– Che lavoro fai?
– Beh, lavoro in un’agenzia pubblicitaria di quelle moderne… ci inventiamo delle campagne di comunicazione per promuovere certi libri, per conto degli editori.
– Il pubblicitario insomma… perché dici moderno?
– Beh, se metti vicino digital e social hai già capito.
C’è questa pagina che si presenta un po’ come un comunicato, un po’ come una presentazione aziendale. Una pagina ponderata, scritta da gente che se ne intende, dove a ogni capoverso vedi e apprezzi il lavoro di lima per raccontare (sinteticamente, professionalmente, tecnicamente, suggestivamente) uno di quei lavori che cinque anni fa non molti intravedevano, e dieci anni fa pochi pensavano potesse esistere nel futuro.
Un servizio di comunicazione virale dedicato al mondo dell’editoria.
Gente che si mette in mezzo tra editori e bookstore, e fa in modo che un titolo della casa editrice venga conversato. “Quel libro è stato conversato abilmente” si dirà in qualche modo un domani.
Ci sono un paio di frasette un po’ roboanti, tenete presente a chi la comunicazione è rivolta, lì dove dice “esponenziale”, a esempio, oppure dove parla di social media massivi (intendendo dire molto frequentati? di massa? lol), ma prima dello stile guardiamo di cosa parla, visto che a me interessa qui sottolineare una di queste cose nuove che appaiono nel mondo connesso.
Le campagne pubblicitarie moderne già da anni non si concentrano più sul prodotto. C’è da costruire un mondo narrativo che si incastri con i memi circolanti in una data sottocultura in un dato momento, e provvedere gambe alle idee affinché queste possano circolare negli ambienti sociali digitali. C’è da capire quali caratteristiche dell’oggetto possano fornire spunti alla sua spreadability, bisogna confezionare un’acconcia veste di racconto, prevedere i flussi imprevedibili del passaparola. Non si tratta quindi solo di favorire la situazione di vendita online, molto del lavoro ovviamente riguarda l’edificazione del contesto, alla luce del quale assumerà senso quel testo, quel messaggio costituito dal singolo libro di cui fare marketing virale.
Interessantissima appunto la Digital Identity Building, dove si tratta di costruire e mantenere “l’immagine dell’editore sulle diverse piattaforme di social media”, usando come grancassa 15 pagine di Facebook e dieci accounts (sic), gestite direttamente dall’agenzia, insieme a quindici account su Twitter e 3 canali YouTube.
Guardiamo i verbi: quali sono le azioni, i servizi che vendo? Creare, catturare, coinvolgere, conversare, collaborare. Perfetto, son le cose da fare in questo social dove abitiamo.
Serve modernità nelle forme di racconto e di interpellazione del destinatario, che viene dipinto come un “pubblico diverso, nomade, trasversale, molto frazionato”, e quindi chi offre queste consulenze viene specularmente connotato dal punto di vista narrativo dal suo proporre (aver le competenze per) una comunicazione “innovativa, interattiva, relazionale, virale, user generated ed esperienziale”.
Abbiamo questo Eroe (questa Agenzia) che si presenta al Re, ovvero alle case editrici, in qualità di Aiutante, e dice di avere competenze (un saper-fare, un poter-fare) per dissodare i terreni sociali, per pettinare i flussi, per innescare passaparola, per costruire situazioni mediatiche che poi tornano utili al programma narrativo del Mandante, ovvero vendere libri.
Ci sono anche testualmente espressi gli strumenti che l’Aiutante utilizzerà per raggiungere il suo scopo, ovvero Social, Buzz, Viral, Guerrilla e Ambient.
Vedete, una volta la gente lavorava molto di più su cose concrete, legno ferro e pietra, e una minoranza campava maneggiando concetti. Oggi, postindustriale e blabla, la maggior parte di noi per lavoro gestisce informazioni, dati, o cose che non posso toccare. E certe avanguardie professionali (che sono sempre esistite, sono quelle “sulla frontiera”) paradossalmente riescono oggi a mettere le mani dove fino a ieri non si pensava di poter arrivare, nella gestione del consenso, nell’illuminare di desiderio certi oggetti materiali, nel progettare lo stile di vita dei personaggi, nel ricavare informazioni e tendenze di collettività ampie, nel tracciare i flussi della pubblica opinione, nel costruire e far circolare valori come la fiducia e la reputazione, nella conversazione connessa e nel passaparola degli ambienti sociali digitali.
Stiamo osservando in tempo reale, per prove e errori, la nascita di nuovi strumenti capaci di operare su nuovi oggetti culturali, prima mai pertinentizzati da un pensiero riflessivo in quanto né percepiti né forse percepibili.
Chi glielo spiega a Bersani e a gli altri?
Io. Loro pagano, e io spiego. La mia mail ce l’hanno, se sanno cercare.
Mi sa che quelli che avrebbero bisogno di te non ne sono consapevoli e la tua mail non la verrano a cercare (mail?) Gli altri son appena lì che han casini a rottamare