Per comprendere bene una lingua straniera, bisogna conoscere bene la propria.
E anche fare a meno di certi prestiti linguistici, aiuta a conoscerla meglio. La propria. Ma anche quella forestiera. Insomma, aiuta.
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Barcamp efficaci
I BarCamp sono una cosa che i blogger sentono un po’ loro.
Nel senso (e procedo vagamente per inclusioni logiche) che fin dalle iniziali Un-conference o FooCamp i BarCamp sono storicamente la forma di convegno ideata e promossa da persone alquanto coinvolte nei settori sociali dell’educazione formale (università, o comunque laureati) oppure da lavoratori dell’IT, spesso quindi di formazione scientifica, i quali a loro volta ovviamente sono stati tra i primi blogger esistiti e tuttora molti blog autorevoli (anche se magari non parlano più di tecnica, ma di cultura tecnologica o anche di comportamenti sociali legati ai nuovi mass-media) sono editati da professionisti informatici, gente che a colazione si pappa linguaggi di programmazione e TCP/IP come io caffè lungo di caraffa con una imitazione del buondìmotta ripieno di marmellata, che è più buona dell’originale.
Il BarCamp “appartiene” ai blogger, perché in Italia lo hanno fatto i blogger, viene tamtamizzato tramite blog e webpassaparola, presenta e si costruisce sugli stessi valori di comunicazione orizzontale, partecipazione dal basso, libertà di pensiero e di opinione, di fiducia nell’economia del dono quale garanzia dell’accrescimento e della condivisione dei saperi, di galateo online pragmatico che i blogger capaci di autocritica e metalinguaggio da tempo espongono quale propria assiologia di riferimento.
Al BarCamp ci vanno solo dei blogger, cioè gente cha ha un blog? Ecco una domanda da scriversi sul prossimo questionario in entrata al prossimo BarCamp: questo perché oltre a far aggiungere un link al proprio blog sul barcampwiki di riferimento, io farei proprio compilare un form essenziale ai partecipanti – e intendo tutti quelli che andranno lì quel giorno – giusto per cominciare a popolare dei database che fra tre anni sarà gustoso compulsare.
Al Barcamp si parla di contenitori web, di contenuti web dentro i contenitori web, di contenuti mondo dentro contenitori web, di contenuti mondo? Forse è ancora possibile fare dei BarCamp “puri”, appartenenti cioè esclusivamente ad una di queste categorie, ma in capo a qualche anno per molti la distinzione mondo/web perderà significato, e si parlerà in generale di “realtà” come infosfera soggettivamente e collettivamente vissuta. I BarCamp parleranno di mondo, e che il mondo sia un luogo cognitivo e affettivo fatto anche di web non stupirà nessuno.
Allo stesso modo forse non per molto ancora si potrà dire “barcamp ovvero il convegno dei bloggers”, perché i bloggers cominciano ad essere ormai di numero sufficiente a far esplodere qualsiasi peculiarità dell’etichettamento basato sul piccolo gruppo, dalle caratteristiche facilmente identificabili in quanto rilevanti (nel senso sfondo-figura) rispetto ad una socialità più ampia: nel senso che un barcamp diventerà un convegno, normale convegno, se un domani i blogger in Italia saranno cinque milioni.
I BarCamp sono in sé degli eventi sociali: vi convergono persone fisiche, si formano reti amicali e professionali, agiscono i soliti meccanismi di partecipazione ed sentimento di appartenenza che scavano percorsi preferenziali nell’allestimento di categorie valoriali e schemi affettivi relazionali, esistono ormai rituali e cerimoniali (il cibo, il wifi, il reportage collettivo), uno sfondo mitologico, i primi semieroi, un’emozione condivisa, un centro di attenzione comune; più volte si è provato a riflettere sul modello del BarCamp, più volte si sono analizzati pro e contro, più volte si è provato ad indicare alcune migliorìe. Su IBlog e su Senzavolto trovo due recenti validi ragionamenti, qui ne parlai tempo fa, qui a Padova sono stato chiamato a raccontare qualcosa, e quindi sto saccheggiando il web per avere spunti di ragionamento.
