Archivi autore: Giorgio Jannis

Francia: aggrediscono e filmano col cellulare

Vi ricordate quando qualche mese fa una donna, forse depressa e forse suicida, cadde dal terrazzino e finì sulla cancellata, trafiggendosi orribilmente? Questo in realtà non fa notizia. Quello che fece notizia furono le persone (perché sempre ragazzi devono essere?) che passando di lì ripresero la scena col videotelefonetto, il quale poi fu sequestrato dalla polizia intervenuta.

Prima di cominciare la discussione, tenete per lo meno presente che se in macchina incrociate un incidente, quasi sicuramente rallentate per vedere il sangue… e ritengo sia un comportamento umano, è sempre successo e sempre succederà, fa parte della necessità “biologica” dei gruppi umani di controllare la collettività di vita, quello che succede intorno, l’Umwelt.

Insomma, già quella volta intavolai una discussione con la morosa riguardo in particolare il comportamento dei poliziotti. E’ giusto requisire i telefonini? Possono farlo? Causale? Potrei al limite punire quelle persone se ne traggono lucro, vendendo online i materiali video, ma non credo che siano perseguibili per aver filmato o fotografato la scena.

Calma. Prima ancora di emettere giudizi, è utile sapere che il fenomeno nelle sue varianti dilaga (la studentessa di udine che mostrava ripetutamente le tette ai videotelefonini dei suoi compagni di classe per essere eletta rappresentante, ad esempio) e soprattutto questa notizia di “happy slapping” riportata oggi dal Corsera, dove gruppi di ragazzi prendono di mira qualcuno per picchiarlo e soprattutto riprenderlo, per poi mettere il filmato in internet per potersene vantare.

Potersene vantare è fondamentale in adolescenza: ho scoperto ad esempio che un bel po’ di “sfacciamenti” di miei siti in php li hanno fatti ragazzini che poi correvano a gloriarsene su siti di lamer.

Riprendo il problema… quella che come al solito è essenziale è la comprensione tecnologica e comunicativa dell’episodio, prima ancora che lanciare strali di immoralismo e società decadente e alti lai modello “signora mia, dove andremo a finirie”. Prima io contenitore, poi il contenuto, visto che la forma determina le modalità di ricezione dei significati. Per capire il perché, credo che sia ancora necessario studiare il come, ovvero il come funziona un oggetto culturale (ovvero un testo, in questo semioblog).

Da un punto di vista epocale, sia ben chiaro che non si può tornare indietro, non si possono togliere i telefonini di mano alle persone, non si può togliere il bancomat dalle strade, non si può far finta che internet non sia mai esistita, fin qui spero siamo tutti d’accordo. E come sempre un nuovo media, un nuovo spazio comunicativo (un vaso in ceramica 3000 anni fa, la nascita della tipografia a caratteri mobili, la fotografia, la radio, la tv) ad un certo punto veicoleranno dei contenuti che andranno al di là delle ipotesi di utilizzazione del creatore, o delle potenzialità concepibili dalla generazione che li ha pensati. Ad esempio la radio stessa è un corollario delle idee di Marconi, il quale anzi cercava di evitare che le trasmissioni fossero ascoltabili da molti, avendo lui in mente un modello/concetto di comunicazione tipo telefonica uno-a-uno.

Chi nasce “dentro” una tecnologia ne inventa nuovi utilizzi, come i ragazzi che nati col telecomando TV in mano hanno inventato il pensiero zapping e vivono il discorso-blob come stilisticamente e contenutisticamente coerente, oppure come i ragazzi che trovandosi per le mani gli SMS hanno inventato un linguaggio proprio, come da sempre avviene con i gerghi giovanili, decretando il successo planetario di un fenomeno culturale fondato sulla praticabilità di un nuovo canale comunicativo, il quale peraltro esisteva già tecnicamente da alcuni anni ma non veniva reclamizzato perché non si riteneva potesse incontrare il favore degli utilizzatori (per tutta la prima metà degli anni novanta e oltre, gli unici a mandarsi sms erano gli operai della SIP sul lavoro, per intenderci, benché tecnicamente non sarebbe stato un problema diffonderne l’utilizzo ad un pubblico più vasto).

