Apertura in via sperimentale di un Istituto Italiano di Cultura all’interno di “Second Life” il mondo online in 3D, virtuale e interattivo
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Archivi autore: Giorgio Jannis
Inventiva umana
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I gruppi pensano
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The Five Dysfunctions of a Team
Luke Wroblewski segnala un libro interessante, nel quale si analizzano – sotto forma di fiaba moderna – le ragioni per cui spesso i team lavorano male.
L’autore del libro identifica in particolare 5 punti fondamentali alla base di ogni critical failure.
Ognuno di questi punti lavora a cascata sui successivi, o comunque in forma di inter-relazione, impedendo di norma il miglioramento della situazione:
- Assenza di fiducia: in pratica non ci si vuole mostrare più vulnerabili rispetto ad altri; i membri della squadra che non ammettono le debolezze o gli errori commessi rendono impossibile la costituzione di una fiducia condivisa.
- Timore del conflitto: un team composto da membri che non si fidano gli uni degli altri non può iniziare discussioni appassionate e prive di remore su temi realmente importanti.
- Mancanza d’impegno: in una situazione di ambiguità dei rapporti tra i membri della squadra raramente qualcuno è disponibile partecipare attivamente decisioni. Le decisioni vengono prese da pochi soggetti, generalmente sfiduciati dal resto del gruppo.
- Rifiuto delle responsabilità: senza un chiaro e condiviso piano d’azione difficilmente i singoli cercheranno il coinvolgimento loro e dei colleghi in attività che paiono controproducenti.
- Disinteresse verso i risultati:la mancanza di un contesto sereno per il giudizio delle azioni porta a considerare le necessità dei singoli più importanti delle necessità della squadra.
Toollini
Il primo, Ustream, è in pratica una televisione personale, in tempo reale, su web.
Se avete una webcam o una videocamera, ora potete trasmettere audiovideo in streaming, direttamente dal vostro blog.
Siete ad un concerto? Quelli del sito suggeriscono di collegare la videocam al portatile, connettersi in qualche modo, trasmettere il concerto e rispondere male a chi vi chiede qualcosa sui diritti di trasmissione (non è vero, l’ho aggiunto io).
Su Mailemotion invece vi fate il videino con la webcam e lo spedite direttamente come mail.
Domani provo con qualche assessore o con qualche insegnante di quelli nervosetti, per vedere come reagiscono alla videomail.
Per quanto riguarda la scelta dei nomi, Ustream è solo un calco da YouTube, mentre mi sento di apprezzare positivamente Mailemotion per il gioco di parole. Vabbè.
Ustream.tv
Mailemotion.tv
Il web 2.0 ed il mondo della scuola
- Aiuta i docenti a stare in contatto con i colleghi di lavoro, generando mediante la partecipazione a circoli di apprendimento – anche spedire due mail al mese ad una community ed essere iscritti ad una maillist dà luogo a fenomeni gruppali, per come l’esperienza di appartenenza alla community professionale condiziona il mio pensiero – una corrente di nutrimenti culturali, informazioni e punti di vista importanti per continuare sempre a riflettere e migliorare la propria professionalità nel lavoro di insegnanti
- Il web 2.0 va a costruire l’ambiente stesso in cui si situa la didattica, dal momento in cui con la nascita delle TIC a scuola l’aula si è ingrandita, inglobando luoghi digitali e online. La didattica si fa nei blog e nei wiki, nella costruzione in remoto di documenti ipermediali audiovideo, sia da parte dell’insegnante che può progettare e realizzare learning object con cui sostenere le lezioni, sia per gli allievi, chiamati ormai perentoriamente a fare i compiti con il computer, e magari connessi veloci (ma l’ADSL è ancora un problema, e va risolto: una connessione veloce devono averla tutti i cittadini, e deve costare 50 € all’anno). Ma la potenza espressiva della documentazione potrebbe veramente rivoluzionare la conoscenza: provate a pensare ad un servizio giornalistico del TG5 (un’inviato, una ricostruzione, un siparietto, uno spazio di riflessione), e immaginate che il tema standard di un ragazzino in terza media sia più o meno equivalente, come utilizzo delle immagini e dei video, sceneggiatura e storyboard, e nella costruzione registica.
- Ci vorrà tempo perché gli attuali bambini, nativi digitali, si esprimano usando appropriatamente i nuovi linguaggi, ma accadrà. Alle medie peraltro è dove farei seriamente cominciare agli allievi le pratiche di mescolamento dei generi, dei codici, della manipolazione, della multidisciplinarità, mentre alle elementari cercherei di ottenere la loro padronanza nel trattamento dei singoli linguaggi e media espressivi – schizzo, disegno tecnico, disegno artistico, grafica, modellizzazione, trattamento immagini statiche ed in movimento, trattamento audio e commento musicale, trame e narrazione, testo, mappe concettuali e satellitari, grafica 3D mondiattivi.
