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Decrescita Felice

Ecco qui il link per un bell’articolo di Barbara Spinelli su La Stampa di oggi, eloquentemente intitolato “La festa è finita” come l’omonimo libro dell’accademico Richard Heinberg (Fazi 2004).
Lo spunto è dato dalla necessità di prendere seriamente in esame qualche strategia per fronteggiare il disastro ambientale verso cui stiamo conducendo il pianeta, e necessariamente ne conseguono delle considerazioni più ampie, riguardanti l’economia, la politica, il modo stesso di abitare il pianeta da parte di un’umanità che si crede consapevole e onnipotente, ed invece non è nemmeno in grado di percepire il problema in tutte le sue componenti e in tutta la sua portata.

Alcune frasi interessanti:

  • obsoleta è ogni distinzione tra vicino e lontano
  • l’Europa … è percepita come avanguardia
  • i negoziati sul clima, la collera dei camionisti per l’aumento del gasolio, gli aumenti di pasta, latte, grano, carne, sono tutti eventi collegati tra loro
  • è tempo di cambiare parole cui eravamo avvezzi, dottrine che sembravano sicure, abitudini.
  • c’è di nuovo bisogno di Stato, di forza della politica. Solo la politica può frenare il precipizio, perché frenarlo vuol dire pagare prezzi ben salati, tassare la gente in nome del pianeta, spendere meno, consumare diversamente, tener conto del mondo e non solo di se stessi.
  • avremo case meno scaldate, pagheremo alte imposte, saremo un po’ più poveri
  • lo Stato dovrà organizzare un impoverimento costruttivo, mirato.
    • la prima metamorfosi riguarda il rapporto tra politica, mezzi di comunicazione e scienza
    • seconda metamorfosi costi di riparazione del pianeta
    • terza metamorfosi riguarda ciascuno di noi: produttori o consumatori.

Nell’apocalisse sono due le vie. Una è quella del tutto è permesso: festeggiamo, visto che non avremo discendenti. L’altra prepara il futuro, trattiene il disastro con l’azione. Nel secondo capitolo della Seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi, si parla del katèchon che trattiene la venuta del Male con mezzi terreni, in attesa di interventi divini. Il katèchon per gli stoici è qualcosa di più semplice: è fare il proprio dovere, rispettando l’altro e la natura anche se la terra viaggia verso la conflagrazione.

L’articolo completo si trova qui.

IL TEMPO NELLA GLOBALIZZAZIONE

Cultura popolare e cultura senza aggettivi:

IL TEMPO NELLA GLOBALIZZAZIONE

Pensare – fare: i tempi del frattempo e della distinzione

E’ privilegiato chi ha il vantaggio di usare i tempi lunghi
Far passare il tempo- il passatempo: il senso del gioco

  • il tempo si passa meglio in compagnia
  • c’è sempre una certa tristezza nel gioco dei solitari
  • il pensare e l’agire rapido (es. La morra)
  • pensare popolare e pensare ‘colto’

Il problema della tradizione e del suo uso:

  • è un vantaggio quando LA SOCIETÀ È FERMA E STATICA, non si deve bruciare energie quando si hanno soluzioni già collaudate
  • CHI VIAGGIA ha meno vincoli rispetto alla tradizione, ha semmai impegni ad essere alla page
  • la tradizione può essere un FARDELLO e una seria difficoltà a far fronte al nuovo,
  • a meno che non sia risorsa per il TRANSITO E IL TRANSITORIO
  • è opportuno recuperare il valore del ludico: è un modo festoso per celebrare le regole dello stare insieme, specie quelle nuove
  • giochi tradizionali – da fare in pubblico: LA PIAZZA, L’OSTERIA, LA STALLA – ben diversi dal palazzo e al castello o nella piazza predisposta dal principe
  • giochi contemporanei: LA TELEVISIONE, LO STADIO, LA SALA GIOCHI, meglio il condurre PROGETTI PER ASSOCIAZIONISMO e FARE COSE PER LA COMUNITA’
  • i giochi possono essere correlati ad ESPERIENZA DI COMUNITÀ o ESPERIENZE DI FOLLA: con la comunità si è insieme attivamente e si è plurali, con la FOLLA SI È INSIEME DA SOLI

CONTEMPORANEO – GLOBALIZZAZIONE

IL METICCIATO:

  • IL PRESENTISMO – il reality- presente senza Futuro – si è in quanto si risponde ad una moda, che è un comando subdolo eterodiretto
  • il fare senza il pensare
  • – si acquista VELOCITÀ, ma non velocità di pensiero azione, ma velocità di AUTOMATISMO

IL PROGETTUALE:

  • il piacere di costruire in avanti e condividendo
  • il piacere dell’immaginazione

BISOGNO DI RITI

  • il rito come certezza di atti comuni e

VERIFICA’ INASPETTATA che si sta bene insieme

esistono RITI FREDDI E RITI CALDI, quelli caldi hanno sempre qualcosa di inaspettato che viene dalla partecipazione di chi fa il rito, per cui ad un medesimo rito si può dire, si è svolto come al solito (ossia lo si è CELEBRATO), oppure mi è piaciuto come fosse la prima volta, mi sono sentito scorrere qualcosa dentro /rito VISSUTO…