Ecco, i telefonini. Tecnologia portabile, always on, con possibilità multimediali. Domani vorrà dire essere permanentemente connessi alla rete, con le wi-fi cittadine (vedi amsterdam o sanfrancisco), con i wap o i blackberry o i portatili, e quello che accadrà qui sarà là e quello che è là sarà qui. Già raccontai che se questo su cui scrivo e abito è Web 2.0 questo in cui vivo e abito è Mondo 2.0, ed al limite anch’io sono diventato un 2.0, ovvero un essere biodigitale che trae senso della propria esperienza (identità) dalla partecipazione come fruitore e come produttore di significati in tutti gli ambiti cognitivi con cui i miei neuroni interagiscono, senza differenza tra online ed offline. Abito mondi.

Di certo, proibire non serve a niente, anche perché siamo dentro flussi comunicativi orizzontali, e quindi la censura non funziona (nel broadcasting avevo un flusso verticale e aveva senso parlare di un filtro a monte o a valle di qualcosa, in internet no: se non posso vedere le partite del campionato in italia, posso sempre vederle da un server in cina, e la Cassazione mi dà ragione); servirebbe anche qui cominciare a ragionare di educazione ai massmedia, e raccontare ai ragazzini in seconda elementare cosa significa comportarsi bene, essere morali, sia avendo a che fare con atomi sia avendo a che fare con i bit (qua si aprirebbe il pistolotto sulla classe docente italiana, mentalmente coeva al Carducci, ma ve la risparmio… magari sarà argomento per un prossimo post, in cui parlerò di lavoro), ovvero avendo a che fare con quella che si chiama realtà, che per un sedicenne cresciuto a Playstation TV notturna videocassette internet telefonini è sensibilmente diversa dalla mia.

Lui “vede” percorsi di senso diversi, “legge” diversamente, attribuisce significati agli eventi secondo canovacci interpretativi (schemi e script) che io non possiedo, ma posso ancora comprendere, mentre per mio padre sono incomprensibili. E’ come per un uomo dell’800 cresciuto con la Bibbia, l’Almanacco e 3 giornali all’anno mettersi a dare giudizi di merito sul Grande Fratello in quanto fenomeno mediatico. Potrà anche dire che è immorale, che è finto, che sono fattoidi emozionali artatamente progettati ed innescati, ma vedete, non potrei dar fiducia al suo giudizio, perché viene da luoghi di inconsapevolezza sui meccanismi comunicativi propri del media televisivo, di cui noi abbiamo esperienza vissuta, seppur in larga parte altrattanto ingenuamente, ovvero senza sottoporre a vaglio critico alcunché.

Basta, il discorso potrei continuarlo per ore, in fondo queste sono le competenze per cui mi pagano nei convegni e sul lavoro… fatto sta che non posso accettare una censura e una proibizione da parte di chi di queste cose non le capisce né le vive. Purtroppo i legislatori oggi hanno più di cinquant’anni (minimo, e questo dei vecchi al potere è altro argomento meritevole di post), come fanno a leggere i comportamenti umani odierni e stabilire la distinzione tra usi e costumi e relative infrazioni? Vi è in loro una mancanza di competenza narratologica, mancano loro gli strumenti per interpretare ciò che è, figuriamoci per emettere norme di buon comportamento.

Come frate Indovino, vedo e prevedo un futuro fiorire di simili notizie sui telegiornali, legate agli utilizzi “devianti” delle tecnologie, come abbiamo già avuto modo di notare nei titoli del tipo “la mafia usa internet” (da cui segue “censuriamo internet”, nelle menti dei cretini ignoranti). Saranno scandali, capricci e raccapricci, dotte dissertazioni, testimonial privilegiati, luddisti apocalittici, tragedia, poi grandguignol, tragicommedia, poi farsa, e alla fine senza veramente riflettere ci scopriremo cambiati, ingenuamente integrati nella normalità di un mondo connesso.