- Il web 2.0 essendo una forma nuova dei linguaggi espressivi individuali e sociali farà nascere cose nuove, nuovi situazioni/contenitori per ottimizzare al proprio interno il passaggio di nozioni, abilità, emozioni, relazioni, e lo sbocciare di competenze negli allievi.
In fondo, la “lezione” è una tecnologia. Dai peripatetici agli scolastici. Dalla formazione dell’uomo rinascimentale alle scuole di arti e mestieri, al sistema scolastico statale attuale, si tratta di una forma evolutasi nel tempo, con le sue metodologie, le su epistemologie, i suoi strumenti materiali.
Ma le aule cambiano quando c’è uno schermo sul mondo, quando la lavagna diventa interattiva, quando la maestra conduce un ottimo blog d’aula.
Un’altra tecnologia, quella delle TIC, ha modificato appunto le situazioni in cui si fa scuola, per sempre.
Ho preso spunto per questo post da un ragionamento su
Paolo Valdemarin Weblog , colà dedicato ai giornalisti
Ammappalo
Bubbl.us il più veloce, anche senza iscrizione, con la grafica fatta di rettangoli stondati e cicciotti.
Mindomo sofisticato, con i livelli di visualizzazione, e formattazioni avanzate
Mindmeister, che richiede una iscrizione via mail arzigogolata, però trasforma la mappa in vero strumento collaborativo, permettendo ai più utenti remoti di lavorarci sopra in modalità sincrona, chattando o skypando.
C’è anche Skrbl, una lavagna interattiva su web abbastanza funzionale
Zeitgeist
Ecco le quindici ricerche più popolari in Italia in gennaio:
Cultura a manetta, eh?
Oddio, quando ragioniamo così sui grandi numeri bisognerebbe fare la tara per bene, però in GranBretagna oppure in Germania o perfino in Malesia cose tipo viaggi aerei, giornali, arte, scuola, wikipedia, youtube, secondlife le cercano.
Ma quanti bambini ci sono in Rete in Italia, per far andare Winnie the Pooh e cose giapponesi così in alto in classifica?
Google Press Center: Zeitgeist
@gmail
Non è più a invito, permette l’attivazione di utili servizi Google, fa compagnia.
Per motivi identitari di cui già qui parlavo, quasi tutti abbiamo ormai anche una casella @gmail.com con nome e cognome.
Ma c’è chi all’apertura del proprio indirizzo di posta preferisce nomecognome@gmail.com, e chi invece utilizza la formula nome.cognome@gmail.com.
Come sempre, abbiamo i depressi e i nevrotici.
C’è anche la categoria di chi “non ci ho proprio pensato, mi è venuta così”, ma sospetto che si tratti dei casi più gravi, nell’una e nell’altra categoria.
La parte abitata della Rete
La parte abitata della Rete › Sergio Maistrello
Spero, più di ogni altra cosa, di aver reso giustizia all’impegno delle tante persone che stanno rendendo Internet un luogo interessante, vivo, utile, pieno di umanità. Comunque sia, ora a voi la parola.
Tags: maistrello, abitanza
Spingo la catena
1. La Vespa è una mia mania, ma direi uno degli amori più stabili della mia vita. Possiedo una Sprint del 1967 (qui Raffaella Carrà reclamizza il mio modello), e vorrei avere almeno altre tre Vespe rigorosamente anni sessanta: un GS qualsiasi, un GL del ’65, una Rally 180.
2. Dalle elementari in poi, ho sempre posseduto un paio di Clarks. Originali, ché le imitazioni durano un anno, poi si buttano. Le originali le pagate un po’ di più, ma vi garantiscono 4 anni di comodità. Color tortora, laccetti grigi.
3. Ho la mania di fare lo sgambetto alle abitudini. Le abitudini sono molto economiche, funzionano bene e non richiedono attenzione.. ma ci fregano. Allora per far loro lo sgambetto cerco di fregarle a mia volta: mi lavo le mani come se fossi mancino (?), evito di bere sempre Fanta a pranzo e a cena, uso sinonimi, rispondo al telefono innovando i convenevoli, bestemmio creativamente.
4. Cerco di avere un desktop lindo. Non la scrivania fatta di atomi, sempre incasinata, ma quello del PC: diciamo 10 icone al massimo.
5. Ho la mania del pisolino. Non telefonatemi tra le due e le tre di pomeriggio, potrei sfanculare chiunque, si tratti di Napolitano o di mia mamma o di Brian Eno o dei miei migliori amici. Un po’ di civiltà, insomma, non si telefona per le case a quell’ora.
