L’argomento delle lavagne digitali connesse in queste ultime settimane è molto dibattuto, al pari delle interpretazioni e degli impliciti legati all’espressione “nativi digitali”… partendo dal blog di Gianni Marconato potrete risalire alle varie discussioni e riflessioni che son fiorite al riguardo nei Luoghi web dove si prova a mettere chiarezza sul ruolo di queste tecnologie in classe, e dell’impatto che esse hanno sullo stile di apprendimento del gruppo-classe.
Più volte qui su NuoviAbitanti si è provato a esprimere un punto di vista sulla questione delle Tecnologie didattiche e dell’Educazione (queste ultime in quanto non strettamente legate ai curricoli, ma a esempio relative alla Cittadinanza), ma sempre si è cercato di tenere appunto fermo il focus del discorso sulla questione dell’apprendimento, il vero “risultato atteso” del fare scuola, dove gli obiettivi sono costituiti dall’acquisizione di competenze (e sempre più va tenuto in considerazione il saper-fare digitale da promuovere nei giovanissimi, anch’esso non necessariamente correlato alle discipline scolastiche, anzi), mentre le azioni sono date dal allestimento strumentale e concettuale di un ambiente formativo, ormai necessariamente biodigitale fisico-mentale-digitale, non più costretto dentro muri e anzi capace di ospitare il mondo in sé, dove per un insegnante sia possibile gestire registicamente molteplici flussi di informazioni e di narrazioni in entrata e in uscita con cui arricchire l’esperienza formativa della classe, in maniera indifferente rispetto agli strumenti e ai media utilizzati.
Ma sappiamo che nel caso delle ex-nuove tecnologie la percezione strettamente strumentale del computer, della lavagna interattiva o dei Luoghi formativi online diventa un ostacolo ulteriore da abbattere (una non aggirabile pars destruens da affrontare nella progettazione del percorso formativo) rispetto al raggiungimento di apprendimento significativo, perché la stessa vecchia visione culturale degli strumenti didattici impedisce di cogliere nel computer in classe e nel web in classe (e nella scuola che dialoga finalmente con il territorio e con il mondo) quelle caratteristiche che rendono questi ultimi diversi dalle lavagne in ardesia, o anche da un televisore con un videoregistratore collegato.
Non abbiamo a che fare con supporti muti o con depositi fermi di conoscenze come i libri, che l’insegnante volta per volta deve rendere eloquenti vivificandoli con la propria cultura ed esperienza. Superare, tra-guardare lo strumento pc o lavagna digitale ci porta dritti sul web, porta il web dentro la classe, e quindi ci situa in una dimensione non solo ricettiva, da consumatori di informazioni, ma sempre più produttiva di contenuti, da pubblicare ovvero rendere pubblici, aperti alla visione e alle considerazioni degli altri, in una scuola con molte finestre e molte porte, costantemente connessa con le comunità educanti di riferimento.
Queste considerazioni dovrebbero portarci infatti a privilegiare una concezione piuttosto sociale di questi dispositivi connessi, come veri e propri ambienti formativi in sé, in modo simile a come siamo disposti a conferire a un buon libro un valore educativo in sé, in quanto microuniverso narrativo: un libro deve essere da noi abitato e riempito di senso dialogico nel momento del leggerlo, come le mappe satellitari in quanto imprescindibile sostegno alla didattica e alla cittadinanza vanno abitate e arricchite di senso per il tramite della nostra produzione culturale originale, da apporre poi coerentemente nei marcatori geografici, per fare in modo che la mappa stessa oltre al significato “verticale” dello sguardo che osserva il territorio possa veicolare quella visione “orizzontale” fatta di percorsi antropici, di Luoghi di particolare significatività storica, di considerazioni di geografia umana.
Ma appunto leggere un libro, abitarlo, rimane un fatto privato, mentre abitare il web diventa un fenomeno pubblico, sociale, che non può essere compreso dall’interno di una prospettiva solamente strumentale.
Le osservazioni delle lezioni hanno cercato di mettere in luce le funzioni della LIM più frequentemente attivate. In continuità con le attività tradizionalmente condotte con la lavagna d’ardesia, le funzioni prevalenti sono state scrivere, disegnare, evidenziare; diffuse anche le presentazioni di animazioni e simulazioni e l’uso di learning object o software applicativi. Bassa invece la frequenza di funzioni legate al web, come la navigazione in rete; del tutto assenti infine le funzioni connesse alle potenzialità comunicative della LIM, come la videoconferenza che consente di attivare su di una medesima lezione aule remote (ospedale, PC casalingo, aula gemellata). I docenti sembrano ancorare la LIM al contesto classe senza spingersi oltre i confini dell’aula fisica.