E la Rai si gingilla

La BBC diventa BBC 2.0, e basta.

Questo implica la modifica radicale della propria struttura erogativa, delle modalità di coinvolgimento dell’audience, della propria “postura” mentale. Ad esempio, Ashley Highfiled responsabile dei new media enuncia (prendo la notizia da MassimoRusso):

  • ogni utente potrà mettere online i propri contenuti e mescolarli con quelli della Bbc, aggiungendo i propri video e i propri blog a quanto già presente sul sito;
  • l’homepage della Bbc sarà ridisegnata in modo da accogliere i contributi di Wikipedia, Technorati, Youtube e Flickr;
  • il player video, ribattezzato iPlayer, consentirà di ricercare, rivedere e scaricare per la fruizione on-demand gli ultimi sette giorni della programmazione video degli otto canali dell’emittente;
  • sarà online e ricercabile il catalogo testuale di tutti programmi dal 1937

Già siamo al di là del concepibile, nella mente di quelle mezze tacche che fanno TV e media oggi in italia. E non dimentichiamoci che secondo il Pew Internet American Life Project il 57% dei teenagers americani creano contenuti digitali (narrano sé stessi ed il proprio mondo) come testi, immagini, musica e video. Nella cultura dei new media, la gente non solo consuma media, ma ne produce, sotto forma di documenti, saggi, ricette, commenti, tags, interventi multimediali, opere intellettuali. Tutto ciò ha profonde implicazioni nei modelli tradizionali di business dell’industria dei media: piuttosto che avere per le mani un pubblico ampio e passivo da bloccare sulla poltrona durante gli spot, ci saranno piccole audience, che faranno surf tra piccoli produttori di contenuto, che più spesso collaboreranno tra loro piuttosto di competere.
Importante: molti creano contenuti per ricavarne dei soldi, ma la spinta pulsionale sarà quella di esprimere sé stessi, di costruire la propria reputazione. Come ormai sappiamo, il mondo fa conversazione, e le tassonomie sono state rimpiazzate dalla folksonomy, ovvero il grado di interesse attribuito dai fruitori, ovvero la “vera” importanza.
Tra parentesi, questo apre anche il problema di trovare rapidamente dei termini italiani decenti per identificare tutto questo cambiamento: sto parlando di wiki, blog, vlog, folksonomy, le parole di una parte di popolazione che crede nel cambiamento dei metodi di diffusione delle notizie, che si crea una propria verità inseguendo più fonti, che crede in una cultura partecipativa e collaborativa. E tutto ciò non è un fenomeno che riguarda la pubblicazione, ma un fenomeno sociale, proprio come i blog.

Ma per tornare alla BBC, sentite cosa dice il Direttore Generale:

“There’s a big shock coming. The second wave of digital will be far more disruptive than the first and the foundations of traditional media will be swept away, taking us beyond broadcasting. The BBC needs a creative response to the amazing, bewildering, exciting and inspiring changes in both technology and expectations. On-demand changes everything. It means we need to rethink the way we conceive, commission, produce, package and distribute our content. This isn’t about new services it’s about doing what we already do differently. The BBC should no longer think of itself as a broadcaster of TV and radio and some new media on the side. We should aim to deliver public service content to our audiences in whatever media and on whatever device makes sense for them, whether they are at home or on the move.
We can deliver much more public value when we think across all platforms and consider how audiences can find our best content, content that’s more relevant, more useful and more valuable to them. I see a unique creative opportunity.
This new digital world is a better world for public service content than the old one. Better because great content will now be available forever. Better because finding it will no longer depend on being in front of the TV or radio at exactly the right moment. Better because, in areas like Knowledge Building, the new digital media will allow a far deeper, richer offer than the BBC has ever been able to deliver before. There has never been a better moment to be a public service programme maker – there has never been a better moment to be a public service viewer, listener or user.”