Dichiarazione d’indipendenza del Cyberspazio
di John Perry Barlow
Il Cyberspazio è fatto di transazioni, di relazioni, e di pensiero puro disposti come un’onda permanente nella ragnatela delle nostre comunicazioni. l nostro è un mondo che si trova contemporaneamente dappertutto e da nessuna parte, ma non è dove vivono i nostri corpi.
John Perry Barlow, Dissidente Cognitivo e co-fondatore della Electronic Frontier Foundation
Studenti e web
Di quando sono tornato a scuola
La settimana scorsa ho fatto l’insegnante per una manciata di ore. Di tutto, l’effetto più stupefacente – e non necessariamente nell’accezione positiva – è stato ripiombare in quel mondo avulso dalla realtà che è la scuola. Il tempo scandito da campanelle, una pausa ogni due ore cascasse il mondo, le note sul registro, i rapporti tesi tra compagno e compagno, tra compagno e professore, tra professore e professore, tra professore e preside. Tralascio ogni ragionamento su quanto smunta ed emaciata ho trovato la scuola pubblica italiana, quindici anni dopo. E anche sulla mia incapacità di stare in un’aula senza sentirmi inguaribilmente studente.
Perché non è di questo che volevo parlare. Il fatto è che parlavo a questi ragazzi di blog, di wiki e di social network. E ci ho messo quattro giorni ad appassionarli (comunque poco) all’idea. La teoria non gli è andata giù nemmeno a fare il saltimbanco sulla cattedra o ricorrendo alle peggiori animazioni di PowerPoint. La pratica un po’ di più, che era sempre meglio di un’interrogazione di filosofia, ma insomma nemmeno troppo, e i giovani si sa hanno cose di molto più importanti a cui pensare.
Poi li guardavo nelle pause, oppure quando qualcuno finiva la sua esercitazione prima degli altri. Il blog diventava un’estensione naturale al sms: chiacchiere in codice nei commenti. Questi ragazzi hanno la conversazione nel sangue, ma quando gliela mostri non la riconoscono (ancora). Sfrucugliano nella ricerca per immagini di Google dentro un web tutto visuale, ma poi restano freddi davanti a Flickr. E appena non li guardi corrono nei reconditi meno opportuni di YouTube, che se poi glielo presenti come social software perde ogni fascino.
La morale di tutto questo è che in quattro giorni non ho trovato affatto una morale. Solo un gruppo di ragazzini pieni di opportunità, ma molto distratti e assai annoiati – pur con le debite, confortanti eccezioni. Hanno il mondo davanti e strumenti che noi ci sognavamo. Ai miei tempi (ecco, l’ho detto) pregavamo il tecnico perché ci prestasse la videocamera e poi ci montavamo i video col videoregistratore, pur di comunicare. Loro oggi hanno il mondo alle loro dita, ma spesso sembrano accontentarsi di fargli il solletico.
Raduno Blogger a Innovaction 2007
Sì, ci vediamo tutti lì. Una devirtualizzazione collettiva, dei blogger che magari già vagabondano per Innovaction: l’appuntamento è al Padiglione 6, alle 17.00 di sabato 17 febbraio, per poter dire “vissi il momento”.
Il Bloggeraduno non è come ActionCamp, ma pare che siano proprio i blogger a parlare di tecnologia web più di ogni altra cosa, quindi potremmo avere una situazione in cui molti blogger parlano di ActionCamp. Tutti gli altri, ballano da MTV.
Anche ActionCamp, settato in modalità “chiacchiere informali”, credo convergerà essenzialmente su sabato 17.00.
Ricordatevi di portare un bottone con voi, è una tecnologia che connette.
Smanettare linguaggi
Ma credo che come un bambino sgarfa nella terra e poi solenne o entusiasta porta alla maestra un verme, così sia giusta cosa che manipoli lo sfondo con altre immagini. Sta esplorando l’ambiente di vita.
E così chi si diverte con i nuovi discorsi (mashups) che è possibile fare con le nuove parole (ajax, xml..) scopre nuove possibilità dei linguaggi, che magari un giorno permetteranno di nominare un contenuto, un’idea, un valore prima mai percepito, perché mancavano le parole.
E qualche modificazione questo fare lo porta sicuramente nel Mondo. Nascono cose che prima non esistevano, ed in fin dei conti siamo tutti qui per combatter l’entropia.
Il discorso dell’autoreferenzialità dei blog, di cui tanto si dibatte ultimamente nella blogosfera (e solo lì, ovviamente) potrebbe essere ricondotto a quello che certamente si è instaurato tra i letterati e gli uomini/donne di pensiero dalla fine del Quattrocento e nel Cinquecento, ovvero l’instaurarsi di una visione metalingustica e centripeta, che focalizzava proprio lo strumento dell’espressione, in quel caso il libro a stampa.
