Segnalo un post disperato e un po’ romantico, anzi no… alla fine una speranza c’è.
E non si tratta nemmeno di lodare i tempi che furono oppure giocare a “Signora mia, non ci son più le mezze stagioni” da cui peraltro discende come corollario che “non ci sono più le mezze maniche”.
E ho intenzione di dirlo seriamente: qui è tutto marcio. L’Occidente, l’Italia, i valori, le norme, la Scuola, l’Impresa, l’Amministrazione. Ma non è poi così grave… in fondo è un sistema che si evolve, una muta, un rinnovamento “naturale” dei paradigmi culturali su cui sono incardinate le epoche storiche.
Quello che è grave sono le risposte culturali a questi macrofenomeni di cambiamento sociale. E se diciamo cambiamento, diciamo ansia da cambiamento, nelle organizzazioni e nei gruppi e negli individui. E se percepiamo il cambiamento come ansiogeno, scattano delle difese, irrigidimenti, nevrosi, attacchi e fughe, valvole di sfogo.
Non serve molto indagare le cause del mutamento sociale: credo sia sufficiente per iniziare il ragionamento prendere atto dell’accelerazione del mondo a partire dalla metà degli anni ’70 (sistema dei mass-media, telematica, sistemi di grande distribuzione commerciale, passaggio al terziario), che altro non è che il primo vagito di una finalmente raggiunta globalizzazione mediatica, con il Web.
La differenza sul piano dell’espressione è data quindi da un tratto soprasegmentale, l’improvvisa accelerazione del ritmo del discorso tenuto dall’Umanità a sé stessa, ovvero il suo stesso vivere su questo pianeta, discorso che alcuni chiamano storicamente Progresso.
Ed il nuovo ritmo dell’Umanità non può essere facilmente ingabbiato nelle solide ma lente categorie della socialità concepite e create secoli fa.
Molte delle istituzioni sociali che abitano la nostra vita (banche, la democrazia come meccanismo tecnico per gestire il potere, università e scuole, il settore giornalistico, ma praticamente quasi tutto) sono state inventate da Umana senza il telefono, per non dire senza treni, per non dire senza la posta, per non dire senza la stampa, e tuttora con la stessa struttura magari un po’ rabberciata agiscono in un mondo fatto per esempio di pubblicazioni in formato audiovideo da parte di chiunque verso tutti gli abitanti del pianeta (YouTube).
Non può funzionare.
Sento spesso sindaci o dirigenti scolastici dire “qui salta tutto”. Si è giunti ad una percezione diffusa secondo cui il sistema è talmente un colabrodo che è inutile cercare di mettere delle toppe, bisognerebbe riprogettare tutto, re-ingegnerizzare tutto, avere il coraggio di fare un social designing radicale; ma è un’opera immane.
Di certo però se continuo a vedere un solo grande problema non lo risolverò mai: meglio sarebbe suddividerlo in problemi più piccoli e affrontarli uno per uno, con coraggio.
E riguardo al problema della scuola, dei telefonini, del sesso che in questi giorni ha interessato la cronaca, io spero che mai quelle insegnanti delle scuole primarie o delle medie che frequento per lavoro, quelle per intenderci che assomigliano un po’ a Lina Volonghi o a qualche altra sioretta a vostra scelta, vengano a sapere cosa fanno con le webcam e con i telefonini i sedicenni di oggi, la prima generazione mai vissuta che abbia appreso la sessualità da Internet, visto che a tutto il 2006 né la famiglia né la Scuola sono culturalmente in grado di offrire qualcosa di più che ipocrisie cattoliche e pseudoscientificità e moralismi ignoranti.
Quello che bisognerebbe dire è che tutti noi scopiamo allegramente dai quattordici anni in poi (e se sono responsabile di uccidere qualcuno col motorino sono anche responsabile di mettere al mondo una creatura), quindi bisognerebbe creare delle istituzioni sociali – palestre, scuole di affettività, sessuologi, nicchie nel pubblico e nel privato – dove vengano passate ai giovani alcune competenze su come farlo al meglio, con soddisfazione, con consapevolezza etica, con considerazione delle implicazioni emotive, con conoscenza dei risvolti scientifici della fisiologia umana, con una valutazione sana delle relazioni interpersonali.
