Archivi autore: Giorgio Jannis
Voglio le webtv
Capire l’ebook, laicarlo scerarlo e spredarlo
Ebook scolastici e pateracchi
Questo è il governo del fare business, nessuna meraviglia.
Ma qualunque imprenditore serio sa che la sua scommessa riguarda il futuro, e le aziende virtuose sono quelle che innovano, quelle che fanno ricerca.
Ma gli imprenditori che abbiamo al governo pensano all’oggi.
I fondi per ricerca, formazione e istruzione vengono inesorabilmente tagliati, viene seriamente compromessa la qualità dell’insegnamento e degli ambienti formativi.
Non solo: le cose pubbliche come la scuola vengono gestite come pretesti per fare affari, intrallazzi poco chiari.
La vicenda che racconta Agostino Quadrino di Garamond in questa nota su Facebook riguarda a esempio il mercato della didattica digitale, degli ebook e dei learning-object, dove curiose amicizie tra Telecom e Mondadori si spiegano alla luce dei 750 milioni di euro che ogni anno le famiglie italiane spendono in editoria scolastica.
La deriva (pilotata) dell’innovazione digitale nella scuola italiana.
Dài, che cade la Pisanu e il prossimo anno bloggo dal bar
Del simulare e del dissimulare
Ma anche qui secondo me il dettaglio forte – il punctum- è la reazione indispettita e quasi rabbiosa del premier quando a una sua domanda di maniera («Che cosa fai nella vita?») la ragazza un po’ ciucca risponde con splendida genuinità: «Faccio marchette, presidente».
E lì, appunto, Silvio s’incazza.
Voleva una risposta qualsiasi, purché fasulla: la musicista, la cavallerizza, l’astronauta. Tutto fuori che l’evidentissima, prevedibilissima, scontatissima verità: se si trovava lì, a 28 anni, bella e disponibile davanti a un ultrasettantenne, era perché nella vita fa le marchette.
Una cosa talmente ovvia da essere del tutto insopportabile per un uomo che ha sempre ricoperto la realtà – e la sua crudezza – sotto una coperta e di cerone, di photoshop, di nylon davanti alle telecamere e di cieli azzurri cartonati. L’uomo che prima del G8 di Genova ha fatto togliere i panni stesi nei caruggi, insopportabile traccia di vita autentica.
L’uomo dell’eterna rappresentazione fasulla messa in scena per gli altri – talmente avvolgente e ripetuta che forse alla fine ci crede anche lui – non può essere messo improvvisamente di fronte alla realtà.
Strano e terribile: perché non mi è mai passato per la mente, per tutto l’inverno, che lei potesse disprezzarmi? Ero convinto al massimo grado del contrario, fino a quell’istante in cui lei mi guardò “con severo stupore”.
(Dostoevskij, La mite)
Ken Robinson: scuola e creatività
Gioventù su Facebook
Le tecnologie nella scuola
Le tecnologie nella scuola: che cosa si dice e che cosa succede davvero
Dai contributi teorici, dalle analisi dei singoli media e dal racconto di esperienze emerge il problema di sempre: le nuove tecnologie cambiano o no il modo di fare scuola? Le risposte a questa domanda nello speciale di Education 2.0 scaricabile in PDF.
La libertà e il sentimento delle masse
Ecco il problema che si pone per la rete: la libertà è indisponibile, non è regolata dal “sentimento delle masse”.
La situazione degli ebook in Italia
Fabio Brivio spiega la forma peculiare che ha assunto il mercato dell’editoria elettronica in Italia.
Su Apogeonline, http://www.apogeonline.com/webzine/2010/10/25/ebook-una-gigantesca-start-up-nazionale
Alt(r)a definizione
Al Corriere hanno le idee confuse.
Maledetta pareidolia
Lovvo laikare
Rapidamente, ma voglio bloggarlo.
Cosa piace ai vostri amici? http://www.friendshuffle.com
E ribadisco come non si tratti solo di un “portare a conoscenza”, qui stiamo condividendo reti di affettività, mood e desideri e sensibilità, dentro una pratica sociale mediata. Ci stiamo sintonizzando tutti gli uni con gli altri, in modo molto più rapido di quanto succedeva un tempo, e ci stiamo sintonizzando anche con la pancia. Mi piace, dice il bottone.
