L’argomento è quello della partecipazione delle collettività alla costruzione simbolica dell’identità di un territorio, lo stile e le azioni delle comunità che lo abitano. Ma non solo di immaginario stiamo parlando: le forme di emersione di nuove dimensioni e orientamenti dell’opinione pubblica locale possono tranquillamente farsi carico di tematiche molto più concrete, a esempio l’organizzazione logistica del tessuto urbano, la viabilità o lo spostamento di cose e persone, o dell’informazione quando ragioniamo di piattaforme istituzionali per la partecipazione della cittadinanza a forme di progettazione sociale condivisa e collaborativa, la vera conversazione tra Ente locale e cittadini.
Nel primo caso il fare comunicativo della comunità locale, l’insieme dei discorsi e delle posizioni dei parlanti riguardo a descrizioni fisiche o sul funzionamento concreto di un ambiente urbano, come pure valutazioni estetiche sul paesaggio o sulle filiere di distribuzione economiche e produttive locali, contribuiscono con la loro polivocalità a dipingere l’immagine dinamica di quel territorio, per come essa emerge dall’incessante conversazione sociale oggi potenziata e resa visibile e perfino abitabile dal web moderno.
Banalmente e prendendo l’esempio con le molle, proviamo a pensare ai primi cento risultati che Google offre ricercando “Friuli Venezia Giulia”, e avremo una fotografia statistica (e dinamica) di questo territorio, dove solo alcune voci saranno comunicazione istituzionale progettata e pubblicata, mentre altre occorrenze emergeranno dai ragionamenti pubblicati da qualche blog importante della zona, da forum di discussione, da conversazioni tenutesi su qualche social network, da siti commerciali che fanno del collegamento al territorio un loro punto di forza nel marketing, da testate giornalistiche che riflettono gli accadimenti locali.
Il FVG agli occhi del mondo è questo. L’insieme delle narrazioni autoriferite di un territorio è la sua carta d’identità, è una scrittura collettiva di una storia (o meglio, storie) sopra una geografia, per dirla con parole di Carlo Infante, dove diventa possibile far interagire autopoiesi delle collettività umane (il continuo produrre senso connaturato al fare umano) con le mappe satellitari, diventa possibile concepire dei geoblog e altre diavolerie capaci di connotare gli accadimenti in modo georeferenziato.
E’ dove l’orizzontalità dei sistemi relazionali umani incontra la verticalità di uno sguardo più ampio del proprio cortile e della propria cerchia amicale, avendo come fine talvolta esplicito innanzitutto la “messa in scena” del territorio, e in seguito la sua eventuale ottimizzazione, se stiamo indagando quei Luoghi di comunicazione dove tutti insieme potremmo provare a studiare e decidere le mosse migliori da compiere per il bene della collettività.
In questo secondo caso abbiamo a che fare concretamente con la partecipazione della cittadinanza nella progettazione e nel miglioramento della qualità della vità di un dato territorio, grazie a quei Luoghi riflessivi costituiti dalle piattaforme web per la partecipazione civica, in misura consultiva e nel prossimo futuro anche in misura decisionale, secondo le indicazioni di una e-Democracy intesa in senso forte.
Qui però ci sono degli ostacoli diciamo così tecnici, perché sebbene questi Luoghi web di partecipazione esistano già da qualche anno (le reti civiche telematiche essendo i progenitori), solo recentemente e solo grazie a una impostazione nativamente 2.0 ovvero centrata sulla produzione e distribuzione di contenuti da parte degli utenti stessi si è riusciti a mettere online dei software-piattaforma che permettano di svolgere dignitosamente questa notevole attività di intercettazione, visibilità e organizzazione delle tematiche “calde” che emergono da una comunità geolocalizzata.
Gigi Cogo oggi segnala una piattaforma interessante, e condisce il tutto con altrettanto interessanti ragionamenti (anche qui e qui).