Abbiamo una visione: fare in modo che tu possa costruire quasiasi cosa, e giocare a qualsiasi cosa, da ovunque.
Noto quindi come le città online siano in aumento, oppure ne siano ultimamente nate alcune forse più rapidamente usabili, e qualche buon meme ha sollecitato la curiosità di molti. Da diversi canali amici e conoscenti e sconosciuti mi dicono di cliccare e di fare un giretto e di giocare a “facciamo casetta” oppure “giochiamo al Sindaco”.
In molte di queste nuove webcittà ora l’interazione con i residenti avviene senza previa registrazione: quindi non solo i cittadini (coloro che iscrivendosi al socialweb in questione hanno manifestato una volontà di partecipazione, talvolta con impegno economico) ma anche i turisti semplicemente cliccando di qui e di là su vari oggetti contribuiscono all’allestimento dell’insediamento abitativo.
Quindi forse sta scemando questa necessità di doversi iscrivere (anche OpenID aiuterà, certo) a millemila community per ogni minima interazione sociale. Ci son cose (scelta d’interazione, stile, modelli) che ci connotano e ci narrano, e queste cose le facciamo sia come turisti sia come cittadini. La presenza lascia tracce.
Quindi potrebbero nascere delle città online per così dire “turistiche”, urbanisticamente e interattivamente disegnate per essere divertenti, e quindi altamente cliccabili, ma in modo esplicito per persone di passaggio. Pensare a chi non risiede significa in particolare tenere in considerazione i flussi, quindi porre attenzione alle stazioni e ai teleport, alla segnaletica stradale, ai luoghi sociali di scambio estemporaneo, agli eventi culturali online, ai questionari rapidi e anonimi.
Credo fermamente che il cervello di molti disegnatori di interfacce in questo momento sia in ebollizione. Per ogni metafora che prende vita digitale si aprono mondi abitabili prima impensabili.
Interessante anche l’evoluzione che stanno avendo i meta-aggregatori di GReader e altri (ne ho parlato qui): stanno nascendo luoghi web come ReadBurner oppure SharedReader dove senza alcuna registrazione voi fornite – se volete – il feed della pagina pubblica del vostro GReader per contribuire a far emergere folksonomicamente le notizie più condivise sul pianeta; nel contempo, potete ovviamente abbonarvi al feed del socialweb scelto, e ricevere nel vostro Reader le dieci cose più condivise oggi da migliaia di persone.
E nessuno ha detto che fossero cose importanti. Ma guarda caso emergono come cose importanti, se milioni di persone hanno ritenuto il contenuto meritevole di “passaparola”.
Una mossa educativa a questo punto dovrebbe concentrarsi sulla pratica di item-sharing, da intendere come la mossa minima del nostro essere al mondo, agendo almeno come (soggetti semiotici) inoltratori di informazioni e opinioni altrui, a nostro parere meritevoli di segnalazione; mostrare alle giovani generazioni come anche un semplice atto come cliccare un bottone dentro Google Reader diventa – come ogni tag che mettiamo, se inteso sistemicamente – un atto di scelta e responsabilità rispetto alla costruzione collaborativa di una narrazione polivocale degli eventi e degli accadimenti planetarii, che poi il web trasformerà in Storia dell’Umanità.
Esageriamo. Qui sappiamo che quello che sta cambiando è proprio il modo in cui stiamo scrivendo la Storia (o per lo meno le rappresentazioni mediatiche caratterizzate da produzione e distribuzione partecipate degli eventi storici).
Ed è ancora vero che la Storia la scrivono i vincitori? Ma i vincitori non possiederanno i luoghi dell’editoria; qui su Mondo 2.0 esistono storie, non Storia in senso 1.0.
Mi viene da pensare che in uno scontro di civiltà, di pianeti o etnie più che scrivere il testo ufficiale degli eventi, sarà più importante cancellare la memoria storica della collettività conquistata, inseguendo fino nei server più scassati ogni singola traccia mnestica elettronica, manifestazione di quella identità collettiva, un po’ come una volta (?) si distruggevano i templi altrui.
Tornando a noi, non lamentatevi di avere trecento feed da leggere se poi siete famosi per segnalare fuffa. In ogni caso, il meccanismo complessivo dovrebbe essere a prova di fuffa (sarà vero? o si tratta pur sempre di codici enunciativi e segni menzogneri e manipolabili con finalità marchettare?), tant’è che continuo ad avere fiducia nel fatto che la qualità emergerà dal giudizio di migliaia di persone (ad esempio, quel post meraviglioso su un blog che mi era sfuggito), se quelle persone riterranno l’item degno di condivisione. Atto (comunicativo) degno di menzione, reintrodotto nel circuito come un feedback carico di vissuto umano con cui migliorare il sistema stesso.
In fondo, vi è del numinoso in ogni relazione autentica con l’Altro, si sarebbe detto una volta.