Archivi autore: Giorgio Jannis

Klout, narrativizzare la reputazione

Cliccate sull’immagine. Questa matrice l’ho trovata su Klout, serve per comprendere lo stile del nostro abitare in Rete, secondo il tipo e la qualità del nostro produrre e distribuire informazione.
O meglio, Klout si presenta come un servizio web per tracciare la nostra influenza online, e di converso può restituirci una rappresentazione della nostra reputazione digitale.
Come più volte ho fatto su questo blog, sto utilizzando materiali semi-lavorati prodotti da aziende o professionisti per trarne spunti, per ricavarne grammatiche della Cultura digitale e dell’abitare in Rete. 
Klout ci attribuisce un punteggio secondo la nostra capacità di essere opinion leader e buoni divulgatori, permette di effettuare comparazioni con altri utenti (ma non è strumento social, manca l’aspetto dei follower, non divento “amico” di nessuno), organizza automaticamente per tematiche gli argomenti più spesso presenti nel nostro lifestreaming, misura la reputazione valutando l’influenza che abbiamo dentro le nostre cerchie sociali, ricavando indicazioni dai like e dai retwitt che facciamo dentro Facebook e Twitter.
La griglia qui sopra, da intendere come una rappresentazione dei ruoli attanziali che ognuno di noi poi riveste attorialmente nell’economia della narrazione, intende connotare qualitativamente il nostro inoltrare link e informazioni riconducendo il nostro comportamento (il nostro “fare” online) a precisi assi dimensionali, quattro per la precisione, in grado di far esprimere valutazioni sul tipo dei contenuti che solitamente pubblichiamo e che poi vengono ripresi nelle nostre cerchie sociali.
Ho quindi, se proprio vogliamo, una morfologia degli elementi significativi (l’organizzazione secondo le quattro dimensioni del mio dire), una sintassi costituita dalla capacità (viralità, spreadability e drillability, format micronarrativi) degli elementi di tessere reti di passaparola e di connettere tematiche, una sematica (narrativizzabile con la figurazione del ruolo discorsivo) data dalle posizioni attoriali che assumo in quanto “mediattore” e dalla reputazione che emerge come riferita alla mia persona.
Se vogliamo tutta la pragmatica della comunicazione (gli effetti concreti del mio dire nel mondo, sugli altri) è riconducibile a quel termine, “influenza” o “influenzare”, che per l’appunto troviamo ovunque sul sito Klout, come concetto chiave della loro narrazione.
Gli assi valoriali con cui viene misurato il mio lifestreaming attribuendogli così uno stile riguardano 
  • il mio essere piuttosto partecipante rispetto al solo “ascoltare” la conversazione (coinvolgimento)
  • la mia creatività nel produrre oggetti informazionali originali contrapposta al semplice linkare e re-inoltrare contenuti di altri
  • la quantità e frequenza del mio confezionare e “spammare” informazione
  • la focalizzazione dei contenuti di cui sono solito trattare (ipersettoriale vs. a ampio spettro)
Chiaramente qui l’Oggetto di Valore della narrazione è dato per ognuno di noi dall’acquisire Reputazione, quindi come Eroi della storia dovremmo stabilire delle strategie d’azione per moltiplicare la nostra influenza in Rete, nelle conversazioni sui social.
Quali sono le competenze cognitive di cui abbisogniamo per intraprendere il nostro programma narrativo? Dato per scontato il nostro voler-fare (se siamo innescati come attori dal nostro voler possedere l’Oggetto di Valore, la Reputazione), vi sono forse delle lacune nel nostro saper-fare, che ci impediscono un poter-fare efficace? Padroneggiamo gli strumenti che ci permettono di acquisire maggiore influenza nelle nostre cerchie sociali?
Saper dar gambe alla nostra voce, saper farla risuonare negli ambienti sociali, saper raggiungere altri opinion leader che facciano per noi da cassa di risonanza, saper utilizzare strumenti di curation per meglio selezionare aggregare reimpaginare ripubblicare informazioni, saper decodificare le nicchie ecologiche della Rete, saper confezionare il discorso e saperlo pronunciare, saper reintrodurre nella progettazione del nostro abitare i feedback che la Rete stessa ci offre, come con Klout e con gli strumenti che mostrano mappe e diagrammi di flusso e rappresentazioni grafiche del nostro lifestreaming, e di come questo si propaghi nelle cerchie sociali.

Visualizzare l’apprendimento

Indicazioni per insegnanti, e per quelli che amano visualizzare dati e flussi di progettazione.

Un applicativo di questo tipo sui tablet (TUTTI gli studenti devono avere in tasca uno schermo da 7′) costituisce uno strumento necessario nell’apprendimento, sia per potenziare l’approccio grafico alla rappresentazione della Conoscenza, sia per la redazione di diagrammi di flusso, mappe concettuali, alberi di contenuto.

In questo caso l’articolo linkato si riferisce a iDesk per iPAd, un’app che costa 4 euro, ce ne sarano molte altre. Ma il concetto in quanto tipo di strumento c’è.

Su blog.panorama.it, la recensione di iDeck per iPad

Web e Pubblica Amministrazione 2° – Licôf

La seconda puntata pubblicata sulla Patrie dal Friûl, dedicata alla webrevolution e alle Pubbliche Amministrazioni.

