Archivi autore: Giorgio Jannis

Jason Lee, con e senza skate

Oh, un altro tipo molto simpa. Nei film di Kevin Smith mi fa morir dal ridere.

Jason Lee (actor) – Wikipedia, the free encyclopedia

Perché la storia è questa: prima Jonze ha fatto un documentario sul mondo dello skate, ed il protagonista era proprio Jason Lee, l’inventore del flip a 360° o chessoio.
Poi arrivano i Sonic Youth, che devono fare un video un po’ alternative, per ammaliare quelli dei college americani e fare quindi un po’ di soldini.
Ora, la canzone è “100%”, i Sonic sono le super icone indierock che suonano ad una festicciola con patonze e birra (notevole la moretta ricciolona con una coscia lunghissima seduta sul bracciolo di una poltrona, mentre beve birra) , e chi ti arriva garrulo e ridanciano? Jason Lee, appunto, perché il regista del video dei Sonic è sempre Spike Jonze e Jason Lee ci sta dentro.
Un super campione di skate che poi ha fatto tre o quattro film di Kevin Smith (nelle parti del fumettaro furbetto, oppure del diavoletto nel film in cui Alanis Morrissette era Dio), e ora fa l’attore a tempo pieno.

Aggiornamento 18/9: non faccio in tempo a scrivere questo post, che comincia in TV un serial “Earl” dove Lee è il protagonista. Ogni puntata dura 20 minuti, ovviamente italia1 ci ha messo uno spot in mezzo. Vedremo come farà Earl a redimersi: deve rimediare a 259 (ora 258) cattive azioni compiute nel passato, ha appreso il concetto di karma.

L’arpeggione

Ahhh, che piacere trovare questa notizia su Wikipedia.
Dovete sapere, e forse da qualche link qui già lo sapete, che io sono un fanatico dei Sixties, forse non tanto per la musica in sé quanto per l’atmosfera di quegli anni, per il contorno, per gli aspetti sociali della rivoluzione londinese del 1963/1967. Tant’è che il mio blog precedente su Splinder si intitolava Sociomusica.

Insomma, un giorno scarico e ascolto gli Hollies, e mi accorgo di questa canzone, la cui progressione armonica della strofa (Sol maggiore/Si maggiore/Do maggiore/Do minore) è la stessa del pezzo d’esordio dei Radiohead, la celeberrima Creep. Chiaramente, tutti a prendermi per il culo.
Ma io confido nel tempo galantuomo, ed ecco qui la notizia: sul disco dei Radiohead, la loro canzone è firmata sì dai componenti della band, ma sono indicati anche come autori Hammond e Hazelwood, ovvero gli autori di “The air that I breathe”.
Quasi quasi ora cerco i brani in questione e vi butto giù un remix .)

The Air That I Breathe – Wikipedia, the free encyclopedia

… e pensare che Arrigo Boito era uno scapigliato

From Giulia
perché io vorrei sapere chi di voi ritiene con me che quell’ispettore siae sia un essere potenzialmente in grado di compiere le peggiori atrocità.
mah. un rettile con la zampa tesa a chieder soldi.

Blitz della Siae alla festa multati i bimbi di Cernobyl – Local | L’espresso

Poi i bambini, che da giorni si organizzavano con le due accompagnatrici, hanno indossato abiti buffi fatti di carta igienica e piatti di plastica e dalle casse del portatile era partita la musica.

AGGIORNAMENTO: ecco il link per la puntata di Report sulla SIAE. Amo la Gabanelli.

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Meditate, gente, meditate

Bene, noi che viviamo in Rete abbiamo conosciuto John Beer da Padova quando “Nota disciplinare”, aka “7 in condotta” era un blog su Blogger.

Tempo due settimane, e Giovanni Birra si era già comprato un dominio.
Tempo due settimane, e si era su 5.000 contatti al giorno.
Tempo due settimane, e dopo un’intervista con le Jene, siamo sui 50.000 contatti giornalieri.
Bene.
Adesso i post migliori di quel blog diventeranno un libro, edito da Rizzoli: “La classe fa la ola mentre spiego”.

