Per la mia rubrica “Licôf” sulla rivista Patrie dal Friûl ho scritto stavolta un articolo lunghetto, che pertanto uscirà in due puntate. L’argomento riguarda l’intrecciarsi delle riforme della Pubblica Amministrazione degli ultimi quindici anni con l’evoluzione del web, verso cui per legge oggi gli enti pubblici devono rivolgersi per dare visibilità alle proprie iniziative e tessere una buona comunicazione tra Cittadino e Istituzioni.
Da Bassanini a Brunetta, sperando che qualcosa si muova.
Qui sotto in italiano, qui in lingua friulana su La Patrie.
Ne approfitto anche per segnalare il blog Furlans, digjitait furlan! dove trovate tutti gli articoli relativi alla Cultura Digitale e all’abitare in Rete pubblicati sulla rivista, insieme a altre segnalazioni e riflessioni su quanto accade nel web.
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Web e Pubblica Amministrazione
Prima puntata
La “rivoluzione lenta” della Pubblica Amministrazione italiana, in tempi recenti, può essere fatta risalire alla riforma Bassanini di fine anni Novanta. Lì insieme a precise indicazioni per lo snellimento burocratico, il decentramento e la semplificazione degli atti amministrativi incontriamo nuovi atteggiamenti comunicativi, lì si comincia a parlare seriamente di “trasparenza” e di accessibilità come valori propri di una PA che intenda riorganizzare sé stessa e il proprio “dire” in termini moderni, avendo cioè forse per la prima volta a cuore il destinatario, il cittadino.
Nel frattempo il Web cresce esponenzialmente, diventa un fenomeno popolare, milioni di italiani cominciano a abitare in Rete e scoprono che i siti web della Pubbliche Amministrazioni centrali e locali sono decisamente poveri di contenuti, e male impostati dal punto di vista comunicativo. Nasce l’espressione “siti vetrina”, per indicare quelle pagine che semplicemente mettono in scena magari l’organigramma e la ripartizione interna degli uffici dell’Ente pubblico, ci fanno conoscere gli orari di ricevimento e i numeri telefonici per i contatti diretti, ma in realtà non costruiscono una vera conversazione con il Cittadino. La comunicazione evidentemente non veniva allora pensata in funzione delle esigenze del destinatario (poter accedere agli atti amministrativi, consultare delibere e gare d’appalto, avere informazioni aggiornate e puntuali), ma solo per mostrare la struttura amministrativa della stessa PA, la quale finiva per parlarsi addosso.
L’attenzione per le esigenze del Cittadino, il cambiamento di prospettiva avverrà con altre leggi: con la 150 del 2000, con la quale si definiscono i criteri della comunicazione pubblica e il ruolo degli URP Uffici Relazioni con il Pubblico di ciascuna singola Amministrazione, con la legge Stanca del 2004 per quanto riguarda l’accessibilità dei siti web, con le Linee Guida per la qualità della comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni.
Già dal 2005 (D.L.82/2005, il primo CAD Codice dell’Amministrazione Digitale) esistono esplicitamente sanciti dal testo di legge i diritti del cittadino digitale, quali a esempio il diritto all’uso delle tecnologie per comunicare con la PA (utilizzo ufficiale dell’email), il diritto all’accesso e all’invio di documenti digitali, a effettuare pagamenti elettronici, per garantire i quali la PA deve giocoforza trasformarsi e utilizzare strumenti come la posta elettronica certificata, promuovere la firma digitale, curare la qualità dei propri siti web istituzionali
Fin qui andava tutto bene, poi successive modifiche del testo della legge hanno aggiunto alcune poco simpatiche precisazioni, secondo cui il diritto sopradescritto del cittadino a comunicare digitalmente con le Pubbliche Amministrazioni veniva a dipendere dalle risorse tecnologiche e organizzative di queste ultime, delle quali va inoltre rispettata l’autonomia normativa. Conseguentemente, le PA se la sono presa molto comoda, senza offrire in sostanza i servizi che il Decreto indicava come vincolanti per le Amministrazioni.
Vedremo nella prossima puntata come la recentissima riforma Brunetta stia cercando, anche mediante dei sistemi di premi e sanzioni per le stesse Pubbliche Ammnistrazioni, di portare a compimento la rivoluzione digitale nella PA italiana.