Queste righe del report ministeriale confermano questa prospettiva interpretativa, secondo cui gli insegnanti alle prese con la tecnologia delle lavagne digitali rimangono ancorati ad atteggiamenti tradizionali rispetto allo strumento, senza appunto esplorare e saggiarne le nuove potenzialità. L’utilizzo è quello tipico del “supporto visivo”, anche se va sottolineato il recepimento del cambiamento di “postura” dell’insegnante, che in simile situazione di apprendimento da intendere come “realtà aumentata” comprende il valore del ricoprire via via ruoli differenti nel corso dell’esperienza (esperto dei contenuti, facilitatore, conduttore di gruppi), nonché la necessità di ri-progettare la strutturazione dei percorsi formativi secondo le nuove potenzialità espressive delle LIM.
Vengono anche sottolineati i diversi stili di partecipazione da parte degli studenti, ovviamenti sollecitati alla collaborazione attiva da parte dello strumento LIM, dove
… predominanti sono stili intellettivi “logico” e “verbale”, in continuità con la didattica tradizionale, con un rafforzamento dell’intelligenza “visiva” consentita dal codice iconico del quale si avvale la LIM .
Laddove lo studente è chiamato ad agire direttamente sulla LIM, la dimensione manipolativa consente di attivare anche l’intelligenza “cinestetica”. La forte attivazione dell’intelligenza “intrapersonale” (51%), legata soprattutto alla registrazione degli esercizi degli studenti per la costruzione del portfolio personale e per la valutazione.
Il mancato uso di strumenti di comunicazione online si traduce in un basso livello di attivazione dell’intelligenza “esistenziale” connessa alla conoscenza di sé stessi in contesti di simulazione e alla sperimentazione di nuovi ruoli o stili relazionali (per esempio in contesti wiki o community online).
Segnalo anche due interessanti articoli su Insight, l’Osservatorio europeo per le nuove tecnologie e l’educazione, a cui sono giuto tramite European Schoolnet, il portale europeo per l’educazione.
In particolare, sul blog di Insight potete trovare un documento report promosso dalla European Commission’s Joint Reasearch Center (JRC) in collaborazione con la Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura (DG EAC), riguardante l’impatto degli strumenti web 2.0 sull’educazione in Europa.
L’utilizzo di wiki, blog, social network è diventata una pratica quotidiana a scuola? Lentamente, stanno cambiando gli stili di approccio, e si cominciano a scoprire nuovi territori per l’apprendimento, stanno prendendo forma vie innovative per utilizzare gli strumenti2.0 in classe: è possibile seguire le pratiche nei settori del sostegno classico alla didattica, del networking (quando gli strumenti comunicativi e sociali riescono a costituire una vera e propria comunità d’apprendimento), dell’integrazione dell’apprendimento in collettività ampie, del coinvolgimento della Società.
Il report “Horizon” edizione 2009 sull’educazione fino a dodici anni mostra invece i fattori emergenti delle tecnologie didattiche, dislocandoli in tre prospettive differenti sul piano temporale: gli ambienti collaborativi e la comunicazione online saranno di uso corrente entro il 2010, l’adozione di tecnologie mobili (tramite telefoni cellulari, a esempio) troverà ampio riscontro in un’orizzonte a medio termine, mentre gli ambienti di personal web (da tradurre poi in PLE, Personal Learning Environment) prenderanno piede tra quattro o cinque anni a partire da ora.
La ricerca identifica inoltre molte variabili in grado di influenzare l’insegnanmento, l’apprendimento e la creatività nelle scuole di base; tra quelle a maggior impatto, sono da segnalare la tecnologia in quanto presente nella vita quotidiana (studio, lavoro, socializzazione); la tecnologia per motivare gli studenti, e non più da concepire come veicolo di isolamento sociale; il fatto del web in quanto ambiente di esperienza personale; una nuova concezione degli ambienti di apprendimento sempre più interdisciplinari, basati e vivificati da community centrate sulla collaborazione e la comunicazione online; una nuova percezione della creatività e dell’innovazione in quanto stimate abilità professionali.
Nell’elenco di quelle che possono essere considerati i maggiori inibitori (dove può esserci una sfida, insomma) del cambiamento, vengono indicati il bisogno crescente di educazione formale sulle nuove abilità richieste dalla TIC, come alfabetizzazione digitale ma anche “visuale”, in relazione ai nuovi meida; l’ostacolo costituito dalla vecchia letteratura scolastica e dalle vecchie prassi didattiche; un apprendimento troppo spesso sottovalutato e raramente praticato in quanto processo che riesca a incorporare esperienze di vita reale; la struttura stessa delle istituzioni educative, che non favorisce i cambiamenti oggi necessari nel fare scuola.
Domanda per gli insegnanti, che applicazioni usareste per fare lezione su un portatile?
Come insegnereste concetti come intelligenza collettiva o cercare informazioni ?
Avendo possibilità software praticamente infinite e potendo disegnare la vostra applicazione cosa diventerebbe il vecchio scrivete un tema su “…”
Non intendo chiedervi se sostituireste tutti i metodi di apprendimento ma che struttura dareste ai nuovi!