Avevo sedici anni, e quelle linee melodiche cantabili e strane suonate con il basso fretless, quei borbottii inquieti dentro le canzoni dei Japan erano come un pugno dentro la testa e nello stomaco. Erano un groove nervoso, un funky freddo e obliquo, nuova epoca e nuova onda e nuova estetica. Un nuovo atteggiamento.
Qui sotto trovate un’intervista che insieme a Paolo Corberi ho fatto a Mick Karn intorno al 1992 durante il Bestial Cluster Tour, per un giornaletto locale sul quale al tempo scrivevamo.
MICK KARN
In occasione del Bestial cluster Tour, intervista a Mick Karn, che con Steve Jensen, Richard Barbieri e David Torn, sta girando il mondo.
La musica che suono è molto influenzata dal viaggiare, dalle sensazioni che si provano nel vedere posti prima sconosciuti, e queste sensazioni – già così con i Japan – l’impatto visivo con questi nuovi orizzonti è quello che voglio esprimere con la mia musica. E’ di questo che parlo con i musicisti con cui collaboro: dell’atmosfera, del respiro, dell’immagine che mi propongo di rappresentare.
Con queste parole Mick Karn ci introduce alla sua concezione della musica, ai suoi propositi, il resto lo raccontano i suoi dischi. Produzioni diradate, contrassegnate da preziosi intrecci di strumenti (spesso da lui stesso suonati), dove l’intento di un impatto globale, orchestrale, che ai solismi dedica uno spazio proporzionale al vantaggio che ne trae l’insieme, spicca.
Potrei definire la mia musica, o comunque l’obiettivo che mi propongo, e che in certa misura guida la mia ricerca, come una sorta di visual music, una picture music. Quando provavamo i pezzi per l’ultimo album, Bestial cluster, facevo sentire a Steve a Rick e a David i demo che avevo realizzato; cerco di lasciare la massima libertà ai musicisti, a patto che il loro contributo non si discosti dall’atmosfera che voglio rendere. L’idea di riferimento è pur sempre l’impressione visuale che intendo trasmettere. Devo dire che la tourne sta andando abbastanza bene. In realtà è un po’ strana come tourne: siamo stati in Germania, poi ci siamo fermati per un mese circa, poi in Giappone, e ora siamo qui in Italia e capita spesso che tra le tourne nei vari paesi passi del tempo, cosicché ogni volta che riprendiamo ci vuole qualche giorno prima di ingranare. Sì, lo so, sembra strano da parte di musicisti professionisti, ma è così. D’altronde i pezzi, la musica che suoniamo è complessa, bisogna contare, ricordarsi tutto…
Jensen e Barbieri (batteria e sintetizzatori) suonano con Karn dai tempi dei Japan, mentre con Torn (chitarra) la collaborazione è nata più di recente.
Con Rick e Steve sono ormai vent’anni che suoniamo insieme, siamo come fratelli oramai. Con David c’è stato un feeling immediato quando ci siamo conosciuti, siamo diventati subito molto amici. Anche musicalmente ci troviamo molto bene, infatti collaboriamo volentieri. C’è molto affiatamento tra noi, ci divertiamo molto a suonare.
Una parentesi nella carriera di Mick è il progetto Dali’s car, insieme ad un Peter Murphy al meglio delle sue produzioni post-Bauhaus.
La collaborazione con Peter Murphy è nata per una coincidenza di intenti: io avrei voluto realizzare un disco interamente strumentale, ma la casa discografica faceva pressione affinché vi fossero dei pezzi cantati; in quel periodo incontrai Peter Murphy che avrebbe voluto cantare e che non era interessato a comporre le musiche. Sembrava essere il binomio perfetto, il progetto Dali’s car avrebbe soddisfatto i desideri di entrambi. Il problema era che non ci conoscevamo come persone, incompatibili; ciò ha reso il lavoro alquanto faticoso, lavorare con Peter è molto difficile, quasi impossibile, e penso che lui pensi lo stesso di me… una questione di caratteri, di personalità che non collimano.
Ma il primo LP solista precede i Dali’s car, ed è Titles.
Titles è un disco che ho realizzato in breve tempo, se penso alle lunghe sedute in studio con i Japan… C’eravamo appena sciolti e io volevo realizzare un disco molto spontaneo, ..volevo rompere con quell’accuratissimo modo di concepire la realizzazione di un album.
A Titles seguono Dreams of reason produce monsters e quest’ultimo Bestial cluster.
Un motivo per il quale Bestial cluster è risultato un disco più caldo del precedente Dreams of reason, è il fatto che mi sono avvalso della collaborazione di più musicisti. In effetti, il fatto che lo stesso musicista suoni tutti gli strumenti influisce in modo assai particolare sul risultato finale; non si tratta solo di essere più o meno “caldi”, questo è solo uno dei fattori, non l’unico…
Sono cresciuto ascoltando molto i dischi della Tamla Mowtown, ho anche desiderato scrivere canzoni in quello stile, e ci ho provato ma non fa per me, non me lo sento dentro, anche se mi piacciono molto, ma il mio spirito musicale diverso …non capisco il country-western, non mi dice nulla… Alla radio, quando per caso mi sintonizzo su una di quelle frequenze dove trasmettono quelle interminabili quanto inutili ballate RnB sento un’irresistibile compulsione a cambiar stazione: non sopporto quella loro piattezza, tu sei lì che aspetti che accada qualcosa e invece… niente!
Cerco di prestare un po’ di attenzione al modo in cui la musica verrà ricevuta, cerco con quel tipo al mixer di studiare l’ambiente… quando sono in studio miro a ottenere certe sonorità, lavoro con un’intenzione diversa… “sentire” le persone, questo è suonare live.
Grande Mick, geniale musicista
In un’intervista in margine al tour che ha fatto con Alice, disse piu o meno: non conosco questo tipi di musica, ma sono qui per imparare.
Non so se il luccicante David S. direbbe mai una cosa del genere.
Grande Mick
Mi disturba l’idea che tu non sia più tra noi e mi sconvolge ancor di più l’idea che la Tua fine sia stata così devastata.
Ti ascolto sempre
alessandro