Ma si tratta di un mondo completamente diverso da questo in cui viviamo. In questo momento, agitandoci nelle vecchie gabbie culturali non più adeguate ai tempi, come possiamo credere, o noi adulti, di poter insegnare qualcosa ad un diciassettenne dai comportamenti tipicamente felicemente masturbatorii, che da quattro anni si diletta ogni giorno scandagliando centinaia di directory porno dedicate ai video BDSM e all’anal più spettacolare?
E’ impossibile non imbattersi nel porno, anche senza volerlo: il diciassettenne di prima può trovare in cinque minuti tante immagini e film porno quanti io ne ho visti in tutta la mia adolescenza. Lui vive la normalità, tutti i suoi amici lo fanno. Anche le sue amiche lo fanno, che poi si dilettano a roteare amabilmente il sedere davanti alla webcam e poi si autopubblicano su YouTube o PornoTube oppure si spediscono i filmati come MMS sui telefonini e li guardano sull’iPod del compagno di banco. Sono cresciuti con la televisione, diventano parte attiva della società pubblicando su web… non sono come noi, ed il mondo è loro, a loro e alla loro generazione, la prima “nata in Internet” toccherà dar senso a questo epocale cambiamento culturale provocato un’altra volta, dopo Gutemberg, da una modificazione dei supporti per la circolazione di informazioni.
La mia generazione, dai trenta ai cinquanta, ha scoperto e colonizzato un Nuovo Mondo, costruendo in un fare cieco (senza mappe) le prime strade e le prime istituzioni del Web, perlopiù mutuandole da entità pre-web. Sono fatto di libri, mi esprimo in un nuovo linguaggio con vecchi contenuti, perché non sono nato dentro questo nuovo linguaggio, come i diciassettenni.
E dovrei svolgere una funzione genitoriale, senza sapere nulla sul mondo di mio figlio?
Posso insegnanrgli ad andare in bicicletta, perché io ho imparato ad andare in bicicletta da mio padre. Come posso insegnargli a navigare in Internet, se non l’ho mai fatto?
E io dovrei normare ciò che non conosco, né posso pensare nei suoi significati per me imprendibili? Che ridere.
E a questo cambiamento a cui non posso opporre nulla, che mi sgomenta e mi mette ansia, rispondo con censura e chiusura, perché sono impaurito e mi sento minacciato? Che ridere.
La mia generazione ha un compito immane da svolgere: traghettare il Mondo 1.0 dentro il digitale, salvando il passato nel futuro, come un’Arca Digitale in cui trasportare l’Umanità e i suoi significati sopra le onde del Diluvio Telematico (banalmente, l’arrivo del web) fino all’approdo ad una nuova civiltà. Dobbiamo consegnare un mondo che nessuna generazione precedente ha mai visto, e per quanto riguarda questa generazione attuale questa affermazione è un po’ più vera che in tutti gli altri casi fin qui accaduti, di passaggio di consegne generazionale.
Chi vivrà vedrà, e credo ne vedrà delle belle. Come quegli Umana nati a luce di candela e morti spedendo una videomail.
Link per adulti sui nuovi comportamenti sociali legati al porno amatoriale: http://realcore.radiogladio.it/
del sempre ottimo Sergio Messina.
Angela esiste?: Degrado
Andavo a scuola ed era già degrado: insegnanti frustrati e spesso vili, ragazzi malati di troppo e troppo poco motivati per vivere. Da insegnante scoprivo che i ragazzi erano anche ammalati di abbandono in luoghi tristi e sciatti che dovevano rappresentare il loro quotidiano (quel colore statale verde-acqua grigia dall’intonaco senza più coraggio di restare fisso sulla parete e i bagni -latrine di alcuni licei, lo stesso colore e lo stesso anonimato degli ospedali e delle asl!) con famiglie distratte, travolte dai bisogni smisurati che la civiltà contemporanea produceva a livelli industriali, famiglie senza più orientamento.