«Indossa francobolli al posto dei vestiti» – Corriere della Sera

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A saperlo prima – è tutta un’aspettativa

Narrazioni? Storie? Trame.

“Il vecchio pompiere alcolizzato che picchia la moglie e i figli ma poi di fronte alla tragedia riscopre il senso del dovere e sacrifica la propria vita in un tripudio di lacrime e sangue”.

“Il generale guerrafondaio plurimedagliato che vuole buttare il bombone, e lo scienziato che cerca di fermarlo fino all’ultimo secondo”

“Il bambino che preannuncia il terremoto con uno strumento trovato nel Topolino ma i genitori giustamente lo perculano”

Aggiungo
“Lo sfigato umile si rivela eroe saggio e un po’ manesco, salva tutto, scompare” (oppure fugge con la “scienziata bona”, ruolo dalle caratteristiche chiare e distinte, riconoscibilissime in ogni filmone che si rispetti)

http://www.daveblog.net/2006/08/29/strategie_del_terrore.html

Il contrario di un blog

Il contrario di un blog

il contrario di un blog
è un blog
che va sparendo
è lo stesso strumento che si usa per redigere e archiviare un blog
che può produrre il contrario di un blog
cancellare un post, di tanto in tanto, quando hai del tempo o quando proprio non puoi farne a meno
quando il contrario di un blogger ha un’Impellenza Autoriale sceglie cosa cancellare e preme delete entry.
e se un blogger è quello che pensa per post la sua vita
io passo ore ad arrovellarmi per decidere cosa cancellare
adesso che ho il contrario di un blog
E senza voler innescare alcun paradosso: vi basti sapere che voi non leggerete mai questo post.

Bambolescente: Il contrario di un blog
Riprendo e volentieri pubblico questo post

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PornoTube e camgirls

Dài, parlo ancora un po’ di sesso.
Qui, su PornoTube, trovo questo video che poi è la “messa in rete” (aspetto ancora quella di qualche parroco innovativo) di un pezzo di Lucignolo, trasmissione che ora che è morto il regista spero smetta ma son sicuro continuerà producendo anche una bella epigrafe mediatica, concludendo sullo show che myust go on.
Insomma, in questo video c’è una tipa che fa pornochat a pagamento, offrendo la visione delle sue curve dentro un sito, che di ragazze così iscritte ne conta tremila. Siamo in italia, eh, mica in california. Moltiplicato per il numero di siti possibili, per un numero di ragazze x, così a naso secondo me in italia diciamo che ventimila ragazze arrotondano la paghetta (il servizio dice che quelle che si impegnano possono guadagnare qualche migliaio di euro al mese).
La ragazza è una studentessa di informatica, di Sirmione (quindi tutti ora lì sanno cosa fa), tranquilla, che non si vede pornodiva nel futuro, che soprattutto dice di sentirsi a suo agio nella situazione, perché sa cosa può succedere e cosa no, e nessuno la può toccare. E’ un lavoro come un altro, dice, e ha ragione. Poi penso alle allieve di terza media, ora alle prese con powerpoint e communities, e comincio a fare statistiche. Proprio 20 giorni fa, in una scuola media nella Bassa è esploso lo scandalo di una ragazzina di terza che offre servizietti orali ai sedicenni mosconi che sciamano intorno alla scuola, in cambio di ricariche telefoniche. Chissà se ha imparato da Report, oppure ha avuto l’idea imprenditoriale, ha redatto un business plan, e ha provato a confrontarsi col mercato. En passant, ho notato come i docenti lo sentano come un problema della scuola, di rispettabilità, e a nessuno interessi ragionare un po’ su questa ragazzina evidentemente ingenua. Ho sentito un’insegnante, che forse si sente molto moderna e disinibita (tenete presente che metà delle insegnanti che conosco ha la stessa visione morale sulle cose di sesso di una perpetua credente) dire che bisognerebbe andare dalla ragazzina e farle comprendere che se fa così tutto il paese in poco tempo saprà della sua puttanaggine… forse dimenticando che per una tredicenne un po’ sviluppata con aspirazioni da velina essere riconosciuta troia e vantarsene fa parte proprio della sua strategia identitaria.

