Archivi autore: Giorgio Jannis
Dall’esterno verso l’interno verso l’esterno
Figura e sfondo – reloaded
Un pezzo lungo, che scrissi tempo fa per un ebook di Datamanager. Ne parlavo qui.
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PA e comunicazione 2.0 – Bergamo
Oggi vado a Bergamo, domani ho una docenza per IDM presso l’Università. Qui trovate il corso specifico, rivolto a amministratori di Enti locali, sindaci assessori e quant’altro.
Comunicazione su web, strumenti per l’ascolto del territorio, e-democracy e e-government, Codice dell’Amministrazione Digitale, backoffice e frontoffice, quelle cose lì.
Qui sotto la presentazione per organizzarmi il preambolo.
Enzo Rullani: territori e valori
Rullani mette in luce alcuni risvolti dell’economia globalizzata, e indica vie da prediligere per comprendere il territorio e la sua collettività, come progetto identitario e conversazione.
Qui una sintesi per punti fatta da Dario Salvelli
- In un economia della conoscenza se tu sei uguale ad un altro non porti un piffero, il tuo valore aggiunto è zero
- Una buona idea che rimane confinata in un ambito ristretto vale poco non diventa una forza trainante, una motrice, una spinta di business. Il valore si crea moltiplicando l’idea.
- Le aziende più o meno se la cavano sempre ma chi rischia con la globalizzazione sono i territori, che non si possono spostare, ed i lavoratori che dovranno giustificare la differenza di reddito con altri mercati, oggi scontata, ma tra 3-4 anni assurda ed indifendibile.
- Dobbiamo avere una diversa economia della conoscenza nelle fabbriche usando in maniera diversa le idee, i significati, il valore che si dà al prodotto che ha valore perchè si inserisce in una filiera che gli dà qualità, moltiplicatori. E’ l’intelligenza che sta nella testa delle persone che conta non nelle macchine.
- Il nostro sistema industriale non ha mai presidiato le filiere, nessuno ha mai controllato e organizzato il valore che c’è a valle delle filiere.
- Il territorio è una delle reti, non il contrario. Il territorio deve dare delle reti importanti locali basati sulla prossimità e l’accesso alle reti grandi e aperte.
- Il territorio è l’identità costruita non quella storica. Bisogna interrogarsi su cosa il territorio vuole diventare. Dobbiamo imparare a raccontare e a raccontarsi: il racconto è fatto di arte, letteratura, di film, esperienze, del creare una città viva, del fare in modo che emergano idee condivise da una popolazione.
- Dobbiamo cominciare a costruire lo spazio metropolitano, lo spazio di quelli che lavorano con noi in idee di mercato e servizi rari, importanti.
- Il territorio non è affidato al Comune, alla Provincia, alla Regione, al federalismo. E’ una idea sbagliata: il territorio è dei cittadini che si muovono nello spazio e vanno a cercare ciò che gli serve.
- E’ l’apertura della Rete delle persone che fa i moltiplicatori.
Social media monitoring, content curation
Qui c’è una presentazione su come organizzare social marketing.
Ora vado a provare tutto, chissà cosa scoprirò.
UPDATE da un thread su Quora, alcune indicazioni di Scoble
There are the paginator approaches:
Flipboard
Paper.li
Instapaper
The Shared Web
LazyScope
There are the algorithmic approaches:
My6Sense
Genieo
Ellerdale Project (will show up in Flipboard next year)
SkyGrid
There are the filtering/sifting approaches:
DataSift
Research.ly
There are the curation approaches:
Pearltrees
Curated.by
Storify
The aggregator approaches:
Techmeme
Google News
Huffington Post
etc etc
Mick Karn R.I.P.
La musica che suono è molto influenzata dal viaggiare, dalle sensazioni che si provano nel vedere posti prima sconosciuti, e queste sensazioni – già così con i Japan – l’impatto visivo con questi nuovi orizzonti è quello che voglio esprimere con la mia musica. E’ di questo che parlo con i musicisti con cui collaboro: dell’atmosfera, del respiro, dell’immagine che mi propongo di rappresentare.
Potrei definire la mia musica, o comunque l’obiettivo che mi propongo, e che in certa misura guida la mia ricerca, come una sorta di visual music, una picture music. Quando provavamo i pezzi per l’ultimo album, Bestial cluster, facevo sentire a Steve a Rick e a David i demo che avevo realizzato; cerco di lasciare la massima libertà ai musicisti, a patto che il loro contributo non si discosti dall’atmosfera che voglio rendere. L’idea di riferimento è pur sempre l’impressione visuale che intendo trasmettere. Devo dire che la tourne sta andando abbastanza bene. In realtà è un po’ strana come tourne: siamo stati in Germania, poi ci siamo fermati per un mese circa, poi in Giappone, e ora siamo qui in Italia e capita spesso che tra le tourne nei vari paesi passi del tempo, cosicché ogni volta che riprendiamo ci vuole qualche giorno prima di ingranare. Sì, lo so, sembra strano da parte di musicisti professionisti, ma è così. D’altronde i pezzi, la musica che suoniamo è complessa, bisogna contare, ricordarsi tutto…
Con Rick e Steve sono ormai vent’anni che suoniamo insieme, siamo come fratelli oramai. Con David c’è stato un feeling immediato quando ci siamo conosciuti, siamo diventati subito molto amici. Anche musicalmente ci troviamo molto bene, infatti collaboriamo volentieri. C’è molto affiatamento tra noi, ci divertiamo molto a suonare.
