Commedia dell’Arte. Come la Satira, la Commedia è cosa tutta nostra. Tre, quattro secoli di egemonia culturale italiana in tutta Europa, dalle corti rinascimentali alle rappresentazioni per i regnanti francesi, al teatro inglese del Seicento, per tornare a Goldoni e diventare, perdendo le maschere e le acrobazie, l’infinito repertorio compiutamente borghese delle trame e delle situazioni, degli intrecci amorosi, delle complicazioni insolubili e delle soluzioni complicate. E tutti quei personaggi, signora mia, capaci ciascuno di cogliere due o tre caratteristiche al massimo dell’eterna natura umana, il fanfarone la furbetta lo sciocco l’avido l’assennata il lascivo e il brillante, eppure sempre in grado di raccontare su un palcoscenico la grandezza e la miseria in cui ci dibattiamo nell’affannosa ricerca di un senso della Vita, l’Universo e Tutto Quanto.
Insomma, possibile che non si trovino dei Brighella e Arlecchino, una sveglia Colombina capaci di ridicolizzare, smascherare addirittura, questi Pantalone che ammorbano l’italia?
Dici bene