Però volevo sottolineare che forse qualcosa si sta muovendo in direzione di una maggiore interattività dell’evento, oltre a chat spontanee a commento sincronico su skype o a dirette in videostreaming con supporto chat: questo applicativo TwitterCamp indicato da Giovanni Calia in pratica dispone su uno schermo tutti i twit ricevuti da un utente, cosicché durante un BarCamp potrebbe essere facile stabilire dialoghi polivocali, multi-loghi, e provare a sperimentare realmente nuove modalità di costruzione collaborativa della conoscenza. Non amo molto Twitter, ma vedrò cosa succede.
Quando cominceranno a diffondersi veramente modalità collettive di partecipazioni ad eventi contemporaneamente fisici e mediatici, all’inizio ci sarà inevitabilmente confusione, mancando in noi le competenze per poter padroneggiare tale esplosione di flussi informativi contemporanei e paralleli, non possedendo i codici comunicativi su cui impostare comportamenti adeguati alla nuova situazione.
Ma ho fiducia nelle capacità adattive degli Umana, soprattutto riferendomi alla plasticità hardware e software del cervello: in fondo, anche il telefono (parlare con qualcuno non presente) credo abbia suscitato al suo apparire delle crisi esistenziali in molte persone.
Sempre mantenendo ferma l’idea che presenza fisica e presenza mediata degli interlocutori sono due àmbiti diversi, che in un caso la comunicazione assume caratteristiche che nell’altro non sono praticabili, e viceversa. Ma le tecnologie si integrano e si sommano, lo sappiamo.
Conosci te stesso
Se presentato da una brava psicologa, potrebbe essere mostrato a scuola e commentato insieme alle ragazze della seconda classe delle superiori.
Per i maschietti, bisognerebbe prima creare il giusto clima, altrimenti con facilità si scade in gazzarra. Ci vuole più ehm tatto, e qualche strategia.
Ma si tratta di argomenti che vanno affrontati, con serietà e determinazione, insieme a giuste indicazioni sulla nostra conformazione anatomica e alla promozione della consapevolezza dell’affettività umana.
Il video, di taglio documentaristico, tratta del puntoG ed è molto esplicito: se ritenete che simili cose non vadano mostrate, se pensate che in tal modo si perda la magìa e la sacralità dei gesti d’amore, se non siete d’accordo che certe cose si debbano fare a scuola, se per voi la scoperta dei piaceri del sesso per i giovanissimi deve continuare ad avvenire nell’ignoranza e nel silenzio morboso della famiglia e delle agenzie formative istituzionali, non cliccate.
Inner, El Pendejo Trenológico: Video sobre como encontrar y estimular el Punto G en la mujer
Tags: educazione, sesso, puntoG
http://semioblog.tumblr.com/
Frammenti di passato che ti saltano perturbantemente addosso.
Con Tumblr, io faccio così: intanto che navigo e vedo cose, clicco sul bottonetto [Share on Tumblr] che mi sono messo sulla barra dei segnalibri, e butto là.
Poi dopo qualche giorno vado fisicamente sul semioblog-in-pillole, e scopro chi son stato, attraverso le scelte che ho fatto mentre stavo facendo qualcos’altro.
Ecco Lennon parafrasato: “Tumblr è quello che ti accade mentre sei impegnato a bloggare”.
Perché bloggare è l’opera di un Io consapevole, che mette in bella forma (ehm) i pensieri, un Io che sa di star vivendo e lo dice con parole sue; mentre tumblerare accade, parla di te con parole di altri, ti scontorna e ti croppa, emergi in levare, svela il tuo essere narrando il tuo fare.
Poi lo guardo e mi sorprendo di chi sono stato, come le foto di quella festa dimenticata. S’aprono le porte dell’abisso: prendo paura.
[ semioblog ]
Tags: tumblr, io
Pandora e l’aquila (bicefala?)
Sembra che io ne abbia parlato l’11 dicembre del 2005, ma il post devo averlo cancellato. Vabbè.
Fatto sta che adesso Pandora è costretta, sia per motivi giuridici sia economici, a riservare il proprio servizio ai residenti negli States, dove vengono versate le royalties per le licenze d’utilizzo.
Dear Pandora listener,
Today we have some extremely disappointing news to share with you. Due to international licensing constraints, we are deeply, deeply sorry to say that we must begin proactively preventing access to Pandora’s streaming service for most countries outside of the U.S.
