Fabio Brivio spiega la forma peculiare che ha assunto il mercato dell’editoria elettronica in Italia.
Su Apogeonline, http://www.apogeonline.com/webzine/2010/10/25/ebook-una-gigantesca-start-up-nazionale
Archivi autore: Giorgio Jannis

Alt(r)a definizione
Al Corriere hanno le idee confuse.

Maledetta pareidolia
Lovvo laikare
Rapidamente, ma voglio bloggarlo.
Cosa piace ai vostri amici? http://www.friendshuffle.com
E ribadisco come non si tratti solo di un “portare a conoscenza”, qui stiamo condividendo reti di affettività, mood e desideri e sensibilità, dentro una pratica sociale mediata. Ci stiamo sintonizzando tutti gli uni con gli altri, in modo molto più rapido di quanto succedeva un tempo, e ci stiamo sintonizzando anche con la pancia. Mi piace, dice il bottone.
Sul fatto che la testa sappia cosa la pancia sente, misuriamo le distonie della personalità. Degli individui, dei gruppi, delle collettività ampie. E di qualcuno che amorevolmente ci dice “ti voglio bene, caro” mentre fa il gesto dell’ombrello, tendiamo guarda un po’ a dubitare. Quella distanza tra body language e parole pronunciate marca un’incongruenza, lui non se ne rende conto, forse neanche noi, ma ne ricaviamo un’impressione se proviamo a empatizzare, e una simile contraddittoria espressione di sé non viene valutata in termini positivi.
Chi pubblica foto di gattini poi scioglie il proprio dire in lunghe pucciose tirate di amor cortese, oppure è più probabile metta sul profilo un pezzo durissimo di death-metal brutale, con immagini raccappriccianti?
Come rilevare il tono emozionale di una rete sociale, a esempio geograficamente delimitata, oppure di una community tematica? Evasione o impegno, nel tempo, al mutare dell’umore, nella relazione tra il cognitivo e affettivo, con grammatiche raffinate e sottili decodifiche.
E’ possibile sentire il polso di un gruppo sociale mediato, e poi analizzare il detto dal punto di vista dei contenuti, per ricavare una buona fotografia della personalità? e continuare a osservare il processo nel tempo, fare le infografiche del vivere online, per come i sentimenti e le prese di coscienza evolvono, sotto spinta di elaborazioni interne o di riflesso dietro gli accadimenti sociali degni di menzione, fatti di cronaca.
Misurare olisticamente la personalità di una collettività, nella sua comunicazione tutta.
Va da sé, la temperatura non è il calore, la mappa non è il territorio.
Figura e sfondo: il libro e la società connessa
Narrazioni di comunità, visioni condivise, scorci di futuro
- c’è stato un cambiamento nei technoscape, nei paesaggi tecnologici. Abbiamo tutti per le mani strumenti di espressione nuovi, potenti e raffinati, abitiamo in Rete. E’ un momento aurorale, perché stanno nascendo nuovi format, nuove nicchie e flussi dentro l’ecosistema della conoscenza (fino a ieri biblioteche e quotidiani come imperi costruiti sulla carta, sulla pesantezza; seguiva maturazione dell’opinione pubblica lenta, partecipazione limitata, broadcast ineluttabile)
- le collettività producono senso vivendo, e lo mostrano nello specchio della letteratura e nelle arti (come fare riflessivo, guarda un po’), tanto quanto nell’urbanistica, o nei modelli economici praticati, nella progettazione della logistica territoriale, e aggiungiamo le possibilità odierne di mostrare dinamicamente in tempo reale i comportamenti delle persone e dei gruppi tramite georeferenzialità e dispositivi connessi ubiqui… risulta oggi facile e semplice darne rappresentazione mediatica adeguata, di tutte ‘ste cose e flussi di persone e idee. Tutto nutre i mediascape, l’insieme degli atti comunicativi, la nuvola del dire di una comunità
- nei momenti di crisi, conviene avere un serbatoio di possibilità differenti da giocarsi, per meglio adeguarsi al mutato contesto ambientale. Solito parallelo con il dialogo della selezione naturale, e al fatto che siamo tutti mutanti: succedesse qualcosa guarda caso ci sarebbe qualcuno che porta in sé una mutazione fino a quel momento ininfluente, ma che ora potrebbe diventare decisiva per far sopravvivere la specie (sto parlando di sperimentalismo, sì, in ogni settore sociale produttivo e socioculturale, nei format con cui pensiamo e storicamente realizziamo il nostro abitare). Idee per sopravvivere.