Un’idea BBC per un progetto editoriale? Far raccontare a chiunque lo voglia, in maniera articolata e multimediale, un giorno qualsiasi degli ultimi cento anni. La Storia per come è stata vissuta. La Vita che parla.

Read more at IBM “End of TV”

Read more at www.bbc.co.uk/pressoffi…

Web 2.0 e Babsi

Ecco altri tre toollini  da web2.0, che ci potrebbero rallegrare ed alleggerire la vita nel caso ci restasse un po’ di tempo da vivere oltre a smanettare toollini web2.0
Fold, per crearsi una homepage personale piena di postit multimediali, dove poter inserire immagini, appunti, orologioni, feed… io ci farei una homepage di un sito, in questo modo
PBWiki, per farsi un wiki al volo (a me con seltz, grazie) e collaborare con colleghi o dentro le classi scolastiche
AjaxWrite, un wordprocessor online tipo Writely (quest’ultimo sulla carta pare ancora migliore per la possibilità di usarlo come sorta di wiki.. il problema è che Google lo sta risistemando e chissà quando accetteranno la mia richiesta) per scrivere un nuovo documento oppure caricare i vostri .doc, editarli online, risalvarli in locale.

Per il resto, ha ragione (come al solito) Babsi.

Sono cose

Apprendo (da qui) che figlia ventenne Yasmine di Jim Kerr, avuta con Chrissie Hynde, ha debuttato in società a Parigi, ad un faraonico Ballo delle Debuttanti, dove erano anche presenti la figlia dell’attrice Andie McDowell, la nipote di Steve McQueen (accompagnata dal figlio di Neil Young!) e una nipote del presidente Bush.
Il padre non poteva accompagnarla, però presente al fianco della ragazza c’era il fratello James (nato dal matrimonio di Kerr con Patsy Kensit), il quale a sua volta frequenta una scuola privata ed è nella stessa classe con il figlio di uno dei Depeche Mode e con la figlia di Annie Lennox degli Eurythmics.
Battuta di Jim Kerr: “Quando è la riunione dei genitori sembra il backstage del Live Aid!”

Gogna mediatica

L’argomento è pessimo, non ne parlerei nemmeno (e infatti non ne parlerò) però brancolando nella situazione enunciativa emergono degli atti degni di menzione, che meriterebbero una considerazione riguardo le implicazioni patemiche delle espressioni pubblicate, nonché riguardo il costruirsi del senso dentro questo ambiente interumano digitale (internet, sì)

Ovvero: c’è questa notizia di cronaca orribile in cui viene resa nota l’efferatezza criminale di un tipo dell’Oklahoma, che ha rapito ucciso tormentato una bambina di dieci anni, e si accingeva pure a mangiarsela, giusto per scoprire che sapore ha una vita ancora da cominciare.
La sua di lui vita, infatti, era parecchio da giornata uggiosa: una vita solitaria, da disperato forse nemmeno cretino, che va a dormire alle 20.30 per alzarsi alle 3.00 ed andare a lavorare fino a metà pomeriggio, senza socialità , senza relazioni, consapevole di certe idee strane che gli giravano per il cervello, con due blog tramite cui relazionarsi con il mondo ed esprimersi.
Uno è qui, l’altro è qui.

Come prevedibile, migliaia di persone si sono recate sui blog dell’assassino, lasciando commenti ai suoi post, insultandolo, mostrando foto di morti sul patibolo, augurandogli le peggiori sofferenze, pregando per lui, reclamizzando altri blog e altri siti, facendo capolino pur di dire “io c’ero”.
Come per la “bacheca dei morti” di cui scrissi, non c’è nulla di cui stupirsi, ché il comportamento mediatico di queste persone è lo stesso che si avrebbe qui su Mondo 2.0, dove le persone geograficamente vicine si sarebbero recate a casa dell’omicida, per scrivere sui muri oppure lasciare nella sua buca delle lettere missive dal tono simile a quelle sudescritte, eccezion fatta credo per quelle a carattere pubblicitario.

