Bene, è online la radio dell’Università di Udine, WRU e la trovate qui webradio.uniud.it.
Tutto caruccio, angoli stondati, grigi e arancione; due colonne, interattività e navigabilità ok.
Il tutto ottimamente fatto con Joomla.
Però in fondo alla pagine c’è scritto “Copyright © 2008 Web Radio Uniud. Tutti i diritti riservati.” e questo mi piace poco o punto.
Tra l’altro, la scritta che proclama il copyright, e fa parte del sito, è anch’essa soggetta al copyright? Ho forse citato ciò che non potevo?
Nella pagina dedicata all’équipe scopro che questa webradio in realtà “è un progetto didattico e di ricerca con proiezione tecnico-pratiche deciso con decreto del Magnifico Rettore”, ma assume giuridicamente le forme di una testata giornalistica di quelle vere, regolarmente iscritta al tribunale di Udine con un direttore responsabile, e anche questa cosa mi sembra una contraddizione.
In fondo alla stessa pagina, trovo una deroga al copyright totale che c’è su tutto il sito: infatti le immagini prese da archivi online tipo FreeDigitalPhotos, in seguito editate dalla redazione di WRU, possono essere sì riutilizzate liberamente ma solo in progetti scolastici, e il tutto è scritto in inglese. Mah.
Allora vado a vedere quali trasmissioni sono disponibili: scopro che non esiste la radio in diretta (una verbosa spiegazione retorica racconta che forse non avere la diretta è una virtù, lasciando comunque intendere che in futuro ci sarà) e che fondamentalmente il sito della WebRadio è un archivio di podcast. Personalmente un sito di podcast non lo chiamerei “radio”, come Youtube non la chiamo “televisione”, ma queste sono paturnie mie.
Tra l’altro le singole trasmissioni registrate non sono tutte disponibili, ma quelle archiviate sono da richiedere spedendo una mail alla redazione, il che fa pensare che UniUd compri o disponga di spazio web a 50mega per volta, come nel 2002.
Finalmente clicco sul bottone “Ascolta”, e Seamonkey – il mio browser Mozilla – mi chiede se voglio lanciare un’applicazione esterna in formato proprietario (WindowsMediaPlayer) per ascoltare le trasmissioni in formato ovviamente .wma. Rispondo picche, non ho mediaplayer installato.
Figuriamoci il tutto: una Università statale che fa comunicazione pubblica fregandosene delle minime norme etiche alla base di una moderna circolazione delle idee, e disattende le stesse indicazioni ministeriali riguardo all’utilizzo di OpenSource; se si trattasse di editoria privata e commerciale, potrei anche capire (ma direi loro “stupidini” ugualmente, a privarvi di fette di audience), ma credo l’Università debba orientare le proprie scelte tecnologiche e le proprie logiche distributive di Oggetti di Conoscenza secondo obiettivi diversi da un’azienda. Uno straccio di licenza CC mi farebbe guardare al tutto già con occhi più benevoli, e invece sono qui a guardare un’altra occasione sprecata.
Un blocco laterale mi informa di quali software dovrei installare per ascoltare tutto con i vari sistemi operativi. Anche qui mi viene da pensare che gentilezza e usabilità dovrebbero consigliare ai webmaster la possibilità di provvedere modi alternativi di ascolto delle trasmissioni, anziché basarsi sulla buona volontà dei fruitori, ad esempio incapsulando l’audio in un Flash o simili o rendendo almeno possibile scaricare tutto anche in formato .mp3 aperto… non ci vuole poi molto.
Mi diranno che non si può.
All’interno di un sistema fatto di brevetti e di furbi spin-off universitari e di finanziamenti dati secondo logiche mercantilistiche a quelli che dovrebbero essere i liberi e pubblici Luoghi sociali della Ricerca e dell’Innovazione, io sono dell’idea che tutto ciò che le Università producono debba essere di pubblico dominio, patrimonio dell’umanità, distribuito in GPL o quello che volete, pubblicato su Wikipedia. La ricerca la pagano tutti, che i frutti siano di tutti. Bello, eh? Dentro questo sistema, impossibile. Messaggio e contesto non amoreggiano, non s’incontrano nemmeno.
Ma lasciamo perdere l’analisi del sistema economico università-aziende; mi piacerebbe però che almeno il Luogo web dove l’Università racconta sé stessa fosse uno spazio di libero scambio di conoscenze, altrimenti il messaggio che passa mi farà sempre pensare a “chiusura” e “possesso”, valori tipici di un’epoca ormai tramontata. Viviamo nella Società della Conoscenza, i mercati sono conversazioni, ma non potrò riportare in questo blog qualche interessante notizia appresa dalla webradio dell’Università di Udine (magari la notizia di un importante convegno sulla Società della Conoscenza promosso dalla stessa Università). Che contraddizione.
Ci sono anche cose sulle quali non transigo, le lascio per ultime: l’errore ortografico nel blocchetto del menù principale. Che gente laureata scriva (e non chattando, ma in homepage) “perché” con l’accento sbagliato, mi rende isterico. Ma son paturnie mie.