In Italia, chi si occupa con poteri legislativi o comunque decisionali di Internet, non capisce Internet.
E ora quale blog verrà chiuso?
Di Massimo Mantellini
Fonte: Punto Informatico
La legge sulla stampa è nata quando ovviamente il mondo era assai differente da quello attuale, ma oggi? Oggi, dopo le “opportune” modifiche del 2001, secondo quella legge quasi ogni cosa sul web è clandestina, per lo meno se scrutata dall’osservatorio minuscolo degli ex padroni della notizia.
Ormai deserte (o quasi) le tipografie, impolverati i ciclostili, annullata dalla presenza di Internet molta della necessaria diffusione fisica delle pagine, il reato di “stampa clandestina” diviene due cose assieme: il patetico déjà-vu dei treni a vapore e la invece concreta e contemporanea minaccia per la libertà di espressione del pensiero da parte di un potere abitato dai soliti figuranti. Politici, giornalisti, grandi editori, grandi aziende in genere, gli unici soggetti che continuano a potersi concedere il lusso di leggi che tutelino i propri privilegi a dispetto di ogni sopravvenuta evidenza.
Alcuni anni fa, quando gran parte del Parlamento votò la modifica alla legge sull’editoria che ha consentito la condanna dello storico siciliano, fummo facili profeti nel sostenere che una simile definizione di “prodotto editoriale” applicata al web era una seria minaccia per la libertà di espressione in rete. Lo scrivevamo nel 2001, non oggi. Ne eravamo talmente convinti che questo quotidiano indisse allora una petizione che raccolse oltre 50mila firme. I firmatari chiedevano che un singolo demenziale articolo di legge venisse modificato, ma nessuno nelle stanze del potere ritenne di prestare attenzione a quel grido di allarme.
Così oggi sinceramente non so bene come commentare il fatto che Giuseppe Giulietti, parlamentare esperto di informazione, ex diessino attualmente all’Italia dei Valori di Antonio di Pietro, abbia presentato una interrogazione parlamentare sul caso di Carlo Ruta parlando di sentenza preoccupante dagli “effetti devastanti in spregio ad ogni regola della democrazia”.
Giulietti forse soffre di una qualche grave forma di amnesia, visto che fu proprio lui il relatore della legge che ha portato alla condanna di Ruta. Furono lui e Vannino Chiti – purtroppo lo ricordiamo molto bene – che con qualche fastidio si preoccuparono allora di tranquillizzare le migliaia di persone che in Italia chiedevano a gran voce che una norma nata per finanziare l’editoria sul web non comprendesse all’interno della definizione di “prodotto editoriale” praticamente qualsiasi pagina web.
Oggi Giulietti invece di fare pubblica ammenda e ritirarsi in silenzio in un eremo sperduto, si cala con disinvoltura nei panni di paladino della libertà di espressione, chiedendo al Ministro della Giustizia se non sia vero che “secondo la logica prevalsa, la quasi totalità dei siti web italiani, per il solo fatto di esistere, potrebbero essere considerati fuorilegge, in quanto appunto “stampa clandestina”, e ciò – secondo l’interrogante – in spregio a ogni regola della democrazia”
Noi purtroppo abbiamo buona memoria e ricordiamo che ad identica domanda postagli da Punto Informatico nell’aprile del 2001 in quanto relatore di quel contestato progetto di legge che oggi ha portato alla condanna di Carlo Ruta, Giulietti rispose in un piccato comunicato stampa nei seguenti termini:
“La legge sull’editoria non ha mai avuto tra i suoi obiettivi quello di imbrigliare le attività editoriali sulla rete. Sono quindi falsi gli allarmi e le preoccupazioni diffusi in tal senso.”
Internet in Italia è clandestina e lo è anche per colpa di questi signori capaci di confezionare norme che nessun paese civilizzato si sogna, per poi pacificamente dimenticarsene. Ma lo è nell’ottica del potere i cui strumenti di controllo ormai hanno esclusiva valenza intimidatoria o dimostrativa. In nessun paese meno che borbonico ci si domanda se un sito web sia aggiornato più o meno regolarmente per determinarne la natura editoriale. In nessuna sperduta landa un giudice monocratico di provincia deve impiegare il proprio tempo per argomentare le differenze fra un quotidiano web e un blog. E non meraviglia che ciò che poi ne esce sia una sentenza dalle motivazioni assurde, ancorché tecnicamente plausibili, grazie, o per colpa, della vaghezza dolosa del legislatore.
Il risultato è comunque sotto i nostri occhi ed apre la strada ad altre prossime iniziative simili: questo paese ha una legge dello Stato capace di chiudere la bocca a chiunque voglia esprimere sul web punti di vista non preventivamente autorizzati. Lo dicevamo sette anni fa, lo ripetiamo oggi.
Internet in Italia è oggi tecnicamente clandestina. Lo sarà fino a quando non scompariranno dalla scena i vari Bonaiuti, Giulietti, Chiti, fino a quando Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi non torneranno alle loro rispettabili professioni, fino al momento in cui non cambierà radicalmente la comprensione dello scenario della nuova informazione mediata da Internet, che in troppi vogliono adattare a forza ad un mondo vecchio che sta scomparendo. Si tratta di sforzi inutili ma ci vorrà altro tempo per capirlo.
Consideriamo benevolmente tutti questi signori come gli attori sul palco di una stagione di mezzo, che prima o poi terminerà. Non vediamo l’ora. Quel giorno tutti noi saremo definitivamente clandestini e così, come per magia, nessuno lo sarà più. Solo allora forse sarà possibile smetterla di vergognarci di abitare in un paese dove per poter liberamente e civilmente esprimere il proprio parere ci sia bisogno dell’avvallo di un professionista iscritto all’albo. Un po’ come se per iniziare il mio prossimo respiro dovessi attendere la firma di un pneumologo.
magari giulietti ha imparato dal precedente errore ed oggi ha una maggiore esperienza…capisco essere ancora incavolati con lui per l’uscita del 2001, ma stavolta…voglio dire, sta difendendo…magari ha fatto tesoro della passata esperienza.
esiston ancora persone, in politica poche ma ci devon essere, che quando le si critica e si fa loro notare, in tanti, che son in errore…che stan sbagliando…che i9gnorano un argomento su cui han legiferato…fanno marcia indetro,e magari, per carattere, per etica, per mentalità, si studiano a fondo l’argomento in essere.
magari l’ex ministro ha fatto un percorso del genere?
la legge è pessima, la sentenza per me è al limite del farsesco, ma non so, ora come ora, pensando solo a questo momento ed alle future, possibili, implicazioni…beh, ce ne vorrebbero di piu’ ad attaccare tale assurda sentenza.
spesso mi trovo a criticare gli u.s.a. per tante cose, dalle leggi assicurative a quelle in materia di assicurazione medica…ma se un giudice statunitense emettesse una simile sentenza verrebbe radiato a furor di popolo.
siam indietro, sempre di più.