METICCIARE I RITI è costruire nuovi riti


IL GIOCO ADULTO

  • dentro la vita quotidiana, non è evasione, al massimo è PAUSA o meglio riprender fiato, darsi il tempo per NON FARSI VIVERE


LA VITA ADDOSSO

  • piazza e palazzo – differenza tra essere e insieme e essere ‘noi’ (pochi) – oggi c’è una CONCEZIONE TRISTE DI PALAZZO anche da parte della GENTE COMUNE che si rinchiude nella propria illusione
  • RUOLO DELLA PARTECIPAZIONE come GIOCO DECISORIO COMUNE PLURALE

L’ISOLAMENTO E AGGRESSIVITA’:

  • privo della capacità di esplorare la solitudine)
  • ( cogliere l’esistente, vederne una diversa desiderabilità e organizzazione e- in contrasto – vivere L’IMPOTENZA INDIVIDUALE DEL FARE)
  • La DESIDERABILITÀ PLURALE e la codecisione-azione condivisi

Si gioca stabilendo LE REGOLE DEL GIOCARE E STARE INSIEME.

La regola non è solo un vincolo, è la garanzia che si sta e si vuole giocare insieme.

  • CHI INFRANGE LA REGOLA, BARA.
  • CHI VINCE ESERCITA UNA ABILITÀ DAVANTI TUTTI e con la condivisione di tutti. Singoli e plurali

Fuori scaletta aggiungo alcune considerazioni solo sul rapporto della storia ( o con il flusso del tempo):

1 – Noi non abbiamo rapporti diretti con il passato, abbiamo rapporti con segni del passato. Ma i segni non sono il passato, sono tracce molto ridotte e incomplete e sarebbe un grave errore confondere i segni con il passato. Confrontandoci con dei segni noi siamo indotti (sempre che abbiamo l’atteggiamento positivo e attivo) ad immaginare quanto è legato ai segni e a collocarli in una scena. La storia è questa capacità di trasformare segni in scena.

2 – La scena è per questo motivo sempre precaria, perché se sopraggiungesse un segno nuovo, prima non trovato o a cui non era stata data rilevanza, allora anche la scena può mutare o addirittura sconvolgersi, come quando il ritrovamento di una nuova tessera di mosaico offre una diversa chiave interpretativa di una scena che risultava difficile o incomprensibile. Oppure porta a rimetter tutte le tessere in maniera differente, perché vi sia coerenza con la nuova tessera, per cui il dettaglio nuovo richiede una scena nuova.

3 – L’immaginazione è quindi una funzione sempre attiva assieme al rigore. Il rigore da solo offre l’erudizione storica, ma l’erudizione è cieca e costruisce soltanto collezioni o peggio magazzini. La vita però non è né collezione né magazzino.

4 – Il passato pertanto non è mai definitivamente un dato, ma un provvisorio transito in attesa di eventi insperati che ci consentano di immaginare diverse situazioni di vita.

5 – In questo senso (apertura al non noto e all’inaspettato) il passato non è molto diverso dal futuro. Entrambi cercano delle situazioni che non ci sono completamente.

6 – Il passato emozionalmente rassicura perché ci sembra di averlo già (mentre è una ricerca continua), mentre il futuro non è ancora stato e lo si vive con un indice di incertezza maggiore. In realtà sono due forme di incertezza, ma anche due forme di apertura.

7 – Il passato è gestito dal desiderio di trovare conferme e va in cerca di emozioni di solidità. Il futuro è segnato da emozioni di attese e di progetti, pertanto emozionalmente è orientato dalla volontà e dalla decisione di far emergere quello che ancora non c’è.

8 – Gli amanti del passato corrono il rischio di credere che la vita sia già stata, mentre è un mistero aperto. Gli amanti del futuro corrono il rischio di non amare il presente e di fuggire in un mondo solo immaginato.

9 – Forse l’equilibrio è nel senso di realtà che ci fa agire qui, adesso con le risorse effettive che ci sono e con il patrimonio che coscientemente abbiamo acquisito dal passato, per dare un senso e una praticabilità al tempo che ci sta davanti dove si esprime la dimensione possibile della vita. Dimensione che richiede conoscere e immaginare plausibilmente con forte motivazione e rigore.

10 – Occorre però lasciarsi aperta la via per lo stupore: il sentimento vivo che accoglie il tempo come dimensione solo in parte (piccolissima) nelle potenzialità degli umana, perché la fonte del fluire è nel cosmo che va dall’inconscio fino all’ultima galassia, passando per i sentieri del pianeta. Il tempo è un tentativo di ordine e comprensione di un flusso che in gran parte ci sovrasta.

Ecco perché è più rassicurante affidarci a piccoli segni, (fotografie, lettere, stampe, dipinti, sculture, libri, oggetti, edifici, strade, ecc.), perché ci sembrano alla nostra portata. E con loro ci sembra di ricostruire bene le scene.

Ma anche le montagne e le forme delle coste e i crateri della luna e le comete che girovagano sono segni. Scene però in cui per lo più ci si sente estranei.

Anche progetti di architettura e di città sono segni. Segni di possibile futuro e scene fattibili. Per quanto complessi ci sembrano alla nostra portata. Tempo futuro fattibile.

Forse in fondo andiamo alla ricerca di costruire o ricostruire segni e scene rassicuranti. Su un fondale splendido di presenza sconfinata e sconosciuta.