Chi è il campione dei gruppi? Su, fuori le statistiche. Chi è quel tipo che ha più successo nell’aprire dei gruppi su Facebook o in giro in altri socialcosi?
C’è da fare la tara: il successo può dipendere da una certa abilità come titolista – W la patata dovrebbe funzionare meglio di Umili adoratori dell’Origine del Mondo, ma chi può dirlo; bisogna poi valutare diversamente instant-group nati sulla scia di una notizia di cronaca e destinati a morte rapida, e direi di analizzare anche quelli il cui argomento oltre a far cliccare la gente sul bottonétto “Become a Fan” riesce a generare un certo numero di commenti in calce.
Un gruppo formato da quelli che si fanno tatuare da qualche parte un Gesù Cristo con le tette, per capirci, difficilmente diventerà mainstream: troppo di nicchia. Nemmeno il valore connotativo della cornice ovale è da trascurare, peraltro.
Numeri. A esempio salti fuori il nome di quello che è riuscito a inventarsi almeno tre gruppi da almeno mille persone ciascuno. E anche diecimila, così superiamo i gradi di separazione uno e due e cominciamo a ravanare nei cerchi ampi, lontano da riflessi personali di fama e notorietà.
Potrebbe essere considerata come una forma di intelligenza sociale eh, solo che prima mancava la tecnologia (l’agenda di Marta Marzotto in quanto organizzatrice di salotti e di conversazioni potrebbe essere il riferimento culturale di derivazione) capace di portare potenzialmente ognuno di noi a incidere direttamente sull’opinione pubblica secondo configurazioni discorsive di superficie ben delineate. Dove per opinione pubblica qui intendo “l’insieme statisticamente rilevante dei principali memi diffusi in un momento dato in una data popolazione di riferimento”. Dove la configurazione discorsiva di superficie è proprio la storia di cui tutti parlano oggi, oppure quella depositata nell’enciclopedia personale di una certa collettività, alla voce “credenze e chiacchiere da antibagno” – tipo: le donne al volante sono un pericolo costante.
E quindi dobbiam cercare chi ha saputo o saprà dar vita per primo a molti gruppi capaci ciascuno di cogliere lapidariamente un fatto e insieme un giudizio sul fatto, nonché in grado con una azione perlocutiva di far compiere una azione al destinatario del messaggio, portandolo ad affiliarsi al gruppo in questione.
E già si può intravvedere qualcosa di come ragiona la testa di un pubblicitario del futuro, o comunque di qualcuno che per lavoro deve modificare credenze diffuse o promuovere flussi di pensiero, in ambiti social-propelled.
Nella sintesi lapidaria, l’umanità perde (come dai libri alla tv) articolazione e profondità: l’importante è che la democraticità e l’orizzontalità della Rete faccia nascere, quale contrappeso in grado di mitigare quell’impauperimento, pluralismo vero e polivocalità.
Quindi: facciamo tutti tanti gruppi, ed emerga il migliore (anche i proverbi cambiano).