Riscrivo sinteticamente uff questo post, dopo aver per la prima volta qui su Blogger perso la prima stesura nonostante presunto salvataggio in bozza.
Europeans must have the right to control how their personal information is used. European privacy rules are crystal clear: your information can only be used with your prior consent.
Lo spunto è dato dalla comunicazione settimanale della Signora Reding, a questo indirizzo presso la Commissione Europea “Information Society and Media” trovate il video e anche il pdf con il testo. L’argomento è costituito dall’esercizio individuale del diritto di privacy rispetto ai nuovi rilevanti fenomeni tecnosociali, con particolare riferimento ai social network, al behavioural advertisement (profilatura avanzata dei navigatori grazie alla informazioni raccolte dai loro comportamenti online, a fini commerciali) e agli àrfidi RFID, le etichette connesse da aggiungere a ogni prodotto per realizzare la cosiddetta “Internet delle cose”.
Viviane Reding nel suo discorso tiene centrale il valore per il soggetto di poter sempre controllare l’utilizzo che altri fanno delle sue informazioni personali online.
La Commissione Europea ha già invitato i responsabili delle piattaforme sociali a provvedere degli strumenti di tutela per i profili dei minori, mediante quindi auto-regolamentazione, e intende promuovere eventuali nuove regole solo come ultima scelta, se non vi saranno altre strade percorribili.
Per quanto riguarda il caso delle indebite profilature commerciali dei consumatori, viene sottolineato come le regole attuali europee sulla privacy siano di una chiarezza cristallina, dove indicano come le informazioni riguardo una persona possano essere utilizzate solo con suo previo consenso. Le istituzioni europee anzi sorveglieranno e agiranno concretamente verso quegli Stati europei che non riusciranno a rispettare questo proprio obbligo esplicito, di tutelare il diritto di privacy dei cittadini rispetto alle iniziative commerciali.
In relazione agli smart chips, di riconosciuta importanza per l’ottimizzazione dei sistemi distributivi commerciali, la Reding offre una visione ben delineata, dove nuovamente focale risulta la consapevolezza del cittadino europeo sul funzionamento specifico di questa recente tecnologia, sulle implicazioni rispetto alla propria persona, sulla possibilità tecnica di poter rimuovere l’etichetta RFID o spegnerla in ogni momento.
L’accento è sul lato sociale delle tecnologie, dove si dice che l’Internet delle cose funzionerà solo se accettata da tutti.
Verso la fine dell’intervento, viene ribadita la necessità di metter mano alle regole generali europee per la protezione dei dati personali, del 1995, alla luce dei recenti sviluppi delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione.
Ma è positivo poter dire che le indicazioni sulla strategia istituzionale europea riguardo il diritto di privacy sanno eludere e anzi additare come controproducente un infuocato legiferare in termini proibizionistici – chiaro riferimento a ultimissimi fallimentari intenti politici di controllo della rete Internet, qui in italia e in altri Stati europei – sia in relazione alla promozione di responsabilità personale nell’essere informati e consapevoli di tutti noi fruitori della rete, sia riguardo alla stessa internet, che giungla ora certo non è, e tale diventerebbe solo se venisse tralasciata appunto la tutela dei diritti della persona.
E le regole che ci sono ora vanno già benissimo, vi è fiducia nel sistema libero attuale della rete, e piuttosto bisognerebbe puntare sull’educazione alla cittadinanza digitale, se proprio si intende fare una bella cosa.
Esatto.
Basta un pò di educazione e intelligenza.
Non molto, dopo tutto.
Dan (Macca)