Sempre pensare l’intero tecnosistema come tecnoecologia, come modello alveare di cellette tutte connesse tra loro, di flussi tra persone, oggetti, dati la Rete. O più reti appunto inteconnesse, arcipelago, tecnoversi e mediaversi nei paesaggi onlife.
O forse superare anche queste raffigurazioni metaforiche, verso nuovi modelli per concepire la complessità della vita digitale nostra, dei territori aumentati, delle comunità connesse dove elaborare il senso di questo nostro nuovo abitare.
E pensare la tecnoecologia nella storia del suo sviluppo tecnico e abilitante di nuovi comportamenti e valori, e poi anche pensarla a strati, dalla rete fissa alla rete mobile, alla realtà immersiva attuale, dove emergono le dimensioni psico-sociologiche e politico-economiche, dove le esperienze immersiva sono caratterizzate da
a. cornici di senso, codici semiotici e attività sociali nell’informazione e nella comunicazione, metafore, rituali, routine e atti narrativi, su diversi livelli espressivi e sensoriali
b. performatività processi e pratiche dentro gli spazi digital twin delle città o delle persone o delle cerimonie sociali, con relativi atti di impegno, desiderio, emozioni e coinvolgimento, nonché apertura di possibili sfaccettature manipolative dell’opinione e dei comportamenti
c. implicazioni profonde della psicologia che influenza le nostre credenze e ragionamenti
Bisogna tenere pur sempre presente che tutte le esperienze immersive fanno parte di industrie culturali, ecologie digitali di vasta portata, in cui è possibile ravvisare strutture di potere, strategie e dinamiche dei media.
Insomma il meccanismo di suscitare un bisogno per poi vendere la gratificazione funziona sempre, come in tutte le esperienze.
(appunti da Cosimo Accoto, “Il mondo in sintesi”)