Web e Pubblica Amministrazione

Seconda puntata (qui la prima parte)
Il Decreto Legge 82 del 2005, il primo CAD Codice dell’Amministrazione Digitale della legislazione italiana, benché pubblicato solo sei anni fa già mostrava alcuni segni di inadeguatezza nelle soluzioni indicate riguardo l’utilizzo degli strumenti informatici e nelle migliorìe da introdurre nelle procedure interne delle amministrazioni. Le novità apportate dall’internet moderna (il cosiddetto web 2.0) nella gestione dei flussi documentali e in generale nelle possibilità comunicative di Istituzioni e singoli cittadini imponevano una revisione concreta delle pratiche d’ufficio (smaterializzazione, ovvero produzione e distribuzione di documenti ufficiali in formato digitale e non più cartaceo), insieme a una serie di incentivi e sanzioni affinché le Pubbliche Amministrazioni recepissero rapidamente le “rivoluzioni” contenute nella Riforma Brunetta, centrata sulla trasparenza e sulla sburocratizzazione.
Così, nel 2010 hanno visto la luce sia le nuove Linee Guida per la qualità della Comunicazione pubblica delle Pubbliche Amministrazioni, nonché la promulgazione del nuovo CAD (D.L. 235/2010) quale pilastro fondamentale della riforma Brunetta, quadro normativo e attuativo aggiornato all’evoluzione tecnologica che ha interessato Internet negli ultimissimi anni.
Il Codice è in vigore dal 25 gennaio di quest’anno, e prevede una progressiva ri-organizzazione interna degli uffici al fine di rendere prassi quotidiana quanto previsto dalle nuove norme.
Entro tre mesi le Pubbliche Amministrazioni utilizzeranno soltanto la Posta Elettronica Certificata (Pec) per tutte le comunicazioni che richiedono una ricevuta di consegna ai soggetti che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo; entro quattro mesi le amministrazioni individueranno un unico ufficio responsabile dell’attività di comunicazione telematica. In sei mesi le Pubbliche Amministrazioni centrali pubblicheranno obbligatoriamente i bandi di concorso sui propri siti istituzionali, e di qui a un anno saranno emanate le regole tecniche che consentiranno di dare piena validità alle copie cartacee e soprattutto a quelle digitali dei documenti informatici, dando così piena effettività al processo di dematerializzazione dei documenti della PA.
Come cittadini d’ora in avanti forniremo una sola volta i nostri dati alla Pubblica amministrazione: sarà onere Enti locali in possesso di tali dati assicurare, tramite convenzioni, l’accessibilità delle informazioni alle altre amministrazioni richiedenti.
Sulla carta, il Formez e le commissioni ministeriali hanno fatto un buon lavoro: sono ben trattati i temi della usabilità, dell’accessibilità, le metodologie e gli strumenti per la progettazione razionale e efficace dei Luoghi web della Pubblica Amministrazione, vengono messe in primo piano le tematiche della qualità della comunicazione (trasparenza, visibilità dei contenuti, policy), viene sottolineata l’importanza dei formati aperti e vengono delineati alcuni criteri per sollecitare l’espressione della valutazione del servizio da parte degli utenti.
In realtà anche le iniziative legislative precedentemente nominate erano perfettamente centrate e aggiornate sulla necessità di fornire al cittadino, in ottica e-government, una praticabilità netta e senza ombre di quanto le PA devono per legge produrre e pubblicare. E giustamente, il cittadino era ed è sempre posto al centro del processo comunicativo. Ma in Italia il problema, lo sappiamo, non è certo fare delle leggi, che anzi proliferano senza sosta. Il problema è nella loro applicazione.
Ruotare il proprio fare in direzione della pubblicazione e della conversazione imporrà grossi mutamenti alle Pubbliche Amministrazioni, a certe prassi magari decennali di funzionamento interno dell’organizzazione lavorativa. Il “semplice” utilizzo della posta elettronica potrebbe essere esplosivo, in un sistema della comunicazione ancora basato sul libro del protocollo, dove le singole mail vanno ancora stampate per poter essere archiviate secondo i crismi ottocenteschi dell’ufficialità. E non credo siano pochi i dirigenti e i funzionari pubblici che si fanno tuttora stampare le mail dalla segretaria per la lettura. Una gestione seria degli strumenti e delle nuove procedure previste dal nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale negli Enti locali e nelle scuole costringerà le vecchie procedure d’ufficio a torcersi fino a spezzarsi, a meno che qualcuno abbia il coraggio di riprendere in considerazione tutti i flussi documentali e ottimizzarli secondo nuove priorità, date dalla comprensione del nuovo habitat digitale in cui oggi noi tutti viviamo.

SECONDE PONTADE

Il Decret leç 82 dal 2005, il prin CAD – vâl a dî Codiç de Aministrazion Digjitâl de legjislazion taliane-, a ben che publicât dome sîs agns indaûr al mostrave za cierts segns di inadeguatece intes soluzions indicadis in mert al ûs dai struments informatics e intai mioraments di introdusi intes proceduris internis des aministrazions. Lis novitâts puartadis dal internet moderni (chel che i disin “web 2.0″) inte gjestion dai flus documentâi e in gjenerâl intes pussibilitâts comunicativis di Istituzions e citadins singui, a imponevin une revision concrete des pratichis di ufici (smaterializazion, o sedi produzion e distribuzion di documents uficiâi in formât digjitâl e no plui in cjarte), insiemi a une serie di incentîfs e sanzions par che lis aministrazions publichis a recepissin in curt lis “rivoluzions” contignudis inte Riforme Brunetta, centrade su la trasparence e su la disburocratizazion.

LA RIFORME BRUNETTA_ Cussì, intal 2010 a àn viodût la lûs sedi lis gnovis Liniis Vuide pe cualitât de Comunicazion publiche des aministrazions publichis, sedi la promulgazion dal gnûf CAD (D.L. 235/2010) tant che pilastri fondamentâl de riforme Brunetta, cuadri normatîf e atuatîf inzornât ae evoluzion tecnologjiche che e à interessât Internet intai ultins agns.

Il Codiç al è in vore dai 25 di Zenâr di chest an, e al previôt une progressive riorganizazion al interni dai uficis par fâ deventâ prassi cuotidiane ce che al jere previodût des gnovis normis.

Dentri di trê mês, lis aministrazions publichis a dopraran dome la Pueste Eletroniche Certificade (Pec) par dutis lis comunicazions che a domandin une ricevude di consegne ai sogjets che a àn declarât in maniere preventive la proprie direzion; dentri di cuatri mês, lis aministrazions a individuaran un sôl ufici responsabil de ativitât di comunicazion telematiche. In sîs mês, lis aministrazions publichis centrâls a publicaran in maniere obligatorie i bants di concors sui propris sîts istituzionâi, e di chi a un an a saran emanadis lis regulis tecnichis che a permetaran di dâ plene validitât aes copiis in cjarte e soredut a chês digjitâls dai documents informatics, dant cussì plene efetivitât al procès di dematerializazion dai documents de PA.

Tant che citadins, di cumò indenant o furnirìn une sole volte i nestris dâts ae aministrazion publiche: e sarà cjame dai Ents locâi in possès di chescj dâts sigurâ, midiant convenzions, la acessibilitât des informazions a chês altris aministrazions che a domandin.