Prima, a quanto pare, non tracciavano gli IP; adesso sì, e quindi negano il servizio alla maggior parte del pianeta. Vabbè.
Aspetteremo che si risolva la questione delle licenze, e poi continueremo a scoprire con Pandora i gruppi e i cantanti che assomigliano “geneticamente” a quelli che ci piacciono. Oppure arriverà qualcun altro, a svolgere lo stesso servizio.
No, non faccio battute sul vaso di Pandora. Però la speranza rimane, e l’astuzia c’entra alquanto. Anche il dono della conoscenza, ora che noto. Dell’aquila americana ho già parlato nel titolo, rimane solo da nominare quell’Hermes a cui sacrifico parole, come scritto qui a destra, in fondo.
Aggiornamento, 4 maggio, 22.24: usate un proxy, ovvio.
09 F9 11 02 9D 74 E3 5B D8 41 56 C5 63 56 88 C0
La storia è tanto semplice quanto istruttiva. La crittografia del DVD-HD è stata craccata in no time e viene resa pubblica la chiave di crittazione di tutti gli ultimi film rilasciati in quel formato (09 F9 11 02 9D 74 E3 5B D8 41 56 C5 63 56 88 C0). E fin qui, ordinaria amministrazione.
La storia compare su digg. Gli amministratori ricevono una DMCA Takedown Notice dalle Major di Hollywood e tolgono la storia. Decine di utenti scontenti ripubblicano e vengono tolti. Migliaia di utenti inferociti ripubblicano, e Digg cede.
Il fondatore di Digg dichiara sul blog:
“But now, after seeing hundreds of stories and reading thousands of comments, you’ve made it clear. You’d rather see Digg go down fighting than bow down to a bigger company. We hear you, and effective immediately we won’t delete stories or comments containing the code and will deal with whatever the consequences might be.
If we lose, then what the hell, at least we died trying.”
Applausi, sipario.
Ora, Digg non è l’ultimo blog di periferia. Gestendo milioni di contatti, credo abbiano fatto un pensierino sulle implicazioni e sugli effetti comunicativi della propria politica di pubblicazione.
A quel punto Digg, e il cambiamento di atteggiamento diventa comunicazione politica, ha abbracciato la causa, assumendosene le conseguenze, e forte del sostegno popolare ha indossato i panni di RobinHood/Zorro/Paperinik per lottare contro le potenti corporazioni hollywoodiane, sciocche entità economiche che costruite sopra un pensiero molto unopuntozero pensano di poter bloccare i mille rivoli della comunicazione su web con lo strumento della censura.
Interessante anche la posizione “eroica” esplicitamente assunta da Digg, ammantata patemicamente di orgoglio e temerarietà, espressa sul piano discorsivo dal ricorso al luogo narrativo classico del “se perdiamo, che diavolo, almeno moriremo provandoci”.
Aggiornamento, ore 18.38: se volete, ora c’è anche la canzone “Oh nine, Eff Nine” (però potevano metterci almeno delle immagini statiche sotto, no?)
Interfacce
Il mouse in particolare è user-friendly, ma è terribilmente lento, e quarant’anni sono un tempo sufficiente per qualche rivoluzione tecnologica: che sia ora di passare a qualcosa di più naturale ancora? Jeff Han c’è.
Briciole di futuro
Altro non è che un motore di ricerca.
E come al solito non si tratta più di problemi tecnici, perché credo non sia un’interfaccia di difficile realizzazione.
Occorrono le idee, ora; Ms. Dewey (nome non a caso, imho) si presenta moolto ergonomica. Un’interfaccia che non pone problemi nell’interazione uomo-macchina. E poi è pure simpatica.
Andate, e rivestite il mondo di codice
Questo significa che tra qualche anno tutto ciò che ci circonda parlerà (e magari rumorosamente) di sé pescando le informazioni direttamente dalla Rete. Immaginate di essere in un museo, e puntando il cellulare sul codice a corredo delle tele siete subito informati da Wikipedia sulla vita e la storia di quei particolari quadri esposti.
Io voglio gli occhiali tecnologici: intanto mi piacerebbe ci fosse una microvideocamera in una stanghetta, per registrare in audiovideo tutto quello che vedo premendo un bottone o sbattendo quattro volte di fila le palpebre.