- per potenziare l’efficacia di questo auto-pensarsi delle collettività, costruire contenitori di visioni e di progettazioni sociali, Luoghi partecipativi dove tutti possano esprimere la loro percezione e le loro linee direttrici del desiderio rispetto al futuro del territorio, alla qualità del Ben-stare su di esso come collettività in modo consapevole dell’impronta ecologica e dell’ottimizzazione delle risorse (materia energia e informazione, produzione e distribuzione), all’organizzazione sociale, alla costruzione condivisa di Grandi Narrazioni capaci di dare identità alle comunità locali, per come quele emergono dal calderone della Grande Conversazione, sotto cui abbiamo alzato il fuoco (tecnologie connettive) causando un più rapido rimescolarsi dei contenuti, nella comunicazione
- ci sarebbe da raccontare come sulla superficie del pentolone si stiano formando aggregazioni di senso imprevedibili, cluster di memi capaci di tessere nuove forme significanti, come isole nei fiumi, luoghi di regolarità nel frattale della pubblica opinione. Non c’è più nessuno (ok, dài, i giornali potrebbero fare molto, se nativamente ripensati) a dirci quali sono gli argomenti importanti, ciò di cui val la pena parlare viene a galla nella Rete.
- e-Government e e-Democracy non vivono nei pensieri, hanno bisogno di ambienti dove poter depositare e far maturare approcci e metodologie, tematiche e partecipazione
- c’è di mezzo un aspetto civico del problema, che mi fa pensare che simili Luoghi di elaborazione del sentimento di appartenenza a una collettività (nel senso di aver-cura), i luoghi riflessivi autopoietici, dovrebbero essere pubblici, ovvero appartenere alla collettività. Come cittadini vogliamo che l’amministrazione pubblica renda disponibili piazze e parchi e biblioteche e spazi sociali per il pubblico dibattito e faciliti la circolazione delle opinioni. Poi le idee possono nascere dappertutto, nei caffè o su Facebook, ma là dentro dovrebbero assumere forma organizzata, orientata esplicitamente a costruire nel tempo l’archivio delle narrazioni autodirette di una comunità. Là dentro il ribollire dei punti di vista, delle consultazioni, potrebbe assumere aspetti concreti di promozione territoriale, come proposizione di linee e politiche d’intervento. L’alambicco che distilla.
Voglio Carosello sulla webtv
Certo, il claim di GoogleTV ci promette che andremo dritti ai nostri canali preferiti. Qualsiasi essi siano. Tenete presente il punto. E quindi la battaglia sarà da parte dei propositori di contenuto quella di riuscire a essere i preferiti più preferiti degli altri, quelle pagine web che riescono a essere in homepage sul televisore.
Anzi, magari riuscire a sapere quali sono le pagine che milioni di persone mettono in home, per le metriche.
Il fatto è che i broadcaster storici non hanno più il potere di mettere raiuno sull’uno, raidue sul due, e canalecinque sul cinque.
Nella mia homepage di GoogleTV, ci metterei un po’ di bei tumblr, per dire.
E ne approfitto anche per fare il discorso contrario: per cosa pagherei? Perché seguo lui e lei e non altri? Ognuno di noi che abita anche qui dentro vede centinaia di fonti e di notizie e di nuclei narrativi, tutto in un sol giorno. E quello che lo colpisce lo riblogga, da cui il suo lifestreaming.
Quindi ecco emergere un personaggio.
Siccome ognuno di noi potrebbe aver la sorte di essere al posto giusto al momento giusto con in mano qualcosa di connesso, ecco l’occasione.
Ognuno in futuro avrà l’occasione di essere il lifestreaming più seguito, per quindici minuti.
