Ed anche ieri mattina non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di farmi del male, e sono andato ad un convegno sulla pianificazione territoriale del Medio Friuli; non ero uno dei relatori, ma mi ero iscritto per un intervento nel dibattito conclusivo.
Sostanzialmente si tratta di una decina di Comuni che ha deciso di dar vita, sfruttando anche precedenti iniziative di collaborazione in ambito culturale, ad una rete, ad un comprensorio, ad un Aster ovvero un’Azienda per i Servizi Territoriali, insomma non ho capito bene la forma definitiva che assumeranno, anche perché siamo ancora nelle fasi iniziali di analisi del territorio, delle sue esigenze e delle sue potenzialità.
Vi sono state delle presentazioni di elaborazioni statistiche e risultati dei primi focus gruop con gli attori sociali, curati dall’ottimo sociologo Paolo Tomasin, riguardanti le peculiarità abitative di queste terre e i flussi demografici, poi si è parlato di “vocazione del territorio”, quindi di identità, quindi di sviluppi industriali, di turismo, di circolazione delle merci, di attività culturali, di assetti politici e di forme di democrazia.
Tenete presente che ora, come credo anche in altre parti d’Italia, parlare di ristematizzazione ed ottimizzazione degli Enti Locali significa sostanzialmente valutare l’opportunità di mantenere in vita gli Enti di vasta area, ovvero le Province, quando gli indirizzi politici regionali (ovvero quello che piace a Illy) prevedono incentivi proprio alla nascita di aggregazioni sovracomunali caratterizzate da una certa omogeneità – Manzanese, Palmarino, MedioFriuli, Collinare, Carnia, Tarvisiano, con popolazioni intorno ai 50.000 abitanti ciascuna – le quali autonome nella propria progettazione dovrebbero dialogare per le direttive di sistema e di armonizzazione delle politiche territoriali direttamente con la Regione: le Province diventano inutili.
Ovviamente il Presidente della Provincia di Udine Strassoldo ha perorato la propria causa, difendendo il ruolo dell’Ente di vasta area, mentre dall’altra parte (Boem, DelFrè, Tonutti) si è espressamente ribadita la voglia e la giustezza di procedere con gli Aster.
Gli Aster, in quanto sostenuti da Illy, sarebbero di sinistra, mentre la Provincia di Udine è al momento di destra. Ragionamenti squisitamente pragmatici quali le forme di organizzazione del territorio (asfaltare una strada, stabilire il sito ideale per una discarica o per un insediamento artigianale, organizzare la logistica dei trasporti è questione di amministrazione, non di politica) diventano quindi ideologici, quindi inadeguati e sfuggenti per le risposte che si vorrebbero: a procedere così si arriverà al solito pateracchio, compromessi che cercano di soddisfare tutti e tra dieci anni si riveleranno scelte sbagliate. Sì, il titolo del convegno prevedeva appunto un “2016” scritto bello in grande, a sottolineare la volontà politica di intraprendere dei percorsi progettuali a lungo termine, e questo è un onore che giustamente riconosco loro. Qualcuno ha perfino parlato – meraviglia – di fare formazione ai dirigenti, per aggiornarli sulle ultime novità nelle metodologie e negli strumenti per “leggere e scrivere”, analizzare e progettare le dinamiche insediative territoriali.
Ma nessuno ha parlato di tecnologia, di modernità.
Tutte i Comuni coinvolti devono la loro esistenza eco/nomica ed la loro identità a scelte tecnoterritoriali compiute secoli o millenni fa: Mereto di Tomba deve il suo nome all’originario toponimo “Melaretum” di origine romana, segno di una precisa organizzazione del territorio e delle sue vocazioni (scelte compiute da uomini che possedevano ancora l’istinto di sapere dove insediare un abitato, costruire una città, interpretando il territorio per sfruttarlo con intelligenza), mentre la tomba in questione è un reperto celtico; il nome Codroipo deriva da Quadruvium, visto che la cittadina si pone in prossimità di un guado storico del Tagliamento, proprio all’incrocio di due strade millenarie secondo gli assi sud-nord ed est-ovest; nelle stesse campagne intorno a Mortegliano, dove ha avuto luogo il convegno, c’era palude fino a cent’anni fa, prima che il fiume Cormor venisse irregimentato e diventasse canale Cormor, evitando di disperdere le sue acque nelle terreni a sud dell’abitato, imputridendoli e generando povertà.