Sul fatto che la testa sappia cosa la pancia sente, misuriamo le distonie della personalità. Degli individui, dei gruppi, delle collettività ampie. E di qualcuno che amorevolmente ci dice “ti voglio bene, caro” mentre fa il gesto dell’ombrello, tendiamo guarda un po’ a dubitare. Quella distanza tra body language e parole pronunciate marca un’incongruenza, lui non se ne rende conto, forse neanche noi, ma ne ricaviamo un’impressione se proviamo a empatizzare, e una simile contraddittoria espressione di sé non viene valutata in termini positivi.
Chi pubblica foto di gattini poi scioglie il proprio dire in lunghe pucciose tirate di amor cortese, oppure è più probabile metta sul profilo un pezzo durissimo di death-metal brutale, con immagini raccappriccianti?
Come rilevare il tono emozionale di una rete sociale, a esempio geograficamente delimitata, oppure di una community tematica? Evasione o impegno, nel tempo, al mutare dell’umore, nella relazione tra il cognitivo e affettivo, con grammatiche raffinate e sottili decodifiche.
E’ possibile sentire il polso di un gruppo sociale mediato, e poi analizzare il detto dal punto di vista dei contenuti, per ricavare una buona fotografia della personalità? e continuare a osservare il processo nel tempo, fare le infografiche del vivere online, per come i sentimenti e le prese di coscienza evolvono, sotto spinta di elaborazioni interne o di riflesso dietro gli accadimenti sociali degni di menzione, fatti di cronaca.
Misurare olisticamente la personalità di una collettività, nella sua comunicazione tutta.
Va da sé, la temperatura non è il calore, la mappa non è il territorio.
Figura e sfondo: il libro e la società connessa
Narrazioni di comunità, visioni condivise, scorci di futuro
- c’è stato un cambiamento nei technoscape, nei paesaggi tecnologici. Abbiamo tutti per le mani strumenti di espressione nuovi, potenti e raffinati, abitiamo in Rete. E’ un momento aurorale, perché stanno nascendo nuovi format, nuove nicchie e flussi dentro l’ecosistema della conoscenza (fino a ieri biblioteche e quotidiani come imperi costruiti sulla carta, sulla pesantezza; seguiva maturazione dell’opinione pubblica lenta, partecipazione limitata, broadcast ineluttabile)
- le collettività producono senso vivendo, e lo mostrano nello specchio della letteratura e nelle arti (come fare riflessivo, guarda un po’), tanto quanto nell’urbanistica, o nei modelli economici praticati, nella progettazione della logistica territoriale, e aggiungiamo le possibilità odierne di mostrare dinamicamente in tempo reale i comportamenti delle persone e dei gruppi tramite georeferenzialità e dispositivi connessi ubiqui… risulta oggi facile e semplice darne rappresentazione mediatica adeguata, di tutte ‘ste cose e flussi di persone e idee. Tutto nutre i mediascape, l’insieme degli atti comunicativi, la nuvola del dire di una comunità
- nei momenti di crisi, conviene avere un serbatoio di possibilità differenti da giocarsi, per meglio adeguarsi al mutato contesto ambientale. Solito parallelo con il dialogo della selezione naturale, e al fatto che siamo tutti mutanti: succedesse qualcosa guarda caso ci sarebbe qualcuno che porta in sé una mutazione fino a quel momento ininfluente, ma che ora potrebbe diventare decisiva per far sopravvivere la specie (sto parlando di sperimentalismo, sì, in ogni settore sociale produttivo e socioculturale, nei format con cui pensiamo e storicamente realizziamo il nostro abitare). Idee per sopravvivere.