Vediamola come un lavoro del futuro, conquistare l’attenzione, riuscire a vendere il proprio stile, la linea. Che possiamo distinguere nella capacità di rendere leggibile la propria idiosincratica isotopia interpretativa degli eventi (l’orizzonte di senso che ognuno proietta sul testo degli accadimenti, il fil rouge che ciascuno di noi tesse vivendo e leggendo il mondo, ciascuno a modo suo, originale e irripetibile) insieme alla capacità di confezionare il messaggio in uscita in un certo modo, spontaneamente o con arte, e risultare chiaro e distinto nel calderone della conversazione. Un giornale, un giornalista, un blogger, gente che parla. Spero sia finita l’epoca del “guardatemi, sono più cinico di un cane”, c’è un mucchio di bella gente in giro che legge molto, metabolizza, ripropone arricchendo del proprio punto di vista.
E anche lo stile, sì, è una posa da uccidere. Più volte. Pugnalarsi. Ma anche questo è uno stile. Come fregarsene dello stile. Insomma, vediamo di trasformare l’agire in fare.
Morte alle auto
Minkia. Gaia Baracetti ha scritto il post che più volte ho pensato di scrivere io.
Un’invettiva appassionata e articolata contro l’automobile.
La forza social dell’organizzazione
Mo’ mi morsico la nuca
V’è il momento in cui anche il pigro ginnico deve saltare. Ha provato a allungarsi, ma non basta più. S’inventa una presa: reggerà? Ogni tentativo cambia il gioco.
Sul testo come edificio lessi qualcosa, chissà dove chissà quando. Testi abitabili, con porte e finestre, e reti tecnologiche (collegamenti materia, energia, informazione… relative interfacce ormai simbiotiche con gli Umani). Ma non penso tanto ai testi che si richiamano, da sempre e per forza, in quanto veicolati dagli stessi supporti (sempre noi, gli Umani), quanto per converso al nostro *fare testo*. Quindi penso più ai collegamenti fatti dalle persone che abitano questi Luoghi testuali, e ne hanno cura: sono loro che portano il senso di qua e di là, tessendo. E il testo è diventato “atto degno di menzione” nell’ecosistema, sia esso un monoblocco lungo un sillogismo o una tragedia one-line o un’opera gigantesca e labirintica e polivocalica. Quindi, son da rendere visibili le tracce del nostro peregrinare nella città dei memi, e aggiungere il senso che produciamo vivendo al senso di ciò in cui ci imbattiamo, interagendo con i testi. Le scie dei punti di vista.[edit: palmasco nel concetto di frattali di contenuto che si riversano, è vicino a questo che ho scritto]
Yess, teatri della memoria, Giulio Camillo. Ma là siamo nella mnemotecnica, e il funzionamento della macchina (l’intero edificio e i percorsi di senso percorribili dall’Umano al centro della struttura) dipende da una combinatoria finita. Qui stiamo parlando di testi-edifici già collegati tra loro, tutto con tutto, e del nostro abitare (muoverci, vivere, fruire, consumare e produrre) che produce ulteriore senso che si aggiunge ed è rintracciabile (ogni tentativo cambia il gioco, dicevo sopra scherzando). Quindi cercavo di uscire da una visione “struttura” per andare verso una percezione del “processo”, come al solito, e quindi pensavo a scie sulla superficie (@bgeorg: ops) come pulci d’acqua nello stagno, toh.