Il Paesaggio è un Oggetto Tecnologico, ricordate, è frutto del millenario dialogo tra la specie umana e l’ambiente: nulla è naturale, nemmeno una mela, selezionata con sapienza da generazioni di agricoltori con la tecnologia della selezione genetica, per ottenere dei frutti migliori di quelle specie di prugne asprigne che sarebbero le vere mele naturali.
Se mi mostrassero una fotografia di zone rurali, caratterizzate da piccoli campi delimitati da filari di gelsi potati, non avrei difficoltà a riconoscere un tipico paesaggio friulano: per molti friulani questa immagine rappresenta l’iconografia della friulanità, mentre ignorano che i gelsi, alberi cinesi, sono stati portati qui nel ‘700 per provvedere una fonte di alimentazione per i bachi da sete, nell’allora fiorente industria tessile (imprenditori illuminati di 250 anni fa come Zanon e Linussio, capaci di guardare più in là del proprio naso). Il Paesaggio è un Oggetto tecnologico, il territorio va compreso anche con l’aiuto della Cultura TecnoTerritoriale.
La democrazia è una tecnologia, ho detto nel mio intervento; se le strade fossero ancora in terra battuta, la gerarchia Comune-Comprensorio-Provincia-Regione avrebbe tutte altre connotazioni, gli Enti sarebbero di forma e funzioni diverse.
Da sempre i politici in previsione delle elezioni sono soliti asfaltare le strade, per farsi belli con la popolazione: perché ora non capiscono che le strade sono anche elettroniche, che l’ADSL ci deve essere per tutti a buona velocità e poco prezzo, perchè si tratta di un diritto all’accesso informativo per i cittadini e un’opportunità imprescindibile per le imprese? Vogliamo smettere di muovere le persone, e cominciamo a muovere le informazioni? Il MedioFriuli è un territorio solo di atomi, oppure auspicabilmente sarà anche un territorio digitale, com’è “naturale” che sia oggigiorno, attraversato da flussi informativi, interazioni interpersonali a distanza, socialità online, meccanismi di decisione pubblica? Siamo a concepire la governance come se fossimo a pranzo con Carducci, è già il telefono ci mette paura?
Ho detto: “Vi manca un libro nella vostra biblioteca, vi manca il dizionario della Cultura Tecnoterritoriale; voi parlate di 2016, ma vi ricordo che dieci/quattordici anni fa erano appena nati il cellulare e Internet, e ora non è possibile concepire il mondo senza la presenza di queste tecnologie, che hanno completamente cambiato il senso psicologico, sociale, culturale dell’essere comunità e collettività che abita un territorio; tra dieci anni voteremo probabilmente le leggi con il cellulare, e oggi qui non ho sentito nominare né la parola Tecnologia, né Modernità; chi è stato bambino negli anni Cinquanta e Sessanta, quando in Friuli sostanzialmente si era ancora ad una economia agricola (il Friuli, colpito e distrutto da due guerre mondiali, ha praticamente saltato la fase industriale, tranne tre o quattro grossi insediamenti: prima degli anni Sessanta, nessun Governo statale sviluppava infrastrutture di trasporti e di sostegno alle imprese in un territorio che sarebbe stato il primo a cadere nelle mani dei Sovietici, e dopo il terremoto del ’76 si è passati subito al post-industriale) non può comprendere il significato delle moderne forme di cittadinanza digitale, non può stabilire linee di indirizzo su qualcosa su cui non ha competenza, soprattutto se continua a considerare il computer e Internet solamente come un modo più veloce di usare fogli di calcolo e darsi appuntamento al bar con la posta elettronica”.
Ho scatenato un putiferio. Mi han detto che magari gli argomenti erano giusti, ma non era il posto giusto per esprimerli… ma quale migliore occasione di una ventina di sindaci assessori regionali decisori pubblici a convegno, per ragionare di territorio?
Mi han detto che faccio lo sgambetto agli ascoltatori perché disloco i piani semantici del discorso, col mio incedere ipertestuale, a frammenti, salti e rimandi: lo prendo come un complimento, purché il messaggio passi.
Mah. Spero che qualcuno della mia generazione, o anche trentenne, sia magari coinvolto in questa pianificazione territoriale; ho visto degli Assessori alla Cultura preparati e consapevoli dei cambiamenti culturali epocali in atto… potrebbero essere loro la carta su cui scommettere, la chiave per far entrare il cambiamento sociale dalla porta della Comunicazione?
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