Sempre da PornoTube, scopro l’interessantissima pagina dei tags, dove si possono  vedere le etichette più segnalate per identificare un video.
Siamo quindi di fronte alle forme del desiderio (ok, sarebbe da fare la tara al ragionamento, limitandolo al pubblico di questo sito, se gay o straight, e al tipo di materiale offerto) espresse in tempo reale, in quanto questa bacheca di tags rappresenta una fotografia dell’esistente, dei percorsi di sensualità, della fantasia masturbatoria, i tormentati fiumi dell’immaginario erotico. E si può notare come japanese sia piuttosto altino in classifica, come anche fat, e masturbation sia proprio in evidenza, come i video di tette. Per il resto, le solite cose.
Chi ha pruriti di moralità e di vittorianesimo, si dia una mossa: qui in capo a tre anni scoppia il mondo, sappiatelo.

Video e universi di senso

Tra vent’anni un giovane intellettuale, magari francese, con un linguaggio creativo ci spiegherà finalmente cos’è il cybersex, per noi che ce lo siamo trovati d’un tratto dentro il telefono e sugli schermi della rete, e per quelli che ci sono cresciuti dentro, come gli attuali diciassettenni.
Poi magari cose come in questo video sono veramente accadute, e non mi stupisco, e non mi indigno, e penso sempre alla scuola di oggi, e a cosa significa insegnare, ovvero educare, ovvero promuovere l’apprendimento, ovvero provare a metterci del proprio (intelligenza, sensibilità, lealtà, serietà, protezione, ideali, stile, dignità, esempio) nel cercare di far arrivare delle persone a quattordici anni, magari senza essere cretine.
Educare alla modernità, quanti docenti sono in grado?
Il video è solo uno spunto, ma quanti docenti sarebbero in grado di eleborare una posizione personale sull’argomento, consapevole delle implicazioni etiche, informata sul significato mediatico del gesto? Altrimenti è facile qui sputar sentenze, e non sapere di cosa si sta parlando.

pub-internet-soa-cybersex – bub, internet, cybersex, chat, fille – Dailymotion Condividi i tuoi video

Non leggere cosa, ma leggere dove

… e non intendo leggere in un luogo, tipo in bagno o a letto o presso un tavolo sbilenco di legno sul cocuzzolo di una collinetta con vista ottima di qui e di là; intendo il supporto.

Rifacciamo il tipico ragionamento dell’educatore, che vorrebbe che i giovani leggessero di più; in realtà avendo più di trent’anni, quasi certamente il nostro laudator temporis acti (fondamentalmente, quelli che dicono che una volta si stava meglio) sta pensando a leggere libri, o comunque lettere stampate con l’inchiostro su un supporto cartaceo (anche simil-), ovvero ha in mente la bellezza della propria esperienza con la lettura, il lasciarsi coinvolgere, l’instaurarsi di un ritmo, di un dialogo tra il testo e il lettore, l’azione del riempire le altrimenti vuote righe di emozioni e posizioni esistenziali, e sta pensando ripeto a carta e inchiostro.
Tutti quelli con più di venticinque anni sono perlopiù fatti di libri e di tv e di cinema, chiaro.
Scendendo con l’età, sappiamo che le cose cambiano, perché sono arrivati telefonini e la rete, come testi con cui negoziare e patteggiare spunti identitari individuali e gruppali e sociali, appartenenze e affinità, mediate educazioni sentimentali.