IN TEORIE E IN PRATICHE_ Su la cjarte, il Formez e lis comissions ministeriâls a àn fat un bon lavôr: a son tratâts ben i temis de usabilitât, de acessibilitât, lis metodologjiis e i struments pe progjetazion razionâl e zovevule dai Lûcs web de aministrazion publiche; a vegnin metudis in prin plan lis tematichis de cualitât de comunicazion (trasparence, visibilitât dai contignûts, policy), e je sotlineade la impuartance dai formâts vierts e a vegnin delineâts cierts criteris par solecitâ la espression de valutazion dal servizi de bande dai utents.

In realtât, ancje lis iniziativis legjislativis nomenadis a jerin centradis dal dut e inzornadis su la dibisugne di furnî al citadin, in otiche e-government, une praticabilitât nete e cence ombris di cetant che lis PA a àn par leç di produsi e di publicâ. E in maniere juste, il citadin al jere e al è metût simpri al centri dal procès comunicatîf. Ma in Italie il probleme, lu savìn, nol è ciert fâ lis leçs, che anzit a proliferin cence fermade. Il probleme al è inte lôr aplicazion.

Zirâ il propri fâ in direzion de publicazion e de conversazion al imponarà grues mudaments aes aministrazions publichis, a ciertis prassis magari decenâls di funzionament interni de organizazion di vore. Il “sempliç” ûs de pueste eletroniche al podarès jessi esplosîf, intun sisteme de comunicazion ancjemò basât sul libri dal protocol, dulà che i singui messaçs di pueste eletroniche a àn ancjemò di jessi stampâts par podê jessi archiviâts daûr i crismis de uficialitât dal Votcent. E no crôt che a sedin pôcs i dirigjents e i funzionaris publics che, ore presint, si fasin stampâ i messaçs di pueste eletroniche de segretarie pe leture. Une gjestion serie dai struments e des gnovis proceduris previodudis dal gnûf Codiç de Aministrazion Digjitâl intai Ents locâi e intes scuelis al oblearà lis vecjis proceduris di ufici a stuarzisi fin a crevâsi, a mancul che cualchidun al vedi il cûr di tornâ a cjapâ in considerazion ducj i flus documentâi e otimizâju daûr lis gnovis prioritâts, dadis de comprension dal gnûf habitat digjitâl là che vuê ducj noaltris o vivìn.

Giorgio Jannis

GIOVANIFVG.IT – convegno e workshop a Udine

Domani c’è un convegno alla Fiera di Udine, organizzato dalla Provincia e dalla Regione FVG, per parlare di Cultura digitale, di politiche giovanili, per rilanciare il portale regionale giovanifvg.it.

Trovate qualche informazione su questa pagina, qui e qui il pdf della brochure d’invito (o cliccate sulle immagini sotto).
A me toccherà tenere il discorso iniziale (“Abitare in Rete. Luoghi e narrazioni, socialità e partecipazione delle comunità tecnoterritoriali”) e tirare le fila della giornata, con un breve intervento riassuntivo finale. 
Tratteggerò le caratteristiche del cambiamento culturale indotto dalle ormai-non-più-tanto-nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, proverò a raccontare le nuove forme della socialità digitale, cercando di tener fermo il cardine del discorso sulle nuove potenzialità comunicative offerte dal web ai territori e alle collettività che li abitano.
Si tratta di mostrare a assessori e responsabili delle politiche giovanili regionali le strade già oggi percorribili di un diverso approccio alla progettazione sociale, dove nel costruire ambienti e strumenti e iniziative locali sia possibile tenere da subito in considerazione i comportamenti mediatici delle nuove generazioni, per favorire l’emergere delle dimensioni partecipative offerte dalla Rete e per praticare forme concrete di Cittadinanza digitale.
A seguire, robe di breakdance, video, pittura, spettacoli. Poi Alessio Bertallot al parco del Cormor. Ci vediamo là.

 

PRESI NELLA RETE: COME FAR CENTRO NELLA COMUNICAZIONE

di SABATO 28 MAGGIO 2011
a partire dalle ore 14.30
presso il Centro “Città Fiera” di Torreano di Martignacco – Udine

Sembra talco ma…

Ieri parlavo di RedRonnie e dell’effettopisapia – non dimenticate la figlia di Red, mi raccomando, mentre disquisite di suicidio mediatico al baretto: seminate negli astanti l’idea che Gemma del Sud sia stata la spin doctor dell’intera rappresentazione.

Oggi la Rete narra di #Sucate. E’ tutta fibrillazione qui, #primaverarevolution. Ok, la fuffa stufa, il virale annoia rapidamente. Ma non mi importa. Nemmeno se poi modifica o no le cose o rimane giochino, m’importa.

Lo apprezzo per come è, una via creativa di quelle da sottofondi del web che leggiamo da anni dentro i forum sperduti nelle periferie, scintille di lolz che poi esondano in centro, parole come orghl che bucano strati di realtà e cerchie sociali e finiscono nei titoli dei giornali, svelamento surreale di meccanismi di comunicazione e crisi professionale dello stagista poveraccio della Moratti.

E un esperimento sulla travasabilità, quindi, sull’osmosi tra Luoghi della Rete, di uno stesso sentimento che per un attimo è vissuto sulla punta delle dita di centinaia di migliaia di persone. La fase centrifuga di decine di riferimenti culturali pop storicamente italiani, rimescolati con nuove sensibilità.

Sono le pratiche sperimentali delle comunità che trovano forme narrative adeguate, ombrelli sotto cui possono ripararsi e aggregarsi brandelli sparsi di discorso, calamite sotto il foglio che riallineano la limatura di ferro, donando figurazione, rendendo visibile il campo e le linee.

E tutto questo non serve per il presente, serve per il futuro. Serve a ciascuno di noi per guardare un po’ più lontano, per darci sicurezza sulla solidità del terreno su cui ci stiamo incamminando, nel mostrarci le possibilità anche giocose con cui possono avvenire i cambiamenti. E’ un genere letterario su cui possiamo eventualmente poggiare, nel caso domani le circostanze lo richiedessero. E’ un modo nuovo di dire la realtà, è uno stile dell’abitare, mai prima esperito da essere umano, questo che oggi abbiamo scoperto e guardato fiorire.

