E’ arrivato anche quest’anno il tempo di andare a Topolò, per riflettere di arte e multiculturalità.
Vedete, Topolò è un piccolissimo paese di montagna, con le case fatte di sassi ed il tetto in legno, senza macchine, situato alla fine di una valle, e oltre solo boschi fino alla Slovenia, poche centinaia di metri.
Eppure in dieci anni di qui sono passati decine di artisti, anche di fama internazionale, che soggiornando qualche giorno, ispirandosi a ciò che trova intorno (architettura, vicende, dialetto sloveno, la natura forte, il silenzio, i riti, la strada che finisce) hanno lasciato come memoria delle opere e delle installazioni permanenti: non posso non ricordare gli “strumenti a perdifiato” disseminati per le stradine, ovvero dei tubi circolari di ottone di circa un metro, con cui bisogna interagirci parlando ad un’estremità e contemporaneamente avvicinando all’orecchio il terminale, per ascoltare la nostra stessa voce però rimbalzata per l’intero universo. Al fruitore decidere cosa narrare, per parlare con sé stesso.
Poesia, multimedia, situazionismi, immagini, installazioni sonore: per dieci giorni a Topolove (nome in sloveno) c’è di tutto, ma soprattutto si respira la ricchezza dello scambio culturale con persone di altre nazionalità, espressioni artistiche mai banali, e quel sentimento d’ospitalità che porta i pochissimi abitanti rimasti a condividere vino rosso con noi ospiti tranquilli e curiosi.
Stavo per andarci ieri sera, a vedere un documentario di un mio amico sulla storia dell’emigrazione friulana nel mondo, e ci sarei andato in Vespa, perché sappiate che non c’è nessuna stazione a Topolò; però gli altri anni ad un angolo delle ripide stradine c’era un tabellone della Solari, come quelli che si trovano negli aeroporti di tutto il mondo con le lettere mobili: chissà se c’è ancora, stasera o domani vado su e controllo. Perché una stazione dove le persone si incrociano e si scambiano sguardi e segni può benissimo essere in fondo ad una valle nel profondo nordest, dove binari non ne sono mai passati, ma le genti si mescolano e si conoscono da millenni, e i confini sbiadiscono.