Quindi anche se come educatore invitassi un quindicenne a prendere confidenza con i libri, devo tenere in considerazione la differente formazione di questa personcina, e mi sto riferendo ripeto solo ai supporti, tralasciamo i contenuti. Magari la mia proposta potrebbe avere successo, ma non devo pensare di aver creato un altro lettore sul pianeta, perché il ragazzo non leggerebbe i libri come li ho letti io, oppure mio padre, e potremmo andare indietro fino alla letteratura di massa dei paperbacks o prima ancora dei romanzi d’appendice a fine ottocento o fino a gutemberg e cambiando qualcosa possiamo ragionare anche prima della stampa e insomma questa personcina è una persona diversa geneticamente (parlo di DNA culturale, eh) perché cresciuta e formatasi in un’epoca in cui ci sono gli schermi -soprattutto televisivi e monitor – oggetti decisamente preponderanti come supporto per veicolare idee e emozioni e ritmo narrativo, foss’anche da leggere una pagina di testo in rete, che come sappiamo è tutta un’altra cosa rispetto alla carta.

Il famoso schema di lettura a forma di F della schermata, l’abilità (la necessità) di cogliere rapidamente le parole chiave di una preposizione nel testo di una pagina web, e costruire nebulose di contenuto vagamente sensate surfando ad esempio sui blog ha modificato il ritmo e la profondità dell’azione del leggere, e quindi oggi leggere è un’altra cosa, per chi è cresciuto leggendo su schermo.
Prendo una frase interessante da un post di Culodritto:

Sono sempre stata veloce nella lettura, ma da quando passo buona parte delle giornate a fissare blog su un monitor la cosa è peggiorata. Ormai non scorro più le frasi per capirne il senso: fisso tre righe alla volta e il mio cervello registra le parole chiave dei periodi, poi passa oltre. E’ fastidioso: mi ritrovo a leggere frasi delle quali conosco già vagamente tutte le informazioni rilevanti, e nei pochi secondi che impiego a concentrarmi sulle varie sillabe la lettura mi viene a noia, perché è troppo lenta.

Se questo capita a chi è cresciuto con i libri, figuriamoci come il meccanismo funzioni per chi tra blog e pagine web ci è cresciuto, nutrendosi e coltivando sé stesso.

BrainGate: come si diventa cyborg

Prima gli hanno messo un chip elettronico sulla corteccia cerebrale, nemmeno troppo sofisticato; poi i medici hanno registrato e studiato gli impulsi nervosi sensomotori, e come risultato Matthew Nagle, paraplegico, riesce “con la forza del pensiero” ad aprire e leggere una mail, a giocare a videogame, a regolare il volume del televisore, ma soprattutto a comandare un arto protesi robotica, che gli permette di afferrare e manipolare oggetti. Mi sembra tutto bellissimo.

Chip nel cervello, tetraplegico muove oggetti – Corriere della Sera

Anglicismi, poesia, Burt-ezzaghi

Bartezzaghi da Repubblica si sofferma sul solito problema degli anglicismi, parole di lingua inglese correntemente usate in italiano. Giustamente, si afferma che la questione va affrontata con creatività. E allora ecco che l’esimio enigmista figlio di enigmista, laureato in semiotica con Eco, ci propone una simpatica poesiola di Mario Barenghi, italianista:

Qui c’è il browser con il server, ed il setter con il pointer,
c’è il bestseller, c’è l’hamburger con le chips e le blue chips;
c’è il reporter col revolver, c’è il designer col decanter,
qualche wafer, molti woofer, ma di welfare quasi più;
c’è il fund-raiser dentro il bunker, molti mixer, troppi mister,
più decoder che pullover, e gameover, stop, reboot;
c’è il caregiver con le cover e il dispenser di spinnaker,
ma nessun golden retriever ha la fiasca con il rum;
c’è lo hacker con lo shaker che col toner sporca il boiler,
e c’è il pusher che dal corner sintonizza la tivù
con i trailer dei blockbuster, rapper, speaker, leader, bomber,
e magari Jack the Ripper ne squartasse one or two

Gli apporti della lingua inglese – Lessico e nuvole – Repubblica.it

Fresco questionario estivo

La prima volta l’ho visto da Giulia. Ora noto che si sta espandendo.
Ebbene, mi cimento con il mio primo questionario su blog.