- per potenziare l’efficacia di questo auto-pensarsi delle collettività, costruire contenitori di visioni e di progettazioni sociali, Luoghi partecipativi dove tutti possano esprimere la loro percezione e le loro linee direttrici del desiderio rispetto al futuro del territorio, alla qualità del Ben-stare su di esso come collettività in modo consapevole dell’impronta ecologica e dell’ottimizzazione delle risorse (materia energia e informazione, produzione e distribuzione), all’organizzazione sociale, alla costruzione condivisa di Grandi Narrazioni capaci di dare identità alle comunità locali, per come quele emergono dal calderone della Grande Conversazione, sotto cui abbiamo alzato il fuoco (tecnologie connettive) causando un più rapido rimescolarsi dei contenuti, nella comunicazione
- ci sarebbe da raccontare come sulla superficie del pentolone si stiano formando aggregazioni di senso imprevedibili, cluster di memi capaci di tessere nuove forme significanti, come isole nei fiumi, luoghi di regolarità nel frattale della pubblica opinione. Non c’è più nessuno (ok, dài, i giornali potrebbero fare molto, se nativamente ripensati) a dirci quali sono gli argomenti importanti, ciò di cui val la pena parlare viene a galla nella Rete.
- e-Government e e-Democracy non vivono nei pensieri, hanno bisogno di ambienti dove poter depositare e far maturare approcci e metodologie, tematiche e partecipazione
- c’è di mezzo un aspetto civico del problema, che mi fa pensare che simili Luoghi di elaborazione del sentimento di appartenenza a una collettività (nel senso di aver-cura), i luoghi riflessivi autopoietici, dovrebbero essere pubblici, ovvero appartenere alla collettività. Come cittadini vogliamo che l’amministrazione pubblica renda disponibili piazze e parchi e biblioteche e spazi sociali per il pubblico dibattito e faciliti la circolazione delle opinioni. Poi le idee possono nascere dappertutto, nei caffè o su Facebook, ma là dentro dovrebbero assumere forma organizzata, orientata esplicitamente a costruire nel tempo l’archivio delle narrazioni autodirette di una comunità. Là dentro il ribollire dei punti di vista, delle consultazioni, potrebbe assumere aspetti concreti di promozione territoriale, come proposizione di linee e politiche d’intervento. L’alambicco che distilla.
Voglio Carosello sulla webtv
Certo, il claim di GoogleTV ci promette che andremo dritti ai nostri canali preferiti. Qualsiasi essi siano. Tenete presente il punto. E quindi la battaglia sarà da parte dei propositori di contenuto quella di riuscire a essere i preferiti più preferiti degli altri, quelle pagine web che riescono a essere in homepage sul televisore.
Anzi, magari riuscire a sapere quali sono le pagine che milioni di persone mettono in home, per le metriche.
Il fatto è che i broadcaster storici non hanno più il potere di mettere raiuno sull’uno, raidue sul due, e canalecinque sul cinque.
Nella mia homepage di GoogleTV, ci metterei un po’ di bei tumblr, per dire.
E ne approfitto anche per fare il discorso contrario: per cosa pagherei? Perché seguo lui e lei e non altri? Ognuno di noi che abita anche qui dentro vede centinaia di fonti e di notizie e di nuclei narrativi, tutto in un sol giorno. E quello che lo colpisce lo riblogga, da cui il suo lifestreaming.
Quindi ecco emergere un personaggio.
Siccome ognuno di noi potrebbe aver la sorte di essere al posto giusto al momento giusto con in mano qualcosa di connesso, ecco l’occasione.
Ognuno in futuro avrà l’occasione di essere il lifestreaming più seguito, per quindici minuti.
Vediamola come un lavoro del futuro, conquistare l’attenzione, riuscire a vendere il proprio stile, la linea. Che possiamo distinguere nella capacità di rendere leggibile la propria idiosincratica isotopia interpretativa degli eventi (l’orizzonte di senso che ognuno proietta sul testo degli accadimenti, il fil rouge che ciascuno di noi tesse vivendo e leggendo il mondo, ciascuno a modo suo, originale e irripetibile) insieme alla capacità di confezionare il messaggio in uscita in un certo modo, spontaneamente o con arte, e risultare chiaro e distinto nel calderone della conversazione. Un giornale, un giornalista, un blogger, gente che parla. Spero sia finita l’epoca del “guardatemi, sono più cinico di un cane”, c’è un mucchio di bella gente in giro che legge molto, metabolizza, ripropone arricchendo del proprio punto di vista.
E anche lo stile, sì, è una posa da uccidere. Più volte. Pugnalarsi. Ma anche questo è uno stile. Come fregarsene dello stile. Insomma, vediamo di trasformare l’agire in fare.