Del glocale, in un mondo connesso, interessa il locale. Perché diventa subito globale. E come il web è rete di reti (inter-net), così il consorzio umano è una rete di collettività.
Rendo eloquente, promuovo l’espressione di ciò che sento, per intrecciarla con il discorso umano tutto, e ne lascio traccia.
Se il globale è la visione di un orizzonte da cui traiamo indicazioni per orientarci, per non perderci nel girare in tondo in giardino, nel locale c’è l’udito, il tatto, il gusto, il sapore dell’esperienza concreta, il mio risuonare.
Il Cittadino, sappiamo, è tale davanti la Legge. Direi quasi che si tratta di Essere Cittadini, come condizione automatica del nostro riconoscimento e della nostra riconoscibilità dinanzi i diritti e i doveri; ed è una condizione che nasce sulla soglia di casa, guardando la strada.
Ma Fare il Cittadino è Abitare, aver cura dei Luoghi. C’è uno spirito, un sentimento, una partecipazione. Sono Cittadino con la vista, Abito (faccio l’Abitante) con tutti in sensi, in tutti i sensi.
E Granieri segnala una accezione anglofona di communitas, che poi è vicina al significato latino, dove si intende proprio recuperare il sentimento del fare comunità.
E come Cittadino e Abitante, questo sentimento, questo spirito profondo di appartenenza connota questa distinzione tra Cittadinanza (nome collettivo) e Comunità, oltre la community strutturata per cogliere la communitas.
Jeff Jarvis dice che il local lo fa il telefono cellulare, in questo suo articolo Mobile=Local.
Lì dentro, dentro quel dispositivo tecnologico connetti-umani, convivono le anime individuali e collettive, le parole di espressione di sé, la nuvola dell’abitare sociale.
E per questo Google e Nokia e le aziende sono interessatissime a rendere visibili i flussi di abitanza locale, a portare gli ethnoscapes dentro i mediascapes, paesaggi mediatici concreti creati dal nostro agire comunicativo.
Cosa sta succedendo intorno a me? Col cellulare smart posso fare una fotografia del bar all’angolo, e chiedere al web cosa ne sa di quel posto, se ci sono dei miei amici lì in giro, se il posto è piacevole, se ci sono dei dati pubblici governativi su quel luogo, posso vedere il menù e i tipi di birra serviti, posso sapere che gruppetto rock ci suona stasera, ascoltare dei loro pezzi o vedere un loro video, e tutto questo lo dico e lo faccio insieme ai miei amici, tutti connessi nel pensare in modo aumentato, e questo è local.
Per fare tutto questo per bene, Google ha bisogno di due cose: innanzitutto, ha bisogno di avere più dati. Ha bisogno che noi annotiamo il mondo con le nostre informazioni, e se non riesce a trovare queste informazioni, creerà gli strumenti per generarle.
In secondo luogo, Google ha bisogno di sapere più cose di noi, ha bisogno di ulteriori tracce del nostro fare, del nostro abitare fisico e digitale (dentro i social network) nei Luoghi, per offrire dei servizi che possano essere per noi rilevanti.