Parli ancora con la persona a cui hai dato il tuo primo bacio?
Manno. Era una ragazzina con i riccioli morbidi, occhi azzurri. Io 14, lei 13 anni, al mare, e lei aveva un delizioso costumino a triangoli rosso. Non l’ho più vista.

Che musica sentivi quando facevi le elementari?
Mia nonna aveva un bar con il jukebox: mio compito il sabato mattina era aprire lo sportello dei dindini (arrivavo fiero con la chiave presa dal cassetto dietro il bancone) e contare l’incasso, poi guardare la pila di nuovi dischi arrivati, e scrivere le etichette da mettere nel jukebox. Stiamo parlando di quei dischi a 45giri con da una parte “Altrimenti ci arrabbiamo” degli Oliver Onions e dall’altra Prisencolinensinainciusol (all right), oppure Credeence, europop o quel che capitava. Quando mio padre apriva la macchina infernale per cambiare i dischi, mi sembrava la bocca di un mostro: si trattava di agire in profondità, sporgendosi dentro mentre stavo arrampicato su una sedia, e individuare nella ruota gli scompartimenti putacaso E2 e F4, e rimpiazzare il disco, badando poi a riportare sull’etichetta il giusto codice identificativo. Tutto questo per dire che ascoltavo di tutto: i primi dischi che ho personalmente voluto e fatto comprare sono stati Oxigene di J.M. Jarre, e Bennato del Burattino (un mio compagno di classe delle elementari, l’attuale Jena Andrea Pellizzari, credo avesse “La torre di Babele”)

I dischi di mio padre:

Musica classica, poca roba. Una volta ci han regalato un disco di elettronica di un tal Tomita, che rifaceva “Una notte sul monte Calvo” con i sintetizzatori, e passavo un po’ di tempo ad ascoltarlo. Poi da parte di mia madre, Aphrodite’s Child ma soprattutto Demis Roussos, Julio Iglesias che piaceva a mia nonna quella senza il bar, e altra roba.

Sei contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso?
Manno. Fossi in loro, non mi incaponirei sul matrimonio religioso, chissenefrega.

Sei triste in questo momento?
No. Di solito ho le mie cose a mezzaluna, o a luna nuova.

La maggior parte degli amici che hai ora sono vecchi o nuovi?
Due tre sono vecchioni, altri più recenti, ma parliamo sempre di quindicine d’anni.

Possiedi mobili di Ikea?
No.

Hai mai fatto qualcosa di vendicativo nei confronti di qualche collega?

No.

Sei mai stato in terapia?
No.

Hai mai giocato al gioco della bottiglia?
Sì, un tot. Un estate al mare un amico con lo ZX Spectrum ne aveva programmato una versione informatica, che vista sul televisore sembrava l’ora esatta… forse si tratta del mio incontro con il computer, sarà stato il 1982.

Ti è mai piaciuto qualcuno senza che tu glielo abbia detto?
Sì, certo. Ma ho sempre avuto l’idea di piacere a quelle a cui piacevo, quindi non ho mai subito grossi traumi.

Sei mai stato in campeggio?

Una volta sola, da ragazzo. Vorrei riprovare a dormire in tenda, c’è un odore particolare di plastica.

Hai mai avuto una cotta per un amico di tuo fratello/sorella?

No. Una volta ho guardato con occhio languido un’amica di mia sorella, perché si favoleggiava fosse piuttosto disinibita: io 16 anni, lei 15.

Sei mai stato in una spiaggia per nudisti?

No. Ma lo farei tranqui, anzi lo farò sicuramente.

Hai mai mentito ai tuoi genitori?
Sì, ma si tratta in realtà di sorte di camuffamenti, che poi potevo rivelare il giorno dopo senza eccessivi patemi.