La “parentesi Gutenberg”

La rivoluzione digitale è letteralmente una rivoluzione: nel senso che non ci porta in un tempo futuro, ma ci riporta al passato, a prima della stampa e del primato del libro come supporto di verità. L’ era della stampa quindi non sarebbe altro che una parentesi, la ‘’parentesi Gutenberg’’ – Lo sostiene un professore di letteratura inglese della University of Southern Denmark – ”Ora che la parentesi è chiusa, i giornali dovranno farsi in qualche modo  un nuovo  posto in questo caos comunicazionale dove è difficile decidere sul livello, lo statuto, il valore del messaggio solo in base alla sua semplice forma. L’ essere stampato non è più una garanzia di verità. E il discorso orale non è più sinonimo di errore. I giornali e la stampa dovranno trovare altri segnali, un altro cammino in mezzo a tutto ciò’’ – Quello che forse, osserva Internetactu.fr, facciamo già riscoprendo una soluzione arcaica: non è il supporto che assicura fiducia, ma l’ interlocutore, colui che ‘’parla’’.

Un articolo su LSDI, un’intervista e riflessioni sparse sulle nuove qualità dell’ecosistema della conoscenza odierno.

Reputescion

Ne parlo, perché si tratta di esempio paradigmatico. Da farne una categoria del blog, chiamarla “Figurine” e dedicarla agli sfacciamenti e alla perdita di reputazione di personaggi vari, quando questi non sapendosi comportare in Rete fanno una mossa sbagliata e arrivano migliaia di persone a sbeffeggiarli.
Di che farne uno studio di caso, confezionarlo e raccontarlo a scuola, nelle ore di educazione civica.
Il caso è quello di Red Ronnie, trovate sul Corriere o chiedete in giro. 
Tutto parte da una videointervista di Red Ronnie alla Moratti, dove parlano di Pisapia e di San Patrignano in modo risibile, sembra di ascoltare i discorsi superficiali che le persone intrattengono davanti al banco dei formaggi, per riempire il tempo dopo aver confrontato il numeretto. Banalità, affermazioni gratuite, attacchi plebei, nulla di fattuale e concreto. Chiacchiera, nient’altro, per di più lesiva della reputazione dell’avversario.
Qualcuno in Rete fa notare queste cose a Red Ronnie, il quale peraltro è consulente per la comunicazione del Comune di Milano: sulla sua pagina Facebook cominciano a fiorire decine e centinaia di messaggi, qualcuno garbato altri piuttosto diretti, e Redronnie cosa fa? Cancella i commenti. Ahia.
E’ come dire “non vi permetto di dire che ho sbagliato”, non è bello. Potresti restare sulla tua, dichiarare la tua versione dei fatti e restarci vicino, e basta. Lasciare che chi vuole sfogarsi lo faccia, poi la cosa si annacqua e sparisce. Ma cancellare commenti in quel caso è la mossa peggiore.
Perché a quel punto se prima erano centinaia le persone che venivano a pettinarti contropelo, ora diventano migliaia. E non solo vengono a dirti che i contenuti da te espressi sono opinabili (e di tutti i contenuti si può sempre opinare) ma vengono a dirti che non sai fare il tuo lavoro, perché non hai capito come funziona la comunicazione qui in rete. 
La coloritura giocosa e effervescente che ultimamente ha preso la Rete italiana (da Spinoza a Makkox, dagli instant-photoshop di Isola Virtuale ai virali come le stesse #morattiquotes su twitter di qualche giorno fa) per fortuna riesce a bacchettare sorridendo, visto che il muro facebook di RedRonnie è al momento pieno di riferimenti ironici a Pisapia.
Qualsiasi cosa RedRonnie farà in futuro, arriverà qualcuno a commentarla in Rete, e gli dirà “però, birbone, non cancellare i commenti come l’altra volta”, che figata.
L’ambaradan storificato qui.

Di cosa abbiamo bisogno

«I giovani sono in via di estinzione. Negli ultimi 10 anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini di età compresa tra i 15 e i 34 anni».

…. «Sono una merce rara», ha aggiunto Roma, spiegando che i dati italiani sono i peggiori insieme a quelli tedeschi. In contrapposizione – ha aggiunto – nello stesso periodo sono invece aumentati di 1 milione 896 mila unità gli italiani over 65». Corriere della Sera 

Come la facciamo la internet per gli anzyani? Novecentesca?

Balletti situazionali dentro i social

C’è un candidato alla carica di Sindaco in una città del nordest che dichiara in pubblico di non essere credente, qualcun altro della parte avversa monta in video un confronto tra quella asserzione e le sue info su Facebook, dove invece il candidato si dichiara cattolico. Poi ovviamente si continua, le campagne elettorali sono calde, si arriva a insinuare che il candidato non conosca la coerenza, sia opportunista nell’adeguarsi ai diversi contesti.

Il video a sua volta circola su FB, e lì la riga di commenti, e gli argomenti spaziano dall’esistenza di Dio alle politiche di innovazione all’importanza dell’essere onesti su Facebook (?) al metteteci voi quel volete, avete presente, in un thread ovunque esso sia, fosse un forum dieci anni fa o una riga di commenti su un social, si può sempre arrivare a parlare di qualsiasi cosa partendo da un argomento random.

Emergono visioni. Contano molto le cose che scrivi su facebook, la gente ti va a vedere e poi si ritiene ingannata, a esempio. Oppure ci sono quelli che provano a avere uno sguardo sempre un po’ consapevole sulla discussione stessa, e cercano continuamente di riportare in carreggiata il discorso. Pochezza e fastidio, ben disseminate. 

Eppure quella è una discussione politica, colta nel momento in cui i partecipanti all’evento comunicativo rivendicano per le posizioni espresse dai propri argomenti una liceità a essere prese in considerazione come proposte effettive in una dimensione civica, come linee programmatiche, come espressione di un sentire collettivo.

O meglio, qui siamo dove un io pronuncia “noi” per aderire proprio a una linea.

In questa situazione c’è un moto verso l’esterno, un espandersi. La morale di un personaggio s’ingigantisce nelle sue parole, i termini vengono generalizzati, e subito quella morale diventa un’etica.