Quello che cambia, è il carattere pubblico di questi interventi, il loro essere fatti per essere letti, la nascita di discorsi e di botta e risposta tra i commentatori, che porta la situazione comunicativa ad assomigliare maggiormente al genere letterario formato dal testo messo in scena da “attori” riuniti a capannello, fisicamente, intorno al luogo del delitto, o perlomeno al suo segno mediatico, questi blog che stanno per i luoghi dell’espressione, il posto dove si parla, l’androne della casa in cui viviamo, la soglia (i gangheri) tra pubblico e privato.

Vi sono implicite conferme di categorie valoriali, allineamenti interpersonali, formazione di identità personale e discorsi di gruppo, espressioni emotive forti tra la rabbia il livore la compassione e la sofferenza sottoscritte e riprese da altri, configurazioni discorsive di superficie riassumibili stilisticamente nei luoghi retorici dell’invettiva, della giaculatoria, dell’analisi scientifica della scena del crimine, narrazione dal tono grandguignol, accorato, sussurrato o violentemente urlato, mentre la ripresa di parola altrui porta alla solidarietà interumana, al rafforzamento della condanna sociale, ed in fondo alla consapevolezza che la socialità nel suo sforzo di civiltà costituisce l’unica pratica condivisa su cui poter edificare noi stessi e la collettività in cui viviamo, nel nutrirci di idee ed opinioni e dar così senso agli accadimenti.

Quali aspetti potrà assumere questa valvola di sfogo/luogo di conferma interpersonale nel futuro della rete? Nasceranno community strane, suppongo.
Etica/etichetta_ Osceno_ Umana_ Forma/formula_


Non tacere

Beep Beep ite, missa estE’ sempre piacevole trovare qualcuno che scrive bene alcune delle cose che io stesso avrei voluto scrivere. Io ci sarei andato già forse più pesante, ma Miss Brodie a quanto pare è una deliziosa maestrina che possiede cultura, buon gusto e levità di stile.
Di che si parla? Di religione, di moralismi, di buon senso, di fede, di parole divine o presunte tali o spacciate per tali, di censura, dell’idea che qualcuno decide per me cosa è giusto per me, di laicità, del fatto che “
se uno accetta una parola già pronta si ritroverà con un pensiero già fatto”.

E questo a me proprio non va giù, perché è come dirti come devi leggere un libro o un film, come dirti che significato possiede e che senso veicola, è come dar senso alla tua vita, è come impedirti di essere un lettore critico (quelli ingenui fan sempre comodo).
Etica/etichetta_ Osceno_

Due argomenti, 50 e 50

Innanzitutto, c’è da dire che Italia 2.0 non riesce ancora a decidersi su quale sistema operativo usare.
Va detto che l’hardware è piuttosto obsoleto: processori vecchi, poca memoria.
Consiglio di lavorare in Unix per qualche mese, poi si formatta tutto e si riparte, con nuove modalità di installazione (leggi: governo tecnico, revisione legge elettorale, voto)
Forma/formula_ Atomi/bit_
Sul web 2.0 invece segnalo un grazioso videoeditor online, per caricare in remoto i propri video (max 25mega ciascuno, non dite che sono pochi) e poi mixarli da remoto, producendo un file da pubblicare sul blog messo a disposizione, oppure sul proprio blog, oppure da spedire sui telefonini.
http://eyespot.com

La bacheca dei morti

Avete presente MySpace, no?
La comunità pare di proprietà di Murdoch conta ormai più di 60milioni di frequentanti, perlopiù ragazzi e ragazze americani, età 14/24, che si incontrano chattano e si scambiano files e musica e si dànno appuntamento e insomma fanno social networking.
Tenete presente che negli States le percentuali di utilizzo tra i giovani sono un po’ diverse da quelle italiane: là “l’87% della fascia compresa tra 12 e 17 anni è regolarmente online, mentre il 44% si collega almeno una volta al dì e il 65% è affezionato ai vari sistemi di instant messaging (secondo dati di fine anno del Pew Internet Project). Pur continuando a seguire contemporaneamente gli altri media, per costoro le rete sociali online vanno dunque assumendo sempre maggiore importanza, includendo amici vecchi e nuovi, compagni di classe attuali e passati, amori vari, familiari, club hobbistici e gruppi di affinità” apprendo da Apogeonline.