E’ solo un testo che pretende per sé il suo mostrarsi più strutturato, si vuole così, e rientra nel range delle forme di narrazione. Poi se intendi scavare dentro l’Autore, sai che non posso farlo, sono sulla soglia della semiotica. A meno di non volere pertinentizzare come testo oggetto di analisi proprio quel testo dato dalla “personalità dell’autore”. per come essa viene percepita nell’enciclopedia la “rigidità” di quel testo in un luogo di testi fluidi crea contrasto, rigioca lo sfondo-figura, ci mostra particolari sfuggiti, fa sgorgare senso, sì. E possiamo essere benissimo al di là dell’intenzionalità dell’autore, indifferente qui allo scorcio (squarcio) di visione che ci permette di praticare sull’universo del discorso. Siamo qui: stiamo patteggiando tra di noi, qui in questo thread o nel nostro abitare quotidiano nella Grande Conversazione, il modello, la visione dello sfondo, il contesto da cui ben studiati sappiamo dipende sempre il senso enunciato del messaggio. Quando per prove e errori (qualcuno più su diceva “sperimentazioni”) avremo negoziato un concetto stabile (una credenza, sempre ipotetica e fallibile etc.) di come sia fatto lo sfondo (la rete, il rizoma oggi visibile, la città dei memi con metafora urbanistica, la viabilità delle idee, l’ambiente culturale connesso in cui le collettività vivono, la mente fuori di noi e tra noi, l’ecosistema della conoscenza, il bosco delle narrazioni) vedremo emergere modelli maggiormente attagliati, nativi, e non adeguamenti oltre al tuo intenzionale moltiplicare quell’oggetto culturale (bloggandone una recensione o innescando una fanfic), mi viene in mente che potrebbe essere tracciata *la tua relazione* con quell’oggetto cultura, se vuoi porzione di contenuto, se vuoi testo anche conchiuso. Se il dispositivo di lettura tracciasse (e alimentasse flussi in Rete) il tuo ritmo di lettura, le pause, l’eyetracking di cui si parlava, il sonoro ambientale che lo circonda, anche il tuo fare in Rete parallelo, e tutto questo venisse reimmesso nel calderone, potrebbe veder la luce un’opera cangiante, che mentre tu procedi lineare fruendo il testo quest’ultimo si modifica, cambia il capitolo 8 mentre tu sei al 7. Un’opera situazionale, dove il testo è un attore. Pausacaffèdelirio/off, ma quel “tetragono” mi sembrava eccessivo, chi può mai dire c’è l’opera che vive tranquilla in splendida solitudine, standalone. Può rientrare nella conversazione nei nelle recensioni, nelle continuazioni, che diventano magari col tempo dei cotesti (e potrebbero vivere di vita propria, come la letteratura sgorgata dai commentarii medievali, autonoma). E quella progettata e che vive connessa, sul bagnasciuga, con i piedini a mollo nelle onde del mare. Dal mare è nutrita, verso il mare sgocciola. Lo spime qui è dato dalla relazione testo-lettore, per ciascuno idiosincratica, capace però di confluire in certi flussi che poi possano ritornare verso l’opera, modificando il gioco, tracciando il contesto e reimmettendolo.
I media non sono più intelligenti delle persone che li abitano
Piattaforme
Che Facebook sia un salotto e non una piazza, l’abbiam capito. Eppure lì dentro avvengono troppe cose rilevanti. Mozioni civiche, elaborazione opinione pubblica, messa in scena della collettività a sé stessa.
E non mi piace che avvenga là dentro.
Se per ipotesi ci fosse una piattaforma governativa, Piazza Italia etc., dove tessiamo le nostre reti relazionali, amicali e professionali. Dove se vogliamo cazzeggiamo, ma dove possiamo esprimere posizioni a casa nostra, una casa di tutti, e non a casa di qualcuno (che ci guadagna sopra). Posizioni etiche, espressioni di partecipazione alla vita sociale, anche atti linguistici più forti come petizioni o sottoscrizioni con identità certificata.
Che poi cazzeggiare verrebbe sicuramente meglio su altre piattaforme, anche commerciali, che raccolgono iscritti per affinità tematica o geografica.
Ma alcune robe serie no, le voglio pubbliche, aperte, dove tutela massima andrebbe posta nel fatto che nulla venga censurato. Dove vigono leggi, per rispettarsi. Dove Giorgio Jannis è Giorgio Jannis, che abita qui e lì a quell’indirizzo, che dice e fa, e gli altri lo sanno, e le sue parole hanno il peso del cittadino che si esprime.
Ma leggi che tengano conto nativamente che questo è un mondo senza atomi, e nell’immateriale alcune cose cambiano. Le nuove leggi che il mondo dovrà darsi nei prossimi dieci anni, per adeguarsi.
