Ieri parlavo di RedRonnie e dell’effettopisapia – non dimenticate la figlia di Red, mi raccomando, mentre disquisite di suicidio mediatico al baretto: seminate negli astanti l’idea che Gemma del Sud sia stata la spin doctor dell’intera rappresentazione.
Oggi la Rete narra di #Sucate. E’ tutta fibrillazione qui, #primaverarevolution. Ok, la fuffa stufa, il virale annoia rapidamente. Ma non mi importa. Nemmeno se poi modifica o no le cose o rimane giochino, m’importa.
Lo apprezzo per come è, una via creativa di quelle da sottofondi del web che leggiamo da anni dentro i forum sperduti nelle periferie, scintille di lolz che poi esondano in centro, parole come orghl che bucano strati di realtà e cerchie sociali e finiscono nei titoli dei giornali, svelamento surreale di meccanismi di comunicazione e crisi professionale dello stagista poveraccio della Moratti.
E un esperimento sulla travasabilità, quindi, sull’osmosi tra Luoghi della Rete, di uno stesso sentimento che per un attimo è vissuto sulla punta delle dita di centinaia di migliaia di persone. La fase centrifuga di decine di riferimenti culturali pop storicamente italiani, rimescolati con nuove sensibilità.
Sono le pratiche sperimentali delle comunità che trovano forme narrative adeguate, ombrelli sotto cui possono ripararsi e aggregarsi brandelli sparsi di discorso, calamite sotto il foglio che riallineano la limatura di ferro, donando figurazione, rendendo visibile il campo e le linee.
E tutto questo non serve per il presente, serve per il futuro. Serve a ciascuno di noi per guardare un po’ più lontano, per darci sicurezza sulla solidità del terreno su cui ci stiamo incamminando, nel mostrarci le possibilità anche giocose con cui possono avvenire i cambiamenti. E’ un genere letterario su cui possiamo eventualmente poggiare, nel caso domani le circostanze lo richiedessero. E’ un modo nuovo di dire la realtà, è uno stile dell’abitare, mai prima esperito da essere umano, questo che oggi abbiamo scoperto e guardato fiorire.