Beh, su una simile popolazione è naturale che ogni tanto qualcuno muoia, e quindi ecco qui la bacheca dei morti, ovvero l’equivalente degli annunci che ancora si incontrano nei paesi, affissi spesso appunto in apposita bacheca comunale oppure presso i luoghi sociali delle collettività. Il sito in questione è www.mydeathspace.com e non c’è nulla di cui scandalizzarsi: assolve appunto alla stessa funzione sociale delle suddette bacheche.
Forma/formula_ Osceno_

Tekne polis agorà

Stasera in tv un politico italiano, er piacione per antonomasia, ha estratto dalla tasca della giacca un registratore portatile onde permettere all’audience l’ascolto delle testuali parole del proprio avversario politico, risalenti a cinque anni fa, parole con cui veniva allora negata la possibilit� di instaurare una tassa che invece oggi potrebbe essere introdotta, o viceversa. IRAP o ICI, non ha importanza.

Quello che ha importanza è che per la prima volta, a mia memoria, avviene un collegamento ipertestuale multimediale nel corso di un flusso discorsivo su un massmedia classico come la tv.
Va bene tirare fuori un pezzo di giornale in cui sono scritte le testuali parole, oppure uno stralcio di un verbale di processo, ma siamo sempre nella citazione pesantemente “mediata”.
Qui abbiamo la voce originale, veicolata non dalla regia ma da tecnologia portabile.
La prossima volta qualcuno tirerà fuori un cellulare con un video dentro, poi un tablet o un palmare con documentazione impaginata e si collegherà in wi-fi con la regìa dello studio che lo ospita per mostrare qualcosa, finalmente un giorno qualcuno collegato da remoto farà partire un video o della grafica anziché rispondere solo a parole, e si capirà che il mondo è cambiato.
Atomi/bit_

Dar senso all’opinione pubblica

Voi sapete, no, che i titoli degli articoli sui giornali li scrivono i caporedattori, non i giornalisti.
C’è di mezzo un salto olistico/quantico, ovvero a quanto pare i giornalisti vedono gli alberi, mentre i caporedattori sarebbero in grado di vedere il bosco.
Confidando nel fatto che i lettori leggono solo i titoli (?), bisogna attirare l’occhio, vendere più copie, dare una linea editoriale chiara e riconoscibile, insomma manipolare i contenuti.
Ecco un ulteriore esempio, che riprendo da Mantellini che riprende da Corriere.it:

Titolo: Incendiato il palazzo di Diego della Valle

Svolgimento: MILANO – Danneggiato nella notte il portone della sede milanese della societa’ di Diego della Valle, in corso Venezia. Davanti all’ingresso dello stabile sono stati trovati fogli di carta bruciati e infilati nella cassetta delle lettere. Lievi i danni.

Ed ecco la mia proposta: prepensionamento per tutti i titolisti, sostituiti da qualcuno che dimostri di saper fare una sintesi dell’articolo senza usare la figura retorica dell’iperbole.
Forma/formula_

Listen to my blog… and podcast it!

Yes, you can listen to my blog now, and you can even podcast it in your favorite podcast client application (ok, let’s say iTunes, the real podcatcher, or iPodder, the opensource one).

Obviously, it sounds quite strange to listen to an american woman telling you semiothings written in italian, but I guess in a couple of year Talkr will offer a translation service ehehehe

This web 2.0 is literally driving me crazy.