Era necessario acquisire una competenza, un saper fare, riguardante la tecnologia tipografica e del libro. Per pubblicare e diffondere finalmente le idee, dovevo saper qualcosa di caratteri mobili (movable type, esatto).
Oggigiorno, nessuno si scandalizza se un intellettuale è anche un bibliofilo, nel senso di appassionato dei libri anche come modalità di supporto dell’informazione. Eppure ci si scandalizza se i blogger saggiano lo strumento.
Ma Galileo per guardare la luna si smerigliava a mano le lenti per curarne la convessità, era artigiano tecnologo ars=tekne, prima ancora che scienziato. Anzi, lui è quello che ha definito un metodo per garantire maggiori condizioni di conoscenza scientifica, in quel caso.
Qui, oggi, stiamo parlando della costruzione delle grammatiche espressive del domani, dei modi di organizzare l’espressione di sé attraverso linguaggi simbolici, quando per la prima volta si è dischiusa dinanzi agli Umana la possibilità di costruire discorsi allestendoli multimedialmente, con relativa facilità (senza conoscere codice, perlomeno, come i molti Pipes e strumenti 2.0 online che nasceranno nei prossimi mesi).
Si è spalancata una porta, si sono allargate le finestre della casa, si è chiamati a giocare molta socialità, come dicevo per i cellulari multimediali.
Si svilupperanno nuove prassi comportamentali, nuove credenze e abiti, nell’arredare queste case della nostra personalità.
Nel 2061una laureanda a Trento in Sociologia dei Media scartabellando vecchie pagine web degli archivi Internet risalenti agli anni ’10 del XXI secolo, si riterrà fortunata di poter avere accesso alle discussioni che stiamo lasciando in giro, in quanto per lei come archeologa sarà importante ricostruire come sono nate – nella blogosfera o nell’opinione pubblica digitale – quelle scelte che determineranno la forma del futuro.
Siamo i primi banchieri fiorentini del Duecento, siamo i tipografi del 1480, siamo gli esploratori, i Cittadini della rivoluzione francese, gli impressionisti che s’interrogano sulla forma, siamo i pionieri del Web (yippieyahe).
Lo dico ancora una volta, giusto perché conosco una metafora biblica: i nostri Padri hanno il compito di salvare tutta la Cultura pre-Internet nell’Arca Digitale, per salvarla oltre il Diluvio Digitale.
La nostra generazione, sta costruendo l’Arca da vent’anni. Sviluppiamo i contenitori.
I nostri Figli, saranno poeti digitali. Avanguardia della specie.
Dinamiche sociali e web
Come al solito, le presentazioni online sono come il profumo della torta, e io avrei voluto sinceramente partecipare per addentarne una fetta fatta di atomi.
Media Education
Il generatore di annunci pubblicitari è un’opera che indaga come la pubblicità usa e manipola il linguaggio. Parole e strutture semantiche tratte da veri slogan aziendali sono remixate e disposte casualmente per generare slogan inventati. Questi slogan vengono quindi appaiati ad immagini attinenti prese da Flickr, generando quindi al volo dei falsi annunci pubblicitari. Remixando slogan aziendali, intendo mostrare come il linguaggio della pubblicità sia al contempo profondamente significativo, rappresentando reali valori culturali e desideri, nonché completamente privo di senso, in quanto queste idee non hanno alcuna relazione con i prodotti che vengono venduti. Usando le immagini di Flickr, l’opera esplora la relazione tra il linguaggio e l’immagine, e come il significato sia costruito dalla giustapposizione dei due diversi codici.
The ad generator is a generative artwork that explores how advertising uses and manipulates language. Words and semantic structures from real corporate slogans are remixed and randomized to generate invented slogans. These slogans are then paired with related images from Flickr, thereby generating fake advertisements on the fly. By remixing corporate slogans, I intend to show how the language of advertising is both deeply meaningful, in that it represents real cultural values and desires, and yet utterly meaningless in that these ideas have no relationship to the products being sold. In using the Flickr images, the piece explores the relationship between language and image, and how meaning is constructed by the juxtaposition of the two.
Tags: adgenerator, ads, codici
Cyberdissidenti
Di per sé, non è né buono né cattivo; esiste come artefatto, come un rubinetto.
I contenuti invece possono esprimere posizioni politiche.
Anzi, potenzialmente ogni dire è politico, esprimendo necessariamente un punto di vista soggettivo in direzione di una collettività umana.
Ci sono però luoghi sul pianeta dove aprire un blog è già un atto politico, come scelta di voler comunicare. Luoghi dove il blog viene chiuso e l’autore incarcerato, se esprime pareri difformi dalle posizioni politiche governative.
La blogosfera araba, altamente partecipativa, è in fermento.
Giangiacomo Feltrinelli Editore – Speciali – Speciale Arabi invisibili