La collaborazione con Peter Murphy è nata per una coincidenza di intenti: io avrei voluto realizzare un disco interamente strumentale, ma la casa discografica faceva pressione affinché vi fossero dei pezzi cantati; in quel periodo incontrai Peter Murphy che avrebbe voluto cantare e che non era interessato a comporre le musiche. Sembrava essere il binomio perfetto, il progetto Dali’s car avrebbe soddisfatto i desideri di entrambi. Il problema era che non ci conoscevamo come persone, incompatibili; ciò ha reso il lavoro alquanto faticoso, lavorare con Peter è molto difficile, quasi impossibile, e penso che lui pensi lo stesso di me… una questione di caratteri, di personalità che non collimano.
Titles è un disco che ho realizzato in breve tempo, se penso alle lunghe sedute in studio con i Japan… C’eravamo appena sciolti e io volevo realizzare un disco molto spontaneo, ..volevo rompere con quell’accuratissimo modo di concepire la realizzazione di un album.
A Titles seguono Dreams of reason produce monsters e quest’ultimo Bestial cluster.
Un motivo per il quale Bestial cluster è risultato un disco più caldo del precedente Dreams of reason, è il fatto che mi sono avvalso della collaborazione di più musicisti. In effetti, il fatto che lo stesso musicista suoni tutti gli strumenti influisce in modo assai particolare sul risultato finale; non si tratta solo di essere più o meno “caldi”, questo è solo uno dei fattori, non l’unico…
Sono cresciuto ascoltando molto i dischi della Tamla Mowtown, ho anche desiderato scrivere canzoni in quello stile, e ci ho provato ma non fa per me, non me lo sento dentro, anche se mi piacciono molto, ma il mio spirito musicale diverso …non capisco il country-western, non mi dice nulla… Alla radio, quando per caso mi sintonizzo su una di quelle frequenze dove trasmettono quelle interminabili quanto inutili ballate RnB sento un’irresistibile compulsione a cambiar stazione: non sopporto quella loro piattezza, tu sei lì che aspetti che accada qualcosa e invece… niente!
Cerco di prestare un po’ di attenzione al modo in cui la musica verrà ricevuta, cerco con quel tipo al mixer di studiare l’ambiente… quando sono in studio miro a ottenere certe sonorità, lavoro con un’intenzione diversa… “sentire” le persone, questo è suonare live.
Social personal / Scenari digitali 2011
Giorgio Jannis – Social personal
Per evolverci rapidamente
Sono decenni che ci prendono in giro. Ci han fatto pagare dei pc assemblati delle cifre folli, e dopo un anno lo stesso computer costava la metà. Hanno pronti dispositivi più performanti, schermi migliori, memorie più capienti da anni e anni, e tengono queste cose in magazzino; sgranano nel marketing certe millantate novità tecnologiche che avrebbero potuto vedere la luce anni fa, c’è tutta una filiera che deve arricchirsi, e quindi centellinano i prodotti, per monetizzare al massimo il nostro voler possedere dispositivi. Aggeggi di elettronica che a prodursi costano un ventesimo del prezzo di vendita attuale, le cui spese per ricerca sono state abbondantemente ammortizzate.
Un pad o un notebook dovrebbero costare 150 euro, un netbook o un tab 100, uno smartphone touch 80 euro, un ebookreader 50 euro. Fattibilissimo.
Ne venderebbero miliardi di questi dispositivi, le aziende di hardware sarebbero comunque ricche uguale.
Ma loro vogliono fare i soldi subito, vendendoti una scatoletta. Mentre il business dovrebbe piuttosto essere orientato al software, a progettare produrre distribuire oggetti culturali e applicativi di fruizione, e questi sarebbero i servizi per cui le persone pagherebbero volentieri.
E noi tutti vivremmo dentro un tsunami culturale meraviglioso, sostenuto da dispositivi elettronici ubiqui e economici, e con facilità moltiplicheremmo le fonti da cui imparare e i luoghi su cui esprimerci.
Lolita, massmedia, società
Pettino i flussi, ascolto territori, semino conversazioni
Gestire le città
via Downloadblog
Esperienze immersive di lettura (e non distrarsi)
Alla domanda “se la tecnologia dell’ebook è tanto simile al Web, perché usarla in modo così depotenziato?” la replica è persino troppo ovvia: se il Web è il mezzo adatto per realizzare il genere narrativo del futuro, perché hai bisogno degli ebook (e degli editori) per iniziare a narrare storie in modo nuovo?
ps. tutti i refusi qui dentro sono per non farvi distrarre, vadasé.
Migrazioni di massa
C’è gente che fanno social
C’è gente che fanno social spedendosi centinaia di sms nei sottopancia delle tv locali. Centinaia di “TVB”, “mandatelooo!!!”, “il digitale non prende e mi mankate un kasino”.
Che dire, lovvo.
DireFare a Pordenone: visioni di comunità
DirefarePn.it, giovedì cominciano gli eventi