To podcast this blog, simply copy the Talkr chicklet on the sidebar in your iTunes.

cheaoh from Georgeo ;]
Atomi/bit_

Geotags

Giusto un appunto per un’ideuzza, per dar senso al mondo: quando andiamo in giro a far foto, dovremmo avere anche un GPS per sapere subito latitudine e longitudine di dove siamo, e inserire questo dato nella foto (ci son fotocamere che lo fanno, mi dissero).
Dopodiché pubblichiamo su googleearth il riferimento (link alla nostra foto caricata su web, da qualche parte, anche gmail), nella posizione corretta, e chiunque navighi potrà avere anche una visione rasoterra del luogo.
Già mi immagino migliaia di foto uguali del colosseo e della torre eiffel e della statua della libertà, ma tant’è… questo è web 2.0, gente (e se non ve ne siete accorti, tutti noi viviamo nel mondo 2.0, adesso.

Ho già dato

Ho già dato, e scusandomi per la bassa soddisfazione, mi viene da ridere.

I più attenti nel mondo della scuola stavano aspettando.
Ora è arrivato: http://www.digiscuola.it

Vedete, l’introduzione dell’e-learning nel sistema scolastico (primarie e secondarie di 1° grado) è argomento delicato, perché stiamo parlando di un mondo chiuso, arroccato, forse arrogante, dove una qualsiasi scuola conduce la propria programmazione dell’offerta formativa senza ad esempio tener conto delle peculiarità territoriali in cui è situata e in cui acquista, appunto, senso (il quale è sempre contestuale). Se volete, esagero: ma la singola scuoletta dietro casa pensa veramente di essere fuori dallo spazio e fuori dal tempo.

Ora, la logica dell’e-learning obbliga a progettare l’apprendimento secondo strutture precise, impostate sui concetti di granularità e riusabilità delle risorse: da questo ne discende l’organizzazione a matrioska dei corsi, suddivisi in lezioni, suddivise in moduli, i quali contengono appunto learning object, ovvero contenuti di apprendimento (in teoria, non necessariamente digitali, ma nella pratica sì).

Gli insegnanti e la struttura-scuola si vedono ora costretti a riprogettare la propria erogazione di contenuti per l’apprendimento per adeguarla a questa scansione, visto che solo in questo modo è possibile ottimizzare il processo e trasferirlo su piattaforme per l’apprendimento a distanza: il nodo dolente sono proprio i learning object, ovvero quelle unità minime (eccessiva parcellizzazione?) veicoli di nozioni e posture all’apprendimento, che gli insegnanti dovrebbero produrre o procacciarsi per poter poi metterne in fila due o tre per ogni ora di insegnamento (ammesso che la scansione temporale abbia ancora un significato).

Mettiamo che io debba organizzare un corso (in aula oppure online, non cambia nulla) di giardinaggio, il quale contiene tra le altre una lezione dedicata alla preparazione del terreno, la quale contiene tra gli altri un modulo dedicato alla concimazione, il quale per poter essere svolto dovrà essere articolato per oggetti di apprendimento: ad esempio, mi servirebbe un .doc oppure un .ppt oppure una .jpg oppure un .mov in cui si spiega la differenza tra concimazione naturale e sintetica, un altro learning object in cui si racconta l’importanza di un giusto equilibrio tra azoto fosforo e potassio, un altro ancora in cui si stabiliscono i momenti giusti nel corso dell’anno per procedere a determinate azioni sul terreno.