Immaginate il tipo che parla a voce alta al bancone del bar: quella è la dimensione minima della comunicazione politica. Due che parlano in pubblico, è già sufficiente. Lì vengono esposte prese di posizione rispetto alle tematiche, lì per la prima volta rispondendo a qualcuno affermiamo qualcosa che poi ci connoterà per gli altri e ai nostri stessi occhi; lì nel palcoscenico dell’informazione e della relazione troviamo conferme oppure le novità che nutriranno le nostre idee, le nostre credenze, i nostri atteggiamenti.

Questo succede da sempre. Ci sono sempre i capannelli di persone che chiacchierano nelle piazze di tutto il mondo. Dentro un gigantesco meccanismo planetario (con tempi di funzionamento pluriennali, fino a ieri) di elaborazione dell’opinione pubblica le posizioni individuali di quel personaggio al bar o di quei capannelli convergeranno dentro una retorica pubblica già organizzata secondo consorterie e linee di discorso storiche, quegli elenchi di cose di cui parliamo da sempre, come Dio Anima Mondo e il culo delle donne e degli uomini. 

C’è tutto un rimescolio dentro il calderone della socialità.

Che adesso vediamo, possiamo osservare, porre dinanzi a noi come oggetto di analisi. Nella parole scritte sullo schermo, che hanno diverso impatto rispetto a quelle pronunciate in presenza (non c’è memoria) oppure scritte sulla carta (lentezza della discussione). Esponiamo i visceri della pubblica conversazione, dove sta ancora avvenendo l’assimilazione delle informazioni e delle opinioni, dove le idee germinano e cominciano a scorrere nel flusso della socialità.

Facebook è un social. Lì dentro (purtroppo è FB, ce ne vorrebbe un altro migliore, ma al momento siamo lì) la gente si esprime normalmente. Fate i distinguo, ma rimane che quelle discussioni nei bar e nei salotti che da sempre accompagnano la specie umana diventano visibili. Avevamo sempre potuto guardare soltanto la chioma degli alberi, ora possiamo scrutare anche nel sottobosco. Oppure gorghi, vortici su uno specchio d’acqua continuamente rimescolata, l’insieme delle conversazioni, l’attrazione.

Molti dicono appunto “la pancia”, per dire che forse questo osservare il farsi non è di qualità, molto meglio aspettare che dal pentolone affiorino configurazioni di discorso più strutturate, riconoscibili, quelle che poi diventano l’opinione pubblica in quanto ufficialmente versione narrata dai media.

Ma lì, in una discussione al bar o nei commenti di un video su Facebook, c’è la scintilla del cambiamento, lì costruiamo noi stessi, ci esprimiamo, siamo e diamo voce e inneschiamo azioni.

Poco da dire: questo osservare i momenti aurorali di una situazione comunicativa interpersonale, l’allestimento dei ruoli, le rispettive posture, le strategie linguistiche, le scelte lessicali, la stilistica del discorso social, mi rapisce sempre.

Borborigmi gruppali

C’è un candidato alla carica di Sindaco in una città del nordest che dichiara in pubblico di non essere credente, qualcun altro della parte avversa monta in video un confronto tra quella asserzione e le sue info su Facebook, dove invece il candidato si dichiara cattolico. E’ ovvio, le campagne elettorali sono calde, si arriva a insinuare che il candidato non conosca la coerenza, sia opportunista nell’adeguarsi ai diversi contesti.

Il video a sua volta circola su FB, e lì partono i commenti, e gli argomenti spaziano dall’esistenza di Dio alle politiche di innovazione all’importanza dell’essere onesti su Facebook (?) al metteteci voi quel volete, avete presente, in un thread ovunque esso sia, fosse un forum dieci anni fa o una riga di commenti su un social, si può sempre arrivare a parlare di qualsiasi cosa partendo da un argomento random.

Emergono visioni. Contano molto le cose che scrivi su facebook, dicono, la gente ti va a vedere e poi si ritiene ingannata, a esempio. Oppure ci sono quelli che provano a avere uno sguardo sempre un po’ consapevole sulla discussione stessa, e cercano continuamente di riportare in carreggiata il discorso. Il paciere, il provocatore, quelli che puntualizzano, quello che non capisce ma si adegua. Pochezza e fastidio, ben disseminate.

Eppure quella è una discussione politica, colta nel momento in cui i partecipanti all’evento comunicativo rivendicano per le posizioni espresse dai propri argomenti una liceità a essere prese in considerazione come proposte effettive in una dimensione civica, come linee programmatiche, come espressione di un sentire collettivo.

O meglio, qui siamo dove un io pronuncia “noi” per aderire proprio a una linea riconoscibile.

In questa situazione c’è un moto verso l’esterno, un espandersi. La morale di un personaggio s’ingigantisce nelle sue parole, i termini vengono generalizzati, e subito quella morale diventa un’etica.

Immaginate il tipo che parla a voce alta al bancone del bar: quella è la dimensione minima della comunicazione politica. Due che parlano in pubblico, è già sufficiente. Lì vengono esposte prese di posizione rispetto alle tematiche, lì per la prima volta rispondendo a qualcuno affermiamo qualcosa che poi ci connoterà per gli altri e ai nostri stessi occhi, lì nell’esposizione all’informazione e alla relazione troviamo conferme oppure le novità che nutriranno le nostre idee, le nostre credenze.

Questo succede da sempre. Ci sono i capannelli di persone che da quindicimila anni chiacchierano nelle piazze di tutto il mondo; dentro un gigantesco meccanismo planetario (con tempi di funzionamento decennali, fino a ieri) di elaborazione dell’opinione pubblica le posizioni individuali di quel personaggio al bar o di quei capannelli convergeranno dentro una retorica pubblica già organizzata secondo consorterie e linee di discorso storiche, quegli elenchi di cose di cui parliamo da sempre, come Dio Anima Mondo e il culo delle donne e degli uomini (che rientra in Mondo, ma in realtà è una categoria dello Spirito).

C’è tutto un rimescolio dentro il calderone della socialità.

Che adesso vediamo, possiamo osservare, porre dinanzi a noi come oggetto di analisi. Nella parole scritte sullo schermo, che hanno diverso impatto rispetto a quelle pronunciate in presenza (non c’è memoria) oppure scritte sulla carta (lentezza della discussione). Esponiamo i visceri della pubblica conversazione, dove sta ancora avvenendo l’assimilazione delle informazioni e delle opinioni, dove le idee cominciano a scorrere nel flusso della socialità.

