi, essendo il germoglio di una nuova modalità dell’essere Umana.
Come vorrei poter leggere tra cento anni le pagine di un nuovo filosofo, che ristabilirà il senso profondo dell’EsserCi e dell’aver cura del territorio anche digitale (sì, anche e soprattutto con una comprensione epistemologica profonda della Cultura Tecnologica, caro H. esistenzialista tedesco) e del linguaggio e dei nuovi linguaggi come luoghi di Abitanza.
Noi dobbiamo ri-mediare.
Nel senso di correggere gli errori provocati essenzialmente dalla televisione (non come strumento in sé, ma dalla mancanza di conoscenza e cultura sugli effetti e sulle implicazioni etiche e sociali di un massmedia nato cinquant’anni fa, eppure ad esempio mai raccontato a scuola nelle sue proprietà di modificare il mondo attraverso la modificazione delle credenze e delle opinioni deli Umana… a quanto pare non si ritiene formativo dare agli allievi qualche nozione di grammatica dei media, condurre delle analisi del messaggio televisivo, proporre degli approcci di Media Education, ignorando bellamente il fatto che la formazione dell’identità personale di ognuno di noi è largamente costruita su modelli e valori veicolati da mezzi di comunicazione di massa) e farci consapevolmente carico di questo nostro obbligo storico e generazionale di essere i primi colonizzatori di un Nuovo Mondo che vuole essere narrato e costruito tutto dentro un Nuovo Linguaggio, un Nuovo Media, ovvero il Web, con la consapevolezza di aver a che fare con nuove forme di realtà, costruendo case e strade e piazze per la città che abiteranno i nostri figli, nel Mondo 2.0.