Ecco, mi servirebbero solo per questo particolare modulo (durata di un ora), tre oggetti da proporre alla classe in presenza o a distanza: dove li trovo? sarebbe ottima cosa se li avessi prodotti io nel corso delle miei lezioni precedenti, rispettando i requisiti di granularità (ovvero dovrebbero essere oggetti della giusta dimensione, i quali potrebbero ciascuno essere affrontati dalla classe diciamo in circa 20 minuti) e di riusabilità (se il prossimo anno la mia scuola riorganizza un corso di giardinaggio, può allineare dei learning object pescandoli dal proprio server – quindi importanza dei metadata/metatags – dove tutti gli insegnanti depositano le proprie schede in siffatta maniera organizzate, oppure trovarli/comprarli da repository su web, vd. Merlot)

Qualche mese fa, facendo formazione a docenti delle superiori sull’argomento e-learning, avevo raccontato di come nel prossimo futuro sarebbero nate, pubbliche o private, delle banche dati ovvero dei “market elettronici” dove poter comprare dei learning object, da innestare nei percorsi di apprendimento scolastici (online o meno): gli insegnanti davanti a me hanno storto la bocca, o fatto risolini e spallucce, non comprendendo di cosa stavo parlando, come se fosse cosa che non li riguardava… e sto parlando dell’avanguardia della specie, ovvero quegli insegnanti passati attraverso i Piani nazionali per l’aggiornamento in campo informatico/multimediale Monfortic, insegnanti capaci di comprendere le logiche di un ipertesto, di realizzare siti web, di installarsi un server locale per provare i CMS e i Moodle, di gestire tecnica e comunicazione di una community scolastica su web o intranet.

Ecco, ora c’è il market del Ministero. Certo anche i privati si stanno organizzando. E siccome gli insegnanti di queste cose non sanno nulla e fraintendono la filosofia del progetto, temo che per i prossimi 2 anni ci saranno scandali, incomprensioni, sfracelli, rivendicazioni, insinuazioni, truffe, disorganizzazioni, spreco di risorse, riallineamenti, conflitti sindacali, litigi in collegio docenti… ora partirà la grande gara dei fornitori di contenuti, dei furbi lupi del mercato, dei formatori pret-a-porter con un catalogo pronto in valigia di percorsi standardizzati, dell’offerta 3×2 di LO, di consulenti che proporranno piattaforme mirabolanti per la somministrazione dei contenuti di apprendimento…

Anni di risate, questi.
Basta, ora vado a inventarmi qualcos’altro da fare.

Sì, siamo nel web 2.0

Viva il social software
L’argomento è caldo, tutti ne parlano.
Ci siam traghettati nel web 2.0, e come al solito non ce ne siamo accorti… ma d’un tratto non è stata più solo questione di fare html, attaccare foto e audio e link, installare programmi.
Ora si tratta di comunicare, di usare servizi e non più applicativi, di trovare quello che non conviene più avere qua.

es: mi serve una chat su un sito? dovrei scaricare una chat in java o php e installarmela sul mio cms? nonono, la chat è un link con gabbly
es: devo gestire 4 messenger diversi? dovrei scaricare ed installare trillian o equivalente? no, uso meebo.

Imho, mi sembra un po’ il passaggio dall’industriale al postindustriale, quando si è trattato di passare dagli atomi ai bit, per intenderci; ecco, il web 1.0, pensato dentro una postura mentale che ancora risentiva della necessità di possedere il software, ha lasciato il passo all’uso remoto, alla gestione di risorse online, all’archiviazione a distanza, all’utilizzo di applicativi non presenti sul mio disco fisso (per le immagini, per scrivere testi, per fare audio, per fare radio online e podcast, per pubblicare blog, per condividere links e risorse, per chattare, per sviluppare progettazione e produzione collaborativa sincronica a distanza).

o meglio ancora



vi lascio qui dei link, per comprendere il fenomeno (ma è sufficiente scrivere web 2.0 dentro google):
http://www.oreillynet.com
http://www.digitalk.tv
Dion Hinchcliffe’s

il quale segnala anche delle novità e dei social software

come questi siti qui:
http://www.listible.com
http://web20.blogosfere.it
ma soprattutto
http://www.sacredcowdung.com
dove c’è tutto

In campo educational, ecco qui http://incsub.org/

Ah, ho cambiato lavoro: ora mi metto a fare il social software consultant, come Suw, ho deciso