Piano e-Gov 2012

E’ stato presentato il piano generale dell’e-government in italia, e-Gov 2012, disponibile sui siti istituzionali del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Trovate la Presentazione, gli Obiettivi, il Management summary, la Sintesi e la Pianificazione di alcuni progetti, tutta roba in pdf che si legge velocemente.

Anche Quintarelli nel parla, e trae alcune puntuali osservazioni.

C’è una mancanza iniziale, come in ogni storia che si rispetti, rilevabile dalla bassa posizione dell’italia nelle classifiche europee di diffusione di TIC e cultura digitale; c’è un contratto da rispettare, le indicazioni di Lisbona; c’è una ammissione esplicita di incompetenza da parte della Pubblica Amministrazione, all’inizio della pagina 7 del Management Summary, nel suo ancora insufficiente apporto alla conversazione in rete, la qual cosa potrebbe in effetti essere una delle concause che inibiscono i cittadini italiani a frequentare maggiormente il web. E il Piano è il modo con cui il governo intende affrontare il percorso verso una maggior qualità della comunicazione tra Amministrazioni e Cittadini, e nel contempo cercare di risparmiare il 25% delle spese attuali grazie alle varie ottimizzazioni nei settori della Salute, Giustizia, Anagrafi, alle dematerializzazioni tipo la casella elettronica certificata per le operazioni con le PA. Il tutto per milletrecentottanta milioni di euro.
Nell’ultima pagina del Summary ci sono degli aspetti di monitoraggio e valutazione dell’applicazione del Piano, e ci sarà un portale e-gov2012 dove poter seguire gli avanzamenti. Tralascio la customer satisfaction e le faccine che smailano, però per fortuna vedo che sono previste espressamente attività di formazione (con Formez e Scuola Superiore PA) sia frontali sia online per tutti quelli dentro le PA, e gli argomenti parleranno di aspetti di processo, di project management, di comunicazione al cliente, di comunicazione interna, di gestione della trasformazione organizzativa.

Per la Scuola, si parla espressamente di diffusione di strumenti di innovazione nella didattica (lavagne digitali, pc, contenuti digitali, e‐book), nell’interazione scuola‐famiglia (pagella e registro elettronico, domande di iscrizione, accesso ai fascicoli personali degli studenti e prenotazione colloqui online) anche in modalità multicanale (tv, web, email, sms), nei servizi amministrativi e servizi allo studente (wifi nelle università), di 240 duecentoquaranta milioni di euro.


Avere tutte le scuole e magari le aule collegate veloce anche in wifi, produrre learningobject sia dal basso (gli insegnanti) sia dall’alto (case editrici) da rendere tutti disponibili su piattaforma nazionale per l’acquisto o la fruizione libera da parte delle scuole, puntare decisamente verso la comunicazione scuola-famiglia con la digitalizzazione di molti atti amministrativi e documentazione dell’allievo, creare una anagrafe nazionale per monitorare le politiche scolastiche, dotare gli studenti delle primarie di notebook personali, sponsorizzati da Intel, Telecom Italia e Microsoft.
Cose di cui si parla ormai da parecchi anni, e certamente sarebbe splendido accadessero (farei un paio di distinguo… gradirei più informazioni su filosofia dell’e-learning seguita, su risvolti commerciali della piattaforma, sugli sponsor commerciali), almeno per muovere un po’ le acque e aumentare lo stress di quei dirigenti scolastici e quegli insegnanti che non capiscono di cosa si stia parlando. In realtà, nel 2005 dicevamo sarebbero arrivate nel 2009, e invece l’italia è in ritardo. E le persone che devono agire questo cambiamento non lo comprendono: quelli bravi vedono il valore strumentale, solo qualcuno di essi magari riesce a riflettere sulle modificazioni stesse che stanno subendo gli ambienti di vita, e delle necessarie correlate innovazioni negli ambienti formativi, sia di tipo tecnologico sia metodologico. E la metodologia per essere insegnanti moderni, “registi” di situazioni di apprendimento attraversate da molti flussi informativi e conversazionali indifferentemente biodigitali, passa necessariamente attraverso una comprensione degli strumenti in quanto ambienti da abitare, foss’anche l’utilizzo di una mappa satellitare nella didattica.
Altrimenti le lavagne e i pc restano morti o mortificati, sappiamo come funziona.