Hai mai avuto un taglio di capelli così brutto da dover indossare il cappello per un mese di fila?
Sì. Il barbiere segretamente istruito da mio padre ci è andato giù pesante (diciamo che avevo i capelli quasi a spazzola), mentre io giovane Jim Morrison puntavo alla chioma fluente. Devo aver avuto un’incazzatura con lancio di bestemmie in famiglia, poi come al solito mi passa tutto in mezz’ora. No di certo il cappello: preso atto del misfatto cosa dovevo fare? fregarmene.

Qual è l’ultima volta che hai dormito per più di 12 ore?

12 è troppo, non riesco. 10 ore mi capita, diciamo una volta al mese.

Dov’eri il Capodanno del 2006?

A Sarzana.

Da dove hai preso l’idea per il tuo nickname?
Dalla data di nascita, fonte della mia passione per i riti di passaggio e per la gangherologia.

Hai mai pianto per la morte di una celebrità?
Manno. Figuriamoci.

Di che colore è la biancheria che hai addosso?
Boxer a puntini celestini.

Indossi sempre il reggiseno?

….

Cos’hai fatto stamattina?

Colazione, controllato la mail, navigato blog e news, wikipedia, scritto una cosa per lavoro, prelevato col bancomat, spesuccia minima, comprato il tabacco, bevuto uno spriz leggendo il giornale nei tavolini all’aperto di una pizzeria, insieme a certi sessantenni pensionati che non conoscevo che parlavano di Zidane.

Cosa ha posto fine alle tue ultime amicizie?

Vivo degli allontanamenti. Quello che mi scoccia è quando un gruppo mi inchioda in un ruolo, e come tutti i gruppi che si rispettino ti impedisce di uscire dal ruolo, perché potresti mettere a repentaglio tutto. Allora mando tutti a quel paese per un paio di mesi, vedo le persone singolarmente.

Hai mai spiato qualcuno per cui avevi una cotta?
Certo.

Qual è stato l’ultimo concerto a cui sei andato?
L’ultimo serio sono stati i Pixies a Lubiana, due anni fa. Anche Manyfingers quest’inverno mi ha entusiasmato, con Matt Elliott.

Qual è stato l’ultimo programma che hai visto in televisione?
La finale dei Mondiali di calcio?

Cosa ti ferisce?
L’ignoranza.

Prendi medicine?
No, solo il Moment talvolta.

Che maglietta hai addosso?
Maglietta nera Diesel. Minchia.

Qual è il tuo negozio preferito?
Librerie, vivai, negozi di elettronica e ferramenta, bazar dell’usato.

Qualcuno che non vedi da un po’ e che ti manca?
Mio fratello che sta a Padova, credo.

Ti importa cosa pensano le persone di te?
Per la mia struttura di personalità, devo ammettere di sì, però non così tanto da portarmi al conformismo, anzi. Invecchiando, sempre meno.

Usi un PC o un Mac?
PC

Usi il mouse o la tavoletta grafica?
Mouse.

Qualche sito dove vai ogni giorno?
I blog preferiti

Sei un esperto di computer?
Per lavoro, mi vedono così. Ma è fama usurpata, quando vedi lavorare gli informatici capisci che “usare il computer” è un’attività in cui quasi tutti grattano appena la superficie.

Che tipo di carne preferisci mangiare?
Maiale.

Quale scarpa infili per prima?
Indifferente.

Parlando di scarpe, ne hai mai tirato una a qualcuno?
Sì, ma senza intenzioni serie.

Quali gioielli indossi 24 ore su 24?

Piercing.

Hai dei cereali in casa?

No. Non piacciono né a me né alla tipa. Qualche volta potrei mangiare muesli con sopra marmellata, yoghurt e quark, toh.

Hai mai molestato sessualmente qualcuno?
No, ho avuto delle storie .)

Sei mai stato molestato?
No. Però in un certo senso usato sessualmente sì.

Hai mai visto la tua migliore amica/o nuda?
No.

Se sì cosa hai pensato?

Cosa ami fare nel tempo libero se rimani a casa?
PC, libri, badare alle piante.