Più volte ho scritto che l”idea stessa di piattaforma mi sembra obsoleta, tutto questo dover concentrare le persone negli stabilimenti, luoghi chiusi. Uno schema di pensiero non più adeguato. E parlavo di tecnologie traccianti, per poter seguire le discussioni e le relazioni interpersonali in modo indifferente alla situazione di enunciazione, ovunque il senso appaia. Perché il mio dire, taggato e contestualizzato, troverebbe pertinenza da sé nelle varie nicchie della Rete, secondo i contenuti veicolati. Apparirebbe negli aggregatori e nelle bacheche giuste, avrebbe gambe per muoversi, vivere.
E come lo Stato arreda una piazza, così dovrebbe provvedere agli spazi sociali pubblici, perlomeno offrire luoghi di conversazione per una comunità che costruisce sé stessa dialogando, nel tempo. Dove poter fare tutti insieme progettazione sociale collaborativa, ottimizzando i territori e i comportamenti delle collettività che li abitano.
Chissà se funzionerebbe.
La gente, i milioni di persone che abitano in Rete, non fa cose facilmente predicibili. Un video o una battuta possono diffondersi in modo esplosivo, per caso, per complessità emergenti dei percorsi, secondo narrazioni mai viste. Cose pianificate e ben finanziate possono naufragare rapidamente in pochi mesi.
Ma di certo la nuvola della conversazione a sfondo civico di una intera nazione (anche oltre i confini geografici, nei linguaggi di chi paga le tasse) non può abitare su un social network privato.
Empowering communities
L’Open Govenrment è un’opportunità concreta di ottenere, attraverso la rete, un’amministrazione più efficiente e una migliore democrazia. Quest’opportunità, però, può essere colta solo a patto di comprendere che il vero cambiamento è fuori dal Palazzo e che la vera innovazione non è nelle tecnologie.

#ebookfest
… devo dirti che è andata bene. Non per l’organizzazione logistica e copertura media (avrei dovuto strimmare parecchio, e niente; però ho 50 giga di video da spammare in giro, ora) resa complicata dall’essere dentro un castello medievale, o spalmati per il borgo. Ma proprio la location ha fatto molto, secondo me, e ha creato un clima eccezionale. Non starò a farti le pippe su grammatica situazionale, contesto e semantica degli spazi, tranqui :) Però puoi immaginare, incontri in piccole stanze arredate strane, atmosfera informale, botta e risposta caldi (pensa ai migliori camp a cui hai assistito), dibattiti che dopo aver personalmente forzatamente chiuso cacciando fuori tutti a calci in culo – sennò i seminari duravano otto ore – vedevo continuare lungo i corridoi e le terrazze panoramiche del castello, nei ciarlieri capannelli di illustri e di sconosciuti. Maragliano chiacchierava con Quadrino, a Quadrino stesso in veste inedita ho fatto intervistare Roncaglia, Guaraldi che rideva forte con Maria Grazia Mattei, la quale mi prendeva in giro per la perizia con la quale le ho collegato il videoproiettore, e una tavola rotonda con Marco Ghezzi e Guaraldi che sembrava un copione di sceneggiata napoletana, per quanto era effervescente, e invece era semplicemente una bella chiacchierata tra persone competenti. E i problemi sul tavolo erano quelli grossi, amazon che arriva, mondadori e rcs che hanno rotto il cazzo, drm una cippa, cultura digitale quasi sempre ben compresa, e non imparaticcia, se non dai soliti tecnosauri prontamente litigati da tutti. Nelle loro stesse parole, nelle parole dei personaggioni, un’ottima occasione di incontro vero tra studiosi e operatori del settore. Un anno di lavoro ci aspetta, a me, Noa Carpignano di BBN, Mario Guaraldi, tutta la crew, e chissà cosa succederà nel frattempo, ma vediamo cosa riusciamo a migliorare per il prossimo anno – a esempio, speriamo che arrivi l’adsl in castello :)

Ebookfest, un bel po’ di gente, gustose chiacchiere