Non c’è bisogno di archiviare il video in una memoria flash da 1 tera che conservo sotto l’unghia del mignolo e con la quale comunico via conducibilità elettrica dell’epidermide, mi accontenterei di spedirlo in wireless planetaria su miei spazi pubblici e privati su web.
Eppoi nella lente destra degli occhiali, come Robocop e Terminator, vorrei ricevere in tempo reale via onderadio delle informazioni proprio su quello che sto vedendo, proprio come questa tecnologia dei codici permette di fare già oggi.
Incontri del quarto tipo e mezzo
In fondo, un Umana rappresenta tutta l’Umanità, su un astronave aliena o su un altro pianeta.
Ma secondo me i tempi sono cambiati: adesso mentre sono ancora comodamente al largo dell’orbita di Venere già possono percepire onderadio, canali satellitari, tutto internet.
Quindi se proprio han bisogno anche di dati di prima mano sulla biologia umana, vengono giù e ci rapiscono, sennò ripartono e vanno su un altro pianeta – spesso gli alieni che ci vengono a controllare sono i tirocinanti delle facoltà di Antropologia o equivalenti, delle varie sedi del Consorzio Università Galattiche; i nostri dati biologici li conoscono da millenni.
Questo significa che adesso che c’è Internet gli avvistamenti UFO diminuiranno.
Perché scendere a terra, consumando combustibile per le manovre nell’atmosfera?
Stando sulla Luna a bere un drink fanno un backup in wireless di tutto Internet terrestre, lo mettono sulla loro pennetta usb (che rimane ovviamente semivuota), oppure lo trasmettono direttamente al Database Galattico (ma allora perché non se ne stanno a casa loro, e ci backuppano da remoto? Per me anche la tecnologia aliena ha un limite).
Scopitone vs. MTV
Cioè, ragioniamo: un videojukebox con dentro delle pellicole? A colori, 16mm, con anche un buon audio su banda magnetica? Ma che meraviglia! Vuol dire trovarsi di fronte a buona documentazione dei primi anni sessanta. Che infatti gorgheggiano twistettando allegramente, come anche in Italia in quegli anni su Scopitone o CineBox finivano tutti questi qui, e insomma si potevano guardare in faccia gli idoli musicali, studiarne le mosse(ttine), farsi già rapire da ministorie videoclip, spesso trucide o blandamente sexy, con i balletti e i bikini e le pistole.
Avere vent’anni nel 1960, in Italia. Chissà com’era, chissà che poco traffico sulle strade bianche, e il silenzio ancora di un mondo agricolo.
Se avete Quicktime potete subito apprezzare la pericolosissima intramontabile Joi Lansing cliccando qui mentre interpreta “The Silencer”, oppure qui su YouTube, nel classico “Web of Love”.
Un altro classico: Nancy Sinatra con i suoi stivali fatti per camminare, in un video minigonnato della seconda metà sessanta. Un po’ di twist? Una BeBopALula francese (sempre un po’ ridicoli, i francesi)? Jane Morgan in “C’est Si Bon” con molti reggicalze? E c’è anche un bel pezzone sixties di un gruppo sconosciuto, con l’assolo di organo qui. Il mio anno è un giorno.
Pratiche culturali emergenti
Non è latino: è inglese.
Se in latino /medium/ e /media/ significano “mezzi”, di sicuro non significano mezzi di comunicazione di massa, per banali motivi di storia della tecnologia. Punto.
Gli anglofoni (come accade in tutte le lingue) hanno formato una parola con un prestito linguistico in questo caso dal latino e hanno dato a questa nuova locuzione il significato di “mezzi di comunicazione”; inizialmente il gioco era più esplicito perché /mass/ faceva ben comprendere il riferimento, ma in ogni caso se parlando intendo dire “mezzi di comunicazione (di massa)” e utilizzo la parola /midia/, sto introducendo un anglicismo nella lingua italiana, perché il significato che intendo veicolare fino alla rappresentazione mentale dei miei interlocutori è quello attribuito dal codice linguistico della lingua inglese, non quello del latino.
Stabilito questo, mi prendo un appunto di un bell’articolo di Robin Good, il quale riporta un aticolo di Henry Jenkins Director del MIT Comparative Media Studies Program, sul profondo intersecarsi storico e sociale di nuove possibilità mediatiche (non scriverò altre righe per spiegare perché /mediatico/ è una nuova parola italiana) e di nuove forme di essere della collettività umana.