Facebook è un social. Lì dentro (purtroppo è FB, ce ne vorrebbe un altro migliore, ma al momento siamo lì) la gente si esprime normalmente. Tutte quelle discussioni nei bar e nei salotti che da sempre accompagnano la specie umana diventano visibili. Avevamo sempre potuto guardare soltanto la chioma degli alberi, ora possiamo scrutare anche nel sottobosco. Oppure gorghi, vortici su uno specchio d’acqua continuamente rimescolata, l’insieme delle conversazioni, l’attrazione.

Molti dicono appunto “la pancia”, per dire che forse questo osservare il farsi non è di qualità, molto meglio aspettare che dal pentolone affiorino configurazioni di discorso più strutturate, riconoscibili, quelle che poi diventano l’opinione pubblica in quanto ufficialmente versione narrata dai media.

Ma lì, in una discussione al bar o nei commenti di un video su Facebook, c’è la scintilla del cambiamento, lì costruiamo noi stessi, ci esprimiamo, siamo e diamo voce e inneschiamo azioni.

Poco da dire: questo osservare i momenti aurorali di una situazione comunicativa interpersonale, l’allestimento dei ruoli, le rispettive posture, le strategie linguistiche, le scelte lessicali, la stilistica del discorso, mi rapisce sempre. Grammatiche della relazione umana.

Hop! Hop!

Qualche settimana fa ho parlato in un Liceo, poi all’Università di Trieste un paio d’ore su new media, poi allo IUAV Università di Venezia di territorio digitale.

Oggi vado a Piombino da Lorenza Boninu, per un convegno sulla Cittadinanza digitale a cui parteciperanno Sergio Maistrello da remoto e Vittorio Zambardino in presenza, qui il link.

A fine maggio modererò un convegno organizzato dalla Provincia di Udine, per ragionare di politiche giovanili, siti web istituzionali e community dei portatori d’interesse, a dimensione locale.

Com’è che si chiama questo vortice di pensieri e di azioni che dobbiamo compiere? Ah sì, “lavorare”, che roba strana.

Ri-Eco-lo

Umberto Eco torna a parlare della Rete, ovviamente male. Speriamo di non vederlo costretto a passare la pensione leggendo romanzi cavallereschi e combattendo mulini a vento… oppure speriamo sappia infine rovesciare l’arazzo (sempre Cervantes) per comprendere il vero disegno formato da trama e ordito, osservandolo dalla parte giusta.
Comunque, ne parla anche Sofri qui, riprendendo questa Bustina di Minerva.
Di mio, ho già dato. Ho provato a interpretare la visione di Eco qui, un anno fa su questo stesso blog, e recentemente qui, sul blog dei NuoviAbitanti.
Mi soffermo solo su una frase da lui scritta: “Ormai Internet è divenuto territorio anarchico dove si può dire di tutto senza poter essere smentiti.”
A me sembra che la frase si riferisca all’editoria pre-internet. Provate a sostituire “Internet” con “editoria”. Se uno psicologo per esempio nel 1986 avesse scritto una castronata in un suo libro, cosa avrei potuto fare io per smentirlo? Scrivere un libro? E chi lo avrebbe pubblicato, visto che non sono un docente universitario o uno psicologo di fama? Avrei potuto scrivere un saggio di psicologia e vederlo pubblicato su una rivista scientifica? Cosa avrei potuto fare, scrivere una Lettera al Direttore in un giornale di provincia? La stessa asimmetria nell’autorevolezza della fonte avrebbe compromesso la mia posizione teorica di opposizione, la diffusione e quindi il “valore” percepito sarebbero automaticamente stati ben inferiori.
Dalla reputazione, autorevolezza, non il contrario. Questa è Rete. E la reputazione viene sia dalla qualità dei contenuti che hai saputo esprimere nel tempo, sia dall’atteggiamento di apertura alla conversazione che traspare dal modo  e dallo stile con cui abiti su Web.
Mi vien poi da pensare che per me e per molti che come me da anni cercano di capire cosa sia la Rete, la bellezza di Internet sta esattamente nel contrario di quanto espresso da Eco: innazitutto è finalmente il territorio dove TUTTI possono dire TUTTO e essere letti da TUTTI (senza soglie industriali/editoriali, senza costi di pubblicazione per l’autore e di lettura per il fruitore), e soprattutto è il Luogo dove CHIUNQUE può smentirti, pensa un po’.
Talvolta ti contraddicono a torto, e puoi sempre confutare la critica impegnandoti nel dialogo per lasciar rifulgere la Verità autoevidente e fiammeggiante, talvolta ti contraddicono a ragione, poggiando su fatti e riferimenti inoppugnabili. Scoccia un po’, devi far marcia indietro e riconoscere l’altrui punto di vista, ma di certo lo Scibile umano s’incrementa. Proprio nel confronto intersoggettivo – come nell’etica scientifica, appunto – stiamo contribuendo a incrementare il patrimonio di Conoscenza complessivo posseduto dalla specie umana, foss’anche nei commenti di un blog sperduto eppure sempre raggiungibile da tutti. Una stortura in più che viene raddrizzata, dal primo stupido che passa e vede l’errore, lo fa notare, avviene il riconoscimento e  il patteggiamento da parte dell’Autore che onestamente modifica il suo scritto, e l’Umanità ne guadagna.
Questa io non la chiamo anarchia, la chiamo “emergenza di valori di verità* nei sistemi di credenze diffusi, grazie a un fare comunitario collaborativo”. Una negoziazione. Io non vedo disordine, vedo nuove forme del Sapere, diversamente organizzate.
E quel verbo modale, quel “senza poter essere smentiti”, ancora una volta, rivela la non-comprensione di Eco rispetto a quanto sta succedendo qui dentro. O il suo non-voler riconoscere le nuove regole della Società della Conoscenza.
* non fatemi fare lo spiegone su cosa sia la verità. Vi basti il fatto che l’ho scritto minuscolo.

