Trovate la notizia e le riflessioni critiche qui sulla Stampa, su PuntoInformatico, su Apogeonline.
Prendendo le mosse dalla presenza in Rete (su Facebook, su YouTube) di pagine inneggianti alla mafia o al nazismo, il senatore arricchisce il “pacchetto sicurezza” del governo con un emendamento contro i reati di opinione commessi appunto attraverso internet, dove i fornitori di connettività provider vengono chiamati a segnalare le apologie di reato, e con molta confusione si chiede ai fornitori di servizi web (come YouTube) di rimuovere pagine o contenuti con la minaccia di oscurare la visibilità web per i navigatori italiani.
Ma il senatore non conosce le cose di cui parla, letteralmente sproloquia, sia dal punto di vista della comprensione “tecnica” del funzionamento del web, sia da quello della portata del suo dire rispetto alla libertà di espressione di ciascuno di noi.
Gilioli dell’Espresso intervista infatti D’Alia, e Elvira Berlingieri su Apogeonline mette nero su bianco tutte le imprecisioni tecniche e giuridiche del senatore, riportando tutto pragmaticamente alle precise parole del provvedimento, segnalando spesso contraddizioni e sottolineando la futilità di una nuova legiferazione per reati già previsti nel Codice italiano.
Leggete anche Granieri, che coglie la dinamica complessiva del nuovo modo di fare informazione distribuita.
Perché scrivo di questa notizia?
Perché stiamo parlando di libertà di opinione e di espressione, che troppi vorrebbero limitare. E perché lo stesso Gilioli, scrivendo a proposito del senatore D’Alia
Il problema è che lui e quelli come lui non si rendono neppure lontanamente conto delle enormità che dicono (e che fanno), della loro drammatica appartenenza culturale a un altro secolo e a reticoli concettuali premoderni
mi ha fatto pensare ai NuoviAbitanti, che provano a vivere in questo ventunesimosecolo e comprendono i reticoli concettuali moderni, o per lo meno s’interrogano su questo stesso blog.