Il panorama dei New Media possiede queste caratteristiche:
è innovativo
è convergente
è “everyday”, quotidianamente presente
è appropriativo
è “in network”
è globale
è generazionale
è diseguale
L’esplosione delle nuove tecnologie alla fine del 19° secolo ha portato allo sviluppo di un periodo di auto-coscienza che ora chiamiamo modernismo.
Il Modernismo ha avuto un impatto su tutte le istituzioni esistenti, ha modificato tutte le forme di espressione artistica, ed ha dato vita ad una serie di cambiamenti il cui impatto possiamo notare ancora oggi.
Come il Modernismo anche i new media odierni danno vita a nuovi esperimenti sociali ed estetici. L’antropologo Grant McCracken ha descritto il momento presente come una “plenitude,” culturale rappresentata dalla possibilità di scegliere tra numerose opzioni.
McCracken afferma che la “plenitude” emerge perchè le condizioni culturali sono pronte per il cambiamento. Le tecnologie new media hanno diminuito le barriere di accesso ai mercati culturali mentre le istituzioni tradizionali perdevano la loro influenza.
Il risultato è stato una diversificazione della produzione culturale. Ogni nuova tecnologia promuove diversi utilizzi di sè, ispira risposte estetiche differenti da parte di differenti tipi di comunità di utenti. Queste trasformazioni promuovono nuove espressioni sia da parte del singolo che della collettività.
Interessante questa idea del momento di “plenitudine” (ahh, quanto piace agli americani parlare in latino, avete notato?) in cui stiamo vivendo, una situazione di pienezza potenziale percepibile appena sotto la superficie dell’attuale panorama mediatico mondiale, da cui inesorabilmente discenderanno nuove forme di collettività e nuovi processi sociali, nuovi discorsi con cui gli individui e i gruppi e le organizzazioni esprimeranno sé stessi e la propria idea di mondo, lo sgorgare del senso.
Media: Le Caratteristiche Dell’Universo New Media – Robin Good’s Latest News
Storia della VideoCamera
Curioso anche leggere cosa Nam June Paik o altri artisti ’60/’70 della VideoArt prevedevano per il futuro, nell’intersecarsi di media diversi e comportamenti sociali.
er, and then send it off to be developed. When you got it back in a week or so, you had to pull out your 8mm film projector and set it up in front of a big blank white wall or set up a projection screen. Then after threading the film onto the reels through the pr
Wikimapia che follia
… sto impazzendo, tutto ciò è bellissimo.
Sono le collettività dialoganti che danno voce al territorio, segnandolo, notandolo, nel racconto del suo valore storico, tecnologico, ambientale, relazionale.
Un contenitore di contenitori
Internet è il futuro, il futuro è internet.
Perché abbiam davanti agli occhi un contenitore capace di contenere tutti gli altri contenitori, ogni media.
E credo che le reazioni del tipo negativo si possano ricondurre all’atteggiamento Amish, a cui può aggiungersi eventualmente l’ala armata del movimento, i Luddisti.
Poi ci saranno gli entusiasti (vi è un dio in loro), e i critici. Però sarebbe interessante porre fin d’ora dei benchmarks, per capire nel 2020 quali cambiamenti d’opinione collettiva e quali cambiamenti nei comportamenti sociali ha provocato l’invenzione della comunicazione planetaria molti-a-molti.
La vedo come un gigantesco scongelamento, di informazioni e credenze e punti di vista e opinioni e idee fino a questo momento bloccate e costrette dentro un’unica mente, oppure una stessa famiglia, oppure una stessa tribù, oppure uno stesso clan, oppure uno stesso popolo oppure dentro una stessa collettività (adlib.).
E’ diminuita la viscosità dell’immaginario collettivo, dell’enciclopedia. Tutto si fluidifica, corre in kbps.
S noteranno idee assolutamente riconducibili solo e soltanto ad una genesi glocale? Saremo in grado di riconoscere la portata d’innovazione di un pensiero nato in una situazione veramente planetaria? Quali stili cognitivi, quali strategie per l’appercezione e l’interpretazionedella realtà nasceranno? Grumi di senso. Nascendo internet, è nato un nuovo pensiero ed un nuovo pensare.