L’acqua dei rubinetti di Udine è buona, smettete di comprare acqua in bottiglia

Queste qui sopra sono le “analisi dell’acqua” di Udine, secondo gli elementi minerali contenuti. Vengono presi in considerazione anche la presenza di prodotti fitosanitari (derivanti dalle attività agricole) e i parametri microbiologici.
I valori provengono dal sito dell’AMGA di Udine, le rilevazioni vengono effettuate ogni due mesi (molto più spesso rispetto alle acque in commercio) e i risultati vengono regolarmente inviati all’ASL per i controlli.
Mi pare onestamente si tratti di acqua di buona qualità, se non ottima, a giudicare dai riferimenti che ho trovato su questo sito e su questo.
Magari un esperto potrebbe passare di qui e darci un giudizio più circostanziato: quello che posso dire senza smentita è che si tratta di un’acqua decisamente oligominerale (residuo secco), un po’ duretta (F° 25) ma comunque dal contenuto di calcio e magnesio piuttosto basso.
Potrebbe essere commercializzata come acqua oligominerale, a giudicare dai valori simili a quelle che vengono messe in bottiglia e vendute.

Il consiglio è semplice: se bevete l’acqua degli acquedotti di Udine, smettete di comprare bottiglie d’acqua al supermercato.

e-Gov: Il Comune di Udine conversa coi cittadini

Il Comune di Udine mira a un e-government moderno. Trasparenza e semplificazione sono valori imprescindibili, prescritti dalla stessa Legge ministeriale (Bassanini, Stanca, Brunetta… vedi qui) per l’innovazione della PA.
Ma c’è di più, ed è una bella novità: prima di pubblicare il Regolamento, il Comune chiede la partecipazione dei cittadini, per migliorìe e suggerimenti. E’ tutto disponibile sul documento wiki, possiamo iscriverci e lasciare le nostre osservazioni. Mi sembra l’atteggiamento corretto.

Search + Social = Authority x Influence

Nel 1816 Madame de Staël scriveva un articolo – tradotto dal francese e pubblicato da Pietro Giordani su Biblioteca Italiana, reminescenze delle scuole superiori – intitolato “Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni” e indirizzato agli autori italiani, dove sostanzialmente diceva: “Uè raga, vedete di darvi una mossa, stanno succedendo cose nuove in giro per l’Europa”.
La cultura letteraria italiana era impantanata tra Neoclassicismo e Arcadia, eravamo decenni indietro rispetto al dibattito tedesco o francese o inglese imperniato sulle posizioni del primo Romanticismo. Se magari ci fossimo messi a tradurre qualcosa, a guardarci un po’ attorno, magari ne avremmo tratto qualche giovamento.
Se volete, la stessa cosa è successa con Elio Vittorini negli anni della seconda guerra mondiale, che per nostra fortuna si mise a tradurre Faulkner o John Fante nell’antologia Americana (censurata dal fascismo), oppure negli stessi anni con Fernanda Pivano: Cesare Pavese le fece tradurre Hemingway (per questo sarà arrestata, in quanto il romanzo Addio alle armi fu ritenuto lesivo dell’onore delle Forze Armate del regime fascista, dice Wikipedia), Whitman e Edgar Lee Masters dell’Antologia di Spoon River. Poi venne Fitzgerald, e poi sempre a cura della Pivano tutta la Beat Generation americana, per dire.
Insomma, la prendo alla lontana come al solito, ma l’italia complici le Alpi e il mare che la circondano ha spesso avuto questo sguardo autocentrato, ombelicale, che talvolta ha prodotto buone cose (mal che vada, anche un idiota che ripete la stessa frase può contare sui revival storici), ma che per lunghi decenni ci condanna a abitare uno scenario culturale stantìo, di solito fino a quando qualcuno non apre le finestre a fa circolare un po’ aria fresca. 
Oggi con la Rete le Alpi e il mare potrebbero veramente sparire dal nostro orizzonte, siamo tutti culturalmente dentro un calderone di dimensione planetaria: sarebbe sufficiente che qualcuno di quei blogger che sanno l’inglese o altre lingue si sforzassero di tradurre ogni anno due o tre articoli o saggi meritevoli.
 
Avevo trovato questo articolo di David Armano, vice presidente di Edelman, esperto di digital marketing e progettazione dell’esperienza utente (sì, user experience design).
E’ uno scritto abbastanza tecnico, nulla di esplosivo, ma gli argomenti mi incuriosivano, robe social. Traduco a senso, eh, mi concedo quasi un riadattamento.



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Search + Social = Authority x Influence
di David Armano

La ricerca è basata sull’informazione
Ci sono sostanzialmente due modi grazie ai quali un “partecipante digitale” trova contenuti sull’insieme dei media digitali.
Il primo scenario prevede che l’indagine cominci utilizzando un motore di ricerca diffuso come Google. Recentemente Google ha modificato la sua proceduraper premiare piuttosto l’autorevolezza e la qualità dei risultati, rispetto al privilegiare ciò che viene considerato di qualità inferiore, come nel caso di link sospinti da agenzie web specializzate nel promuovere collegamenti (link farm, fattorie di link). Questa mossa costituisce un’opportunità per i professionisti della comunicazione e per coloro che possono fornire contenuti di qualità, i quali contenuti possono così trovar un posto onorevole sui media, e acquisire autorevolezza. Le attività di ricerca sono solitamente guidate dall’informazione, nel senso che chi interroga i motori è interessato a ottenere informazioni specifiche. I risultati delle ricerche mirate guadagnano via via autorità e qualità e saranno a loro volta promossi nelle reti sociali, usando le mail o i social network per diffondere l’informazione.

Il social è basato sull’influenza

I contenuti (insieme ai media che li veicolano) inoltre vengono cercati e discussi su varie piattaforme sociali che variano dai blog, alle bacheche elettroniche, a Twitter, a Facebook. L’attenzione è ottenuta tipicamente attraverso  il collegamento a un “flusso” o a un “amico”. A quel punto le informazioni e i media stessi vengono “digeriti” e risospinti nei flussi generati dalle conversazioni. Se vengono generate conversazioni in numero sufficiente, queste provocano la formazione di segnali che si riverberano sui media. In questo scenario, i “partecipanti digitali” sono evidentemente influenzati dalle loro connessioni sociali nella loro selezione, amplificazione e discussione di fonti informative.

