Cambiamento e organizzazioni lavorative

Riporto anch’io questo schema elaborato da ADFOR, e presentato su Humanitech.

Con tutti i limiti che una eccessiva semplificazione comporta, espressi anche nel post originale, rimane comunque una buona mappa per decifrare le dinamiche interne delle organizzazioni lavorative e gli intoppi che ogni strategia di processo innovativa, in questo caso aziendale, è destinata a incontrare.
Se poi penso all’organizzazione scolastica, come nel mio post precedente, in relazione al cambiamento indotto da un uso moderno delle TIC sia nella didattica sia nel funzionamento come “macchina” statale, alla necessità per la Scuola di fare seriamente comunicazione pubblica – dovrebbe farlo per legge, essendo Pubblica Amministrazione, ovviamente viene da mettersi le mani nei capelli per la disperazione, perché può capitare di incontrare dirigenti senza visione, insegnanti incaricati di essere Funzioni Strumentali per le tecnologie e Responsabili di laboratorio che non hanno nemmeno la mail personale, nessun incentivo (né personale né economico come finanziamenti ai progetti) al cambiamento, pc vecchi di sei anni con le licenze di windows craccate e connessioni a 56, nessun piano di implementazione serio perché tanto si ragiona sull’immediato e pochi capiscono la necessità di progettare oggi la scuola di domani.
Per dire, la Posta Elettronica Certificata, la firma digitale, l’uso obbligatorio della mail per comunicazioni di servizio anche ministeriali stanno già gettando parecchio scompiglio negli uffici amministrativi scolastici… non era forse sufficiente il librone del protocollo, dicono quelle, con i timbri come all’epoca di Carducci? Signora mia, non ci sono più le mezze stagioni.
Quindi la Scuola vive tutto quello che vedete in giallo, in questo momento.

Detto en passant, quello schemino potrebbe diventare, avessi voglia di lavorare, un ottimo spunto di partenza per una riflessione semiotica sui comportamenti e sui flussi di comunicazione nei gruppi orientati al cambiamento, in quanto come materiale semi-lavorato offre un testo su cui poter affondare i bisturi analitici.
La presenza di configurazioni discorsive di tipo patemico, ovvero espressioni di affettività come i sentimenti di frustrazione, ansia, confusione potrebbe permettere una sorta di reverse engineering, dove a partire proprio dalla percezione (di un esperto nella conduzione dei gruppi, o dalla autopercezione dell’organizzazione) del clima affettivo specifico di una scuola o di una Istituzione si può risalire – con le solite mille cautele interpretative – ai blocchi nel flusso della comunicazione e nell’attuazione del cambiamento.

2 pensieri su “Cambiamento e organizzazioni lavorative

  1. Loretta

    Lo schema applicato alla scuola italiana in alcuni casi andrebbe, secondo me, integrato. Che succede se a mancare non è un solo elemento ma di più? Se c’è visione e leadership della dirigenza, ci sono competenze da parte degli insegnanti ma mancano incentivi, mezzi e di conseguenza è arduo predisporre un piano di implementazione come lo completiamo il campo giallo? Con RASSEGNAZIONE? INVOLUZIONE? Certo la necessità aguzza l’ingegno e noi maestre e maestri (io poi che insegno in una scuola sgarrupata) ci siamo così rivolti verso alternative: utilizzo del computer non in contesto laboratoriale ma integrato per quanto possibile nelle attività giornaliere considerato lo scarso numero di pc e l’assenza di un laboratorio, la ricerca e l’uso di software free e opensource in risposta all’alto costo di quelli propretari. Mi rendo conto però che non tutti sono disposti a questo tipo di accomodamento e questa situazione non fa altro che fornire nuovi alibi agli insegnanti che oppongono resistenza rispetto alla inevitabile ed indispensabile presa di coscienza della rivoluzione informatica che stiamo vivendo.

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  2. Giorgio Jannis

    Se mancano incentivi, mezzi e strategia, puoi sommare le caselle gialle corrispondenti, e quindi la scuola si trova in stato di Ressitenza, Frustrazione e Stagnazione, il che mi pare corrisponda al vero :)

    Fai benissimo a ingegnarti a scuola, a far andare i pc con software OpenSource (vi sono decreti specifici che impongono l’uso di software opensource nelle Pubbliche Amministrazioni) però capisco bene che alla lunga sia una battaglia estenuante, e non ricevi nemmeno – da colleghi o dirigenti – un po’ di supporto psicologico, che sarebbe già un incentivo.
    Alla lunga ci si stanca, ho ben presente. Vien meno la voglia, la passione di lottare per un cambiamento che la professionalità stessa dell’insegnante, come nel tuo caso, considera eticamente e pedagogicamente positivo.
    Ti dico questo: tieni duro, e usa la Rete per far conoscere il tuo lavoro in giro. Verrai apprezzata e scoprirai persone con cui poter progettare nuove iniziative, troverai nuove energie per lavorare bene.

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