Già qui si disse dell’importanza di una chiara percezione e distinzione tra il pensiero scientifico ed il pensiero tecnologico o meglio tecnoterritoriale.
Perché la matematica e la fisica classica, spina dorsale e dizionario al contempo per i ragionamenti scientifici, costruiscono un linguaggio gergale, ripulito e potente, per affermare verità sì incontrovertibili, ma solo dentro quel linguaggio.
perché la tecnologia è Cultura Tecnologica, non certo solo tecnica, ed è portatrice di pari dignità di valori esistenziali e situazionali, i quali inoltre agiscono proprio in questo mondo, quello in cui viviamo, altamente tecnologico. Intelligenza dell’Occhio e della Mano.
Perché sia chiaro: in tutta italia difficilmente troviamo un luogo “naturale”, ovvero fatto così da Natura senza intervento umano e che sarebbe così tale e quale anche se l’uomo non fosse mai esistito.
Il paesaggio è un oggetto tecnologico, lo dice la parola stessa.
Anche in cima ad una montagna, troverete un tipo d’albero o di cespuglio o di spora o di animaletto che mai avrebbe potuto arrivare fino lì senza una spinta dagli Umana.
Per fare un esempio, qui da me degli alberi che sembrano schiettamente friulani come i gelsi (arrivando in autostrada vi accorgete di quando comincia la mentalità friulana perché i campi sono mossi da filari di gelsi, anziché tavole da biliardo infinite tipo veneto-emilia) in realtà sono alberi cinesi, importati qui nel ‘700 per ricavarne alimento per le larve dei bachi da seta, da cui l’industria tessile: questa è tecnostoria, ovvero percepire una filiera – un reticolo – economica in un ragionamento tecnoterritoriale.
Fatto sta che la velocità tecnologica modifica il senso della realtà (l’ambiente in cui viviamo) in modo così rapido che i significati di eventi e situazioni faticano a stare attaccati, come post-it che si scollano dai documenti di cui intendono rappresentare un nodo concettuale.
in un clima di crisi del significato permanente, l’uomo, in quanto soggetto cosciente che deve necessariamente (?) darsi un senso stabile, vive la sua stessa crisi. Sfaldamento e frammentazione di certezze, credenze, identità, linguaggi, tempo.
Per i patiti di letteratura, la presa di coscienza esplicita di tutto ciò viene spesso indicata da “Uomo senza qualità” di Musil, scritto dopo ma ambientato nel 1912/1913, quando l’Ottocento finisce con il Titanic che va giù. Tutto il Novecento si dibatte in queste tematiche.
Ecco, è cambiato il ritmo della narrazione, del nostro raccontarci il tempo di ieri e di domani.
ieri il senso della realtà era mediato dalla tradizione e dalla temporalità del racconto tramandato, che permetteva di incorniciare il significato crudo degli eventi modellandolo su significati condivisi e resi vivi dall’intera comunità.
oggi l’uomo si trova insensato di fronte agli eventi (in numero sempre maggiore: infomation overload), senza alcuna sicurezza di poter dare alle cose un senso stabile… un uomo dislocato, continuamente esposto alla velocità del mutamento e al sopraggiungere dei più diversi accadimenti.
E visto che il mondo è tecnologico, credo proprio che la cultura tecnologica e tecnoterritoriale (la sua consapevolezza dei limiti ambientali, il suo ragionare sulla trasformazione e sulla connessione, la sua vocazione reticolare e multidisciplinare ed ecosistemica) potrebbe dare delle indicazioni e dei saperi utili alla comprensione del funzionamento semiotico della modernità.