Sarebbe di primaria importanza portare molte persone in Rete, a partecipare e a coinvolgersi nelle conversazioni, poi la serendipità fa il resto. Far nascere in loro, con la frequentazione, i valori di condivisione e apertura della Rete, di reputazione e civiltà dell’abitare anche digitale… poi nel pensare il sito web scolastico quella persona che magari fa di lavoro il dirigente scolastico riuscirebbe con maggior probabilità a comprendere i risvolti qualitativi della comunicazione pubblica dell’istituzione da lui diretta.
Essendo anche fruitore, saprebbe meglio giudicare e progettare la propria identità digitale come parlante istituzionale ratificato del territorio, gli spazi di conversazione.
Formare le persone, non gli insegnanti.
Ovvero fornire competenze digitali, piani di lettura della realtà moderna e luoghi di espressione di sé, che rendano le persone normali cittadini digitali.
Se ho un blog e frequento dei blog, so cosa fare di un blog scolastico.
Se mi vengono a insegnare come fare un blog e non so cosa sia, poi lo uso come bacheca e basta, ma mi sfugge il suo lato conversazionale.
Ma abitare non può essere insegnato, proprio perché è partecipazione e coinvolgimento relazionale. Soprattutto non può essere insegnato con addestramenti agli strumenti, formazione incapace di fornire orizzonti più ampi per inquadrare il cambiamento in atto, le modificazioni della quota di comunicazione che deve sostenere l’insegnante nel suo fare didattico e la scuola tutta nel suo essere soggetto attivo della comunità sociale.
Ruotare il proprio fare in direzione della pubblicazione e della conversazione imporrà grossi mutamenti alla struttura scuola. Una gestione seria anche solo della posta elettronica nelle PA, come descritta nel piano e-Gov quisopra, costringerà le vecchie procedure d’ufficio a torcersi fino a spezzarsi, a meno che qualcuno abbia il coraggio di riprendere in considerazione tutti i flussi documentali e ottimizzarli secondo nuove priorità, date dalla comprensione del nuovo habitat.
Siamo di nuovo lì: non posso spiegare l’abitare in Rete. Va vissuto, esperienzialmente. E al preside sessantenne che sproloquia di facebook senza esserci mai stato, o all’insegnante che non capisce wikipedia, servono dei “percorsi esperienziali” di cultura digitale, immersivi. Sarebbe assai utile per la civiltà dell’italia se tutti i dirigenti scolastici e gli insegnanti italiani passassero su web 15 ore alla settimana, toh, e lo facessero con passione nel seguir liberamente le loro passioni e interessi.
Altrimenti siamo sempre al dover dare la soluzione, della quale non so che farmene, se non ho la domanda.

“Vengo lì e ti formo”
“Uh. E perché?”
“Hai un problema”
“Non sapevo di avere un problema”
“QUESTO è il problema”

Non son cose che spieghi con un powerpoint, questo volevo dire.

Un pensiero su “Piano e-Gov 2012

  1. Anonymous

    Eccellente, Giorgio.
    Mandalo ad un giornale (tipo Espresso, Repubblica, Corriere) così forse qualche mente si apre.
    Hai centrato il nocciolo. Gli spot e-Gov 2012 servono. Ma i tuoi commenti e stimoli sono il vero pane. Altrimenti ancora una volta IBM, INTEL e MICROSOFT hanno venduto per milioni eebook, lavagne digitali e lì restano negli scantinati come i macchinari negli ospedali che poi occorre chiudere perchè frutti di sprechi.

    Bravo, mandalo, il tuo scritto, a più redattori – non ti credere anche lì si annidano coloro che non sanno di avere un problema – forse qualcuno si accorge che c’è dell’esplosivo, sì, ma costruttivo nei tuoi commenti.

    Matteo

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