Qui non si parla più soltanto di leggere il mondo, del fatto che queste persone nate dopo l’invenzione del www possiedano grammatiche concrete – date loro dal fatto di essere “parlanti madrelingua”, per immersione – per interpretare i flussi informativi e le posizioni relazionali interpersonali veicolati dai media. Qui si parla di scrivere il mondo, della volontà e abilità di creare contenuti digitali, e della effettiva impossibilità di realizzare questo loro desiderio dentro le pratiche scolastiche odierne, non attrezzate né materialmente né concettualmente per sostenere simili attività espressive, fornendo al contempo formazione critica MediaEducation sugli strumenti nonché educazione all’abitanza digitale, negli aspetti di cittadinanza.
Volevo intitolare questo post “Discenti digitali”, ma non ci riesco: quel discenti/docenti puzza troppo di una visione pedagogica superata da decenni, dove da una parte della cattedra si trasmettono contenuti che al di qua vengono recepiti da allievi considerati come contenitori vuoti e passivi, da riempire di nozioni preformate. Ascoltiamoli, invece: una testa ben fatta è meglio di una testa ben piena, e avremo modi migliori per valutare il nostro stesso fare educativo.
Questi ragazzi ci stanno chiedendo di poter parlare.
Approfondimenti: Agati sui nativi digitali, Marconato sul problema degli e-books a scuola.