… e non intendo leggere in un luogo, tipo in bagno o a letto o presso un tavolo sbilenco di legno sul cocuzzolo di una collinetta con vista ottima di qui e di là; intendo il supporto.
Rifacciamo il tipico ragionamento dell’educatore, che vorrebbe che i giovani leggessero di più; in realtà avendo più di trent’anni, quasi certamente il nostro laudator temporis acti (fondamentalmente, quelli che dicono che una volta si stava meglio) sta pensando a leggere libri, o comunque lettere stampate con l’inchiostro su un supporto cartaceo (anche simil-), ovvero ha in mente la bellezza della propria esperienza con la lettura, il lasciarsi coinvolgere, l’instaurarsi di un ritmo, di un dialogo tra il testo e il lettore, l’azione del riempire le altrimenti vuote righe di emozioni e posizioni esistenziali, e sta pensando ripeto a carta e inchiostro.
Tutti quelli con più di venticinque anni sono perlopiù fatti di libri e di tv e di cinema, chiaro.
Scendendo con l’età, sappiamo che le cose cambiano, perché sono arrivati telefonini e la rete, come testi con cui negoziare e patteggiare spunti identitari individuali e gruppali e sociali, appartenenze e affinità, mediate educazioni sentimentali.
Quindi anche se come educatore invitassi un quindicenne a prendere confidenza con i libri, devo tenere in considerazione la differente formazione di questa personcina, e mi sto riferendo ripeto solo ai supporti, tralasciamo i contenuti. Magari la mia proposta potrebbe avere successo, ma non devo pensare di aver creato un altro lettore sul pianeta, perché il ragazzo non leggerebbe i libri come li ho letti io, oppure mio padre, e potremmo andare indietro fino alla letteratura di massa dei paperbacks o prima ancora dei romanzi d’appendice a fine ottocento o fino a gutemberg e cambiando qualcosa possiamo ragionare anche prima della stampa e insomma questa personcina è una persona diversa geneticamente (parlo di DNA culturale, eh) perché cresciuta e formatasi in un’epoca in cui ci sono gli schermi -soprattutto televisivi e monitor – oggetti decisamente preponderanti come supporto per veicolare idee e emozioni e ritmo narrativo, foss’anche da leggere una pagina di testo in rete, che come sappiamo è tutta un’altra cosa rispetto alla carta.
Il famoso schema di lettura a forma di F della schermata, l’abilità (la necessità) di cogliere rapidamente le parole chiave di una preposizione nel testo di una pagina web, e costruire nebulose di contenuto vagamente sensate surfando ad esempio sui blog ha modificato il ritmo e la profondità dell’azione del leggere, e quindi oggi leggere è un’altra cosa, per chi è cresciuto leggendo su schermo.
Prendo una frase interessante da un post di Culodritto:
Sono sempre stata veloce nella lettura, ma da quando passo buona parte delle giornate a fissare blog su un monitor la cosa è peggiorata. Ormai non scorro più le frasi per capirne il senso: fisso tre righe alla volta e il mio cervello registra le parole chiave dei periodi, poi passa oltre. E’ fastidioso: mi ritrovo a leggere frasi delle quali conosco già vagamente tutte le informazioni rilevanti, e nei pochi secondi che impiego a concentrarmi sulle varie sillabe la lettura mi viene a noia, perché è troppo lenta.
Se questo capita a chi è cresciuto con i libri, figuriamoci come il meccanismo funzioni per chi tra blog e pagine web ci è cresciuto, nutrendosi e coltivando sé stesso.