La ricerca e il social si intersecano
La ricerca e il social non esistono indipendentemente l’una dall’altro, ma coesistono in un modo reciprocamente dipendente. Per esempio, è pratica comune per i giornalisti dei media con una buona reputazione controllare e stabilire la fonte di conversazioni che appaiono sui social network. Un articolo su un mezzo di comunicazione influente che cita la fonte della conversazione può a sua volta modificare i risultati di ricerca di una frase specifica. L’opportunità qui consiste nello scoprire cosa i fruitori dei motori di ricerca stanno cercando e quali strategie vadano perseguite che siano in grado di generare il giusto tipo di conversazione riguardo quelle tematiche. Oltre alle conversazioni, va anche selezionato e promosso il tipo di contenuto adeguato. Ogni iniziativa nel mondo digitale deve integrare i diversi modi in cui la ricerca e il social si relazionano tra loro, riguardo ogni argomento specifico che si intende influenzare.



Aggregare, fare curation, diffondere
Un esempio di scenario: un vostro concorrente lancia il suo prodotto, generando segnali mirati (targettizzati) sul Web. I partecipanti digitali cercano frasi specifiche per trovare news e informazioni sulla campagna pubblicitaria mentre simultaneamente le conversazioni sui social media digitali esplodono. I risultati della ricerca e dei social cominciano ad influenzare che cosa un partecipante pensa (comincia il loop della considerazione). Si intraprende a questo punto un’analisi sulle gerarchie dei risultati relativi a specifiche richieste di ricerca sui motori. Le valutazioni e i dati raccolti vengono convertiti in atti di comunicazione, e viene stilato un piano d’azione progettato per creare una serie di nuovi segnali. Le comunicazioni e le iniziative di aggancio sono lanciate attraverso tutti gli ambienti digitali e promosse secondo specifici partenariati. Se le comunicazioni e le strategie di aggancio funzionano, le iniziative così promosse attraverso i network  entrano in risonanza e gli esiti delle ricerche sui motori ne vengono favorevolmente influenzati. I risultati combinati di ricerca e social possono ora modificare ciò a cui un partecipante digitale presta attenzione. Il processo viene ripetuto all’apparire di nuovi segnali.
Questo è il modo in cui la ricerca e il social funzioneranno insieme nel prossimo futuro.



Giorgio Jannis

Web e Pubblica Amministrazione

Per la mia rubrica “Licôf” sulla rivista Patrie dal Friûl ho scritto stavolta un articolo lunghetto, che pertanto uscirà in due puntate. L’argomento riguarda l’intrecciarsi delle riforme della Pubblica Amministrazione degli ultimi quindici anni con l’evoluzione del web, verso cui per legge oggi gli enti pubblici devono rivolgersi per dare visibilità alle proprie iniziative e tessere una buona comunicazione tra Cittadino e Istituzioni. 
Da Bassanini a Brunetta, sperando che qualcosa si muova.
Qui sotto in italiano, qui in lingua friulana su La Patrie.
Ne approfitto anche per segnalare il blog Furlans, digjitait furlan! dove trovate tutti gli articoli relativi alla Cultura Digitale e all’abitare in Rete pubblicati sulla rivista, insieme a altre segnalazioni e riflessioni su quanto accade nel web.
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Web e Pubblica Amministrazione
Prima puntata
La “rivoluzione lenta” della Pubblica Amministrazione italiana, in tempi recenti, può essere fatta risalire alla riforma Bassanini di fine anni Novanta. Lì insieme a precise indicazioni per lo snellimento burocratico, il decentramento e la semplificazione degli atti amministrativi incontriamo nuovi atteggiamenti comunicativi, lì si comincia a parlare seriamente di “trasparenza” e di accessibilità come valori propri di una PA che intenda riorganizzare sé stessa e il proprio “dire” in termini moderni, avendo cioè forse per la prima volta a cuore il destinatario, il cittadino.
Nel frattempo il Web cresce esponenzialmente, diventa un fenomeno popolare, milioni di italiani cominciano a abitare in Rete e scoprono che i siti web della Pubbliche Amministrazioni centrali e locali sono decisamente poveri di contenuti, e male impostati dal punto di vista comunicativo. Nasce l’espressione “siti vetrina”, per indicare quelle pagine che semplicemente mettono in scena magari l’organigramma e la ripartizione interna degli uffici dell’Ente pubblico, ci fanno conoscere gli orari di ricevimento e i numeri telefonici per i contatti diretti, ma in realtà non costruiscono una vera conversazione con il Cittadino. La comunicazione evidentemente non veniva allora pensata in funzione delle esigenze del destinatario (poter accedere agli atti amministrativi, consultare delibere e gare d’appalto, avere informazioni aggiornate e puntuali), ma solo per mostrare la struttura amministrativa della stessa PA, la quale finiva per parlarsi addosso.
L’attenzione per le esigenze del Cittadino, il cambiamento di prospettiva avverrà con altre leggi: con la 150 del 2000, con la quale si definiscono i criteri della comunicazione pubblica e il ruolo degli URP Uffici Relazioni con il Pubblico di ciascuna singola Amministrazione, con la legge Stanca del 2004 per quanto riguarda l’accessibilità dei siti web, con le Linee Guida per la qualità della comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni.
Già dal 2005 (D.L.82/2005, il primo CAD Codice dell’Amministrazione Digitale) esistono esplicitamente sanciti dal testo di legge i diritti del cittadino digitale, quali a esempio il diritto all’uso delle tecnologie per comunicare con la PA (utilizzo ufficiale dell’email), il diritto all’accesso e all’invio di documenti digitali, a effettuare pagamenti elettronici, per garantire i quali la PA deve giocoforza trasformarsi e utilizzare strumenti come la posta elettronica certificata, promuovere la firma digitale, curare la qualità dei propri siti web istituzionali
Fin qui andava tutto bene, poi successive modifiche del testo della legge hanno aggiunto alcune poco simpatiche precisazioni, secondo cui il diritto sopradescritto del cittadino a comunicare digitalmente con le Pubbliche Amministrazioni veniva a dipendere dalle risorse tecnologiche e organizzative di queste ultime, delle quali va inoltre rispettata l’autonomia normativa. Conseguentemente, le PA se la sono presa molto comoda, senza offrire in sostanza i servizi che il Decreto indicava come vincolanti per le Amministrazioni.
Vedremo nella prossima puntata come la recentissima riforma Brunetta stia cercando, anche mediante dei sistemi di premi e sanzioni per le stesse Pubbliche Ammnistrazioni, di portare a compimento